Oggi su "Repubblica" , una lettera di sostegno al Sindaco di Genova, Marta Vincenzi:
Il Teatro Carlo Felice sta vivendo uno dei momenti più drammatici della sua pur breve storia.
Chi scrive ne ha per motivi di affetto e professionali, a cuore le sorti e esprime la più viva preoccupazione per i toni e la mancanza di dialogo voluta dai sindacati autonomi dei lavoratori che rischia di compromettere in maniera definitiva la soluzione dei problemi.
Quanto è accaduto ieri, in termini di aggressione verbale nei confronti del Sindaco e Presidente della Fondazione, al di fuori del Teatro, è un palese atto di inciviltà che non fa bene al Carlo Felice e che non si spiega solo con la pur comprensibile preoccupazione di molti dipendenti circa il loro futuro.
Per questo auspichiamo con forza un clima di maggiore distensione e di dialogo che permetta alla Direzione di trasmettere ai lavoratori del Teatro un’ informativa puntuale e rigorosa sulla reale situazione e sulle prospettive future. Questo era l’intento del Sindaco Marta Vincenzi ieri ,e le e’ stato brutalmente impedito.
Supportiamo il Sindaco in questa dura battaglia che sostiene per amore dell ‘arte ed della citta’ contro taluni lavoratori,guidati da Lo Gerfo Nicola, che hanno dimenticato il valore della musica. Costoro si oppongono al rilancio del teatro voluto da questo cda in virtu’ di logiche di difesa di vecchi privilegi che hanno portato al collasso del sistema dei teatri lirici del nostro Paese.
Il Teatro non e’ di pochi sindacalisti ma dei suoi lavoratori e della citta’. Invitiamo dunque tutti i lavoratori della Fondazione a un atteggiamento di ascolto e collaborazione con la direzione al fine di superare questo momento di grave crisi, come auspicato dal piano di rilancio voluto per la fondazione dal suo consiglio di amministrazione.
"Sono profondamente indignata", replica Marta Vincenzi. "Ho fatto di tutto per risolvere la crisi. Ma adesso si è proprio al fondo del barile. La Cassa integrazione è l'unica arma per arrivare in fondo al 2010". L'incontro con i rappresentanti sindacali nazionali slittato al 6 Settembre
di ROBERTO IOVINO
Lo scontro verbale tra il sindaco Marta Vincenzi e Nicola Lo Gerfo, sindacalista Fials
Si sperava in una concreta apertura di un tavolo sindacale per chiarire i termini della cassa integrazione concessa in deroga dalla Regione al Carlo Felice. Questo pomeriggio, invece, l'incontro è slittato di un'altra settimana e il sindaco, presidente della Fondazione Marta Vincenzi, è stata fischiato.
Alle 15 era previsto l'incontro in Auditorium Montale fra i sindacati nazionali, i sindacati locali, il consiglio d'amministrazione e i dipendenti interessati. Di fronte al teatro, il sindacalista autonomo Nicola Lo Gerfo ha improvvisato un comizio per comunicare ai colleghi che i sindacati autonomi nazionali, avendo ricevuto all'ultimo momento la convocazione, non si sarebbero presentati e ha accusato Marta Vincenzi e il consiglio d'amministrazione di voler imporre la cassa integrazione. Proprio in quel momento è arrivata Marta Vincenzi, accolta da fischi e insulti.
"Sono profondamente indignata", ha dichiarato il sindaco in una successiva conferenza stampa, tenuta negli uffici della sovrintendenze presenti il sovrintendente Pacor e alcuni consiglieri (Orlando per Finmeccanica, Lavatelli per Irel, Ferrari per la Regione, Fossati, come direttore di staff). "A luglio quando ci siamo accorti che non c'erano neppure i soldi per pagare gli stipendi di quel mese sono stata io come Comune ad andare con il mio assessore al bilancio dal presidente della Carige e ottenere un'ulteriore anticipazione. Ma adesso si è proprio nel fondo del barile".
Il sindaco è convinto che "la cassa sia l'unica arma per arrivare in fondo al 2010: non significa licenziamenti, chiusura. Garantisce solo un minimo di stipendio a chi lavora nel Teatro. Speriamo di farcela e che la riunione con i sindacati fissata per il 6 Settembre dia i risultati che ci aspettiamo".
(31 agosto 2010)
Il Commento:
Quando il dialogo, pur contrapposto nelle idee ma civile, si trasforma in uno scontro belluino ogni parola diventa fumo e ogni buona intenzione lascia il posto alla mera violenza, verbale e ormai anche fisica.
Quello che sta accadendo a Genova sta superando i limiti della civiltà.
Veniamo ai fatti. Nudi e crudi.
Alle ore 15 di ieri era convocata una importante riunione tra Sindaco e lavoratori del Teatro Carlo Felice, per discutere sulle vie d'uscita alla ormai ben nota situazione d'impasse determinata dal deficit enorme della Fondazione e dalla conseguente impossibile erogazione dello stipendio. I sindacati autonomi nazionali , a detta del sindacalista autonomo Nicola Lo Gerfo (che in tutta la vicenda rappresenta il classico capopopolo contrapposto violentemente al Sindaco e al CDA) non potevano essere presenti causa una tardiva convocazione; per la Direzione del teatro sono i sindacati Fials e Cisl a non essersi presentati nonostante la regolare convocazione e Lo Gerfo appartiene esattamente alla Fials!
Sono volate parole grosse: sembrerebbe che , oltre alle normali contestazioni "di prammatica", gli epiteti siano giunti persino a rievocare la famosa città di Troia , non certo per decantarne le vicende storiche ma per associare questo epiteto al nome del Sindaco, tra l'altro giunta in teatro a piedi e senza la scorta.
Un'aggressione di tal fatta è sempre censurabile, a prescindere dalle ragioni che vengono esposte. Il dialogo non è violenza, MAI!
Di fatto, alle ore 15 nessuno ha potuto presentare ai lavoratori il piano di rilancio , sia amministrativo che artistico. Il rifiuto della cassa integrazione e di qualsiasi trattativa induce a pensare che Lo Gerfo e i Suoi preferiscano a questo punto un teatro chiuso, fallito e i lavoratori a casa senza nemmeno un'oncia di stipendio: perché lo scenario è proprio questo.
Democrazìa vorrebbe che le parti, pur esarcebate, si ascoltino, valutino le proposte, prendano in esame i piani amministrativi e artistici dopodiché decidano il da farsi, di comune accordo.
Ma se una delle parti non può nemmeno parlare perché sommersa da fischi e improperi di bassa lega?
Allora il dialogo non c'è, semplicemente.
Il referendum tra i lavoratori, proposto dal Sindaco, viene costantemente osteggiato da un manipolo di oppositori (ieri in piazza se ne sono contati 50 circa su 300) : perché?
Con tattiche così scombinate e ormai giunte alla violenza non si arriva da nessuna parte e la vittima, PRIMA e UNICA, in tutta la vicenda si chiama Teatro Carlo Felice.
Il cantante è uno strumento a fiato. Se non vi fosse il fiato a sostegno di ogni suono diventeremmo tutti cianotici e i suoni emessi sarebbero simili a quelli d’un vaporetto sgangherato.
Sembrerà incredibile ma, dalla mia esperienza, ho rilevato che la maggior parte dei maestri di canto non spiega esattamente come si respira oppure fornisce una serie infinita di dati tra loro spesso contrastanti. Perché? E’ un vero mistero a cui non riesco a dare una spiegazione , ma solo supposizioni.
"Dalla fredda indifferenza che in moltissimi Vocalisti scorgesi per la Professione si conghiettura, che aspettino la Musica supplice in atto implorando la grazia d’essere benignamente accettata dalla loro generosa bontà come umilissima, e obbligatissima serva. Se tanti, e tanti non fossero persuasi d’aver abbastanza studiato non sarebbe così raro il numero degli ottimi, né così folto quello degl’infimi. Questi per dire a mente quattro Kirie pensano d’essere arrivati al Non plus ultra; Se poi lor presentate una Cantata facile, e ben copiata, allora invece di soddisfare al debito coll’impegno, vi diranno con impudente disinvoltura Che gli uomini grandi non sono obbligati di cantar volgare all’improvviso. E chi non riderebbe! Quel Musico che sa che le parole o latine, o italiane che sieno, non fanno cangiar forma alle note, s’immagina subito, che il pronto ripiego di quell’Uomo grande, nasca dal non cantar franco, o dal non saper leggere, e l’indovina." (Tosi, Opinioni de' cantori antichi e moderni, 1723)
Intanto i vari manuali e i saggi della cosiddetta Scuola antica (dai trattati del Tosi e del Mancini, per intenderci, si parla di circa due secoli e mezzo fa) hanno la singolare e precipua caratteristica di essere involuti, complicati da una scrittura pomposa, spesso indecifrabile.Ne sia prova la pur breve citazione in blu che ho riportato sopra!
Inoltre non si soffermano a lungo sulla questione del corretto meccanismo respiratorio, quasi l'argomento non avesse importanza.Bisogna poi considerare che nel Canto si procede sempre in modo empirico, quindi ogni cantante ha delle sensazioni” fisiche emettendo un suono che magari non corrispondono al meccanismo effettivo della sua respirazione. Mi è capitato spessissimo di ascoltare grandi artisti incapaci di spiegare come respirassero ; mi è capitato altresì di leggere teorie completamente differenti e addirittura opposte tra loro. Di solito il frasario “respiratorio” recita questi immancabili versetti:
Bisogna respirare col diaframma
Bisogna respirare “basso”
Guai a respirare “alto”
Guai ad alzare le spalle durante l’inspirazione
Guai a cantare sollevati sulle punte
Riempi bene anche la schiena d’aria
Poggia bene sulle gambe durante l’espirazione
Bisogna cantare “in apnea”
Siamo già al Codice per iniziati, roba da terrorizzare anche il più audace tra i volenterosi. Vi sono naturalmente delle verità in questi precetti e alcuni luoghi comuni: il diaframma, cioè il muscolo che separa i polmoni dalla gabbia toracica, è un muscolo “involontario” ; respirare basso è un’idea, una sensazione (forse è meglio pensare che i polmoni siano più larghi sotto che sopra); le spalle, in molti cantanti, si alzano eccome (Del Monaco, Nilsson,Blake), in altri non si muovono (Corelli, Lauri Volpi,Cappuccilli, Devìa), dipende dalle singole fisicità; il canto in apnea è un’altra sensazione, poiché cantare non corrisponde esattamente a immergersi negli abissi come facevano Majorca e Mayol. Non parliamo poi di quei terribili tomi pieni di immagini che dovrebbero aiutare un cantante e invece lo terrorizzano: scheletri, foto , patologìe orribili, anatomie sezionate. Praticamente un film di C.S.I.
L'immagine qui sotto è tuttavia abbastanza chiara:
Di solito i grandi cantanti respirano tutti allo stesso modo.
Nella fase dell’inspirazione viene preso fiato dal naso (è una buona abitudine, per non seccare le mucose della gola e non aspirare polveri nocive,umidità,ec.) : la gabbia toracica si allarga, il diaframma compie il suo bravo movimento involontario, la zona che deve ampliarsi è una sorta di “cintura” che parte dall’addome per interessare anche la schiena , come una fascia elastica che si gonfia. Durante questa fase la zona clavicolare deve essere esclusa (sebbene i polmoni si riempiano comunque anche nella loro zona apicale), le spalle non devono possibilmente muoversi. Non è necessario gonfiarsi come dei canotti o dei palloni aerostatici! Se si osservano i filmati di Kraus o Corelli, che pur avevano fiati interminabili, la presa di fiato è impercettibile.
Nella fase dell’espirazione , quindi nel momento in cui il fiato si trasforma in suono e viene emessa la voce, il fiato va in qualche modo dosato e regolato, affinché non vada via subito, tutto insieme.La sensazione è quella di trattenere tesa la cintura intercostale che si era formata prima , aiutandosi con i muscoli della fascia intercostale e addominale. Kraus parlava di una membrana tesa “all’infuori”, che non doveva mai cedere; Sesto Bruscantini, il grande baritono che proprio con Kraus si perfezionò, usava un cinturone per “appoggiarvi” i suoni: lo stesso Fiorenza Cossotto ,che usava invece una rigida panciera, e così Giorgio Merighi, che senza la sua provvidenziale cintura non andava in recita.
In questo raro filmato, risalente al 1992, sia Merighi che la magnifica Dimitrova danno un esempio mirabile di canto "sul fiato", così come dovrebbe essere SEMPRE.
Pavarotti , ai suoi allievi, poneva il pugno sull’addome e poi li invitava a cantare: in pratica, per non soffocare, si veniva costretti a contrapporre la propria spinta muscolare a quella della mano di Lucianone: un bel training.Le cantanti antiche usavano i bustini, con i lacci ben stretti. Il baritono Valdengo mi raccontò del suo incontro con Beniamino Gigli che, vedendolo giovane ,magro e asciutto, disse:” Sicuramente non canti ancora bene , hai la pancia a pisciatoio (cioè concava, all’indentro). Quando sarai rotondo come me, allora canterai bene.” Gigli non intendeva “rotondo” per “grasso”, ben inteso: parlava ovviamente del muscolo, che inevitabilmente si forma appoggiando e sostenendo il suono per il canto lirico.
Maestri indiscussi di canto 'sul fiato' sono stati Carlo Tagliabue, Tito Schipa, Piero Cappuccilli, Magda Olivero, Carlo Bergonzi . In genere, come si è detto: tutti i grandi cantanti.
Si è constatato che una corretta respirazione favorisce quasi automaticamente l’apertura della gola:esattamente come avveniva quando eravamo in fasce o come avviene, istintivamente, negli animali. Provate a guardare un cane mentre respira o quando abbaia: noterete come allarga le costole e come usa i muscoli del pancione:quella è la respirazione giusta.
L'88 Festival estivo all'Arena di Verona chiude con le ultime repliche di Carmen, Trovatore, Aida firmate Franco Zeffirelli.
Trionfa in arena il Bello, inteso come dato oggettivo inconfutabile: il biglietto è già pagato con la cinematografica visione della piazza di Siviglia, animata da mille personaggi, viva come non mai e dall'entrata al galoppo di un dragone durante la scena della baruffa tra sigaraie. Ogni angolo dell'immenso anfiteatro è sfruttato dall'impostazione registica, mai noiosa mai irrispettosa, sempre tesa a raccontare una storia. I meravigliosi costumi di Anna Anni, le coreografie gitane di El Camborio fanno il resto, in una festa di colori e di emozioni che si vorrebbe non finisse mai.
Con il Trovatore assistiamo a un altro miracolo.Non è facile rendere spettacolare un'opera così cupa, essenzialmente notturna, concepita tra giardini appena illuminati dalla luna, accampamenti, prigioni, bugnati di fortezze medievali. Eppure Zeffirelli riesce a trasformare persino questo drammone a fosche tinte in una festa , senza mai ledere la drammaturgìa anzi...contribuendo a farci vivere da vicino la storia di Azucena e di Manrico. Nella scena della monacazione di Leonora il coup-de-théatre : il torrione centrale, grigio e aguzzo, si apre trasformadosi in un colossale altare dorato....un colpo d'occhio fantastico, proprio in uno dei punti meno spettacolari del Trovatore e , puntuale, , scatta l'applauso a scena aperta del pubblico.
L'Aida punta tutto su una enorme piramide d'oro, girevole, che consente un pratico avvicendarsi degli otto quadri dell'opera. Qui trionfano i costumi della Anni e le coreografie di Vassilev, oltre ai movimenti misurati e razionali delle masse. Fantastico il III atto, che del resto è uno dei gioielli di Zeffirelli in tutte le sue produzioni, compresa quella storica “miniature” creata per il teatrino di Busseto.
Veniamo alle voci delle ultime tre recite. In Carmen ha trionfato la meravigliosa Micaela di Silvia Dalla Benetta, la miglior interprete di questo ruolo da me ascoltata negli ultimi anni. Vocalità morbida, di bel colore, capace di smorzare o rinforzare i suoni, fino a una splendida messa di voce (piano, forte, piano) nel finale della sua aria, misurata ed elegante in scena: perfetta.
Deludente la prova della protagonista,Kirstin Chavez, giunta a sostituire l'indisposta Kate Aldrich: una Carmen perennemente scosciata, in posa ginecologica, dotata di una voce piuttosto ingolfata in basso e poco intonata sulle note acute. Apprezzabile il buon materiale del debuttante tenore Jorge de Lèon, ma ancora troppo grezzo per una parte complessa e ricca di nuances come quella di Don José.
Molto bene il giovane basso Alexander Vinogradov come Escamillo, appena 33enne e già tecnicamente molto sicuro, con acuti sonori, a gola aperta, e note basse sicurissime: un elemento su cui puntare .
Si sono distinti per solidità e sicurezza Carlo Bosi come Remendado (un lusso), Signorini come Zuniga, Ceriani in Morales e la Mercedes di Asude Karayavuz , tutte voci da prime parti. Priva di squillo e quasi anonima la Frasquita di Simge Buyukedes.
La direzione di Kovatchev, fin troppo brillante e baldanzosa, ha penalizzato i passaggi più lirici e drammatici del capolavoro di Bizet, benissimo il Coro diretto da Giovanni Andreoli.
In Trovatore , forse per il vento gelido che spirava in arena, tutti un po' sottotono. Marcelo Alvarez è sempre il tenore generoso e solare che conosciamo, ma troppe note erano 'aperte' e perdevano in squillo: si notava un po' di stanchezza e il vento non è certo un alleato dell'emissione, quando si canta all'aperto. Tuttavia un personaggio di sicura presa, un fraseggio scolpito e sempre credibile.
Malissimo il soprano Ande-Louise Bogza, in serata no: parole sbagliate, amnesìe, stonature clamorose, urla calanti su ogni acuto che superasse il si bemolle. Da dimenticare.
Ottimo Alberto Gazale, il cui colore e fraseggio ricordano sempre di più i grandi Protti e Cappuccilli. Tuttavia, anche lui disturbato dalle condizioni atmosferiche, ha avuto un'incertezza di intonazione sull'aria “Il balen” , corretta nella seconda parte.
Bene la Azucena di Andrea Ulbrich, soprattutto nel registro acuto sicurissimo.
Ottimi Giuseppini come Ferrando e il Ruiz di Carlo Bosi.
Marco Armiliato ha diretto in modo asciutto e preciso, assicurando un ritmo incalzante ma mai pasticciato, assecondato molto bene dalla compagine orchestrale.
In Aida la palma d'oro va ad Amarilli Nizza , che ha regalato un memorabile “Cieli azzurri” con tanto di do attaccato pianissimo e rinforzato tenuto un'eternità: una prova magistrale da parte di una cantante che oltre a saper usare la voce assai bene , sa usare la testa!
Ottimo anche Ambrogio Maestri, tonante Amonasro, scivolato su una buccia di banana (vocale) sul terribile “Ah....doman voi potrìa il fato colpir” dell'entrata ma per il resto poderoso e di splendido colore.
Piero Giuliacci è stato un sicurissimo Radames e in vari momenti mi ha ricordato la voce di Aureliano Pertile, che non era bellissima ma ottimamente emessa, sicura. Ha superato tutti gli innumerevoli scogli di questa parte, appena penalizzato dal costume e dal trucco, con quella coroncina che lo faceva somigliare a Ebe Stignani come Adalgisa. Piero: la prossima volta rifiutati e fai come Schipa, truccati da solo!
Giovanna Casolla è stata una sorprendente Amneris, fantastica nel fraseggio e nelle note alte, quasi completamente vuota in basso dove non usa (chissà perché?!) il suo registro di petto, con l'effetto di farsi udire bene solo a metà. Tuttavia una prova eccellente e un costume che la ringiovaniva tantissimo.
I bassi non erano al meglio, ma Prestìa è stato un buon Ramfis anche se tende a cantare con il volto perennemente rivolto al pavimento. Perfetti Casertano come Messaggero e la Trevisan come Sacerdotessa.
Oren mangia pane e Aida, ha “domato” la partitura, anche se in quest'ultima recita con qualche svarione, comprensibile e perdonabile.