Recensioni
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Sabato 13 Febbraio 2016 09:46 |
Non mi sono mai divertito tanto a un Barbiere di Siviglia e ci voleva quello firmato da Davide Livermore all'Opera di Roma, in occasione del bicentenario del capolavoro , per mettere totalmente in luce l'aspetto surreale e provocatorio che tanta fama diede al suo Autore.
Spettacolo che per ritmo, colori, atmosfere macabre, e costumi poteva far pensare allo “spiritello porcello” Beetle Juice di Tim Burton, dove ogni battuta dava l'occasione per scatenare la fantasia del regista. Spettacolo, specifico bene, che visto a casa davanti al televisore, perde il 75% della sua geniale vitalità e che solo l'ampiezza e la dimensione grandangolo del Teatro possono valorizzare, ivi comprese le facce stralunate di molti spettatori, anziani e meno anziani, pronti a decretare il più solenne dei fiaschi, con oceaniche ondate di “buuuh!” all'uscita del regista .
I malumori sono iniziati allorché , proiettati sul megaschermo posto in proscenio, sono apparsi alcuni pupazzi animati : Luigi XVI, Saddam Hussein, Francisco Franco , Stalin, Hitler e persino Mussolini a testa in giù....tragiche marionette di un tragico teatrino che è il Mondo. Cos'altro sono?? Dittatori, pazzi, scriteriati afflitti da smanie di gloria e di potere presunto....ma in sostanza burattini, manovrati da sempre e per sempre da chi sulle guerre specula, da chi attraverso le dittature guadagna. Beaumarchais, Rossini , sapevano benissimo che non esiste altro miglior commento della musica per raccontare una “folle journée” come quella della Vita, come quella della Storia che , appunto, è fatta di pupazzi animati, ora lugubri e funesti, ora divertenti , ora geniali, ora mostruosi.
Livermore, regista musicista tra i più intelligenti e preparati dei nostri tempi, ha osato tutto ciò ed è stato gratificato dalla quasi totale contestazione del pubblico romano: pubblico preoccupante e pauroso, succubo, rassegnato. Scandalizzato alla sola vista di Hitler e Mussolini ...c'è veramente da preoccuparsi.
Il Barbiere di Siviglia si presentava con costumi scene e luci firmate da Livermore, costumi meravigliosi di Gianluca Falaschi, illustrazioni di Francesco Calcagnini, proiezioni a cura della D-WOK ed effetti del mago Alexander, che ha prodotto esilaranti soluzioni scatenandosi soprattutto sulle figure del Conte Almaviva, cui veniva mozzata la testa al termine della cavatina...e di Don Bartolo, comicamente arrotolato su sé stesso durante la memorabile Scena della Barba nel II atto. Mai un attimo di sosta, un ritmo narrativo incalzante, forse - ed è questo il mio unico rilievo- troppo tetre le luci soprattutto nel I atto, dove un gioco più vivido e colorato avrebbe aiutato non poco la definizione di molte fantastiche gags.
Un gruppo di mimi-attori strepitosi ha regalato momenti epici: come il balletto dei corpi con le teste mozze durante la cavatina di Figaro e le incredibili controscene in cui i corpi dei protagonisti si allungavano, protendendosi da una parte all'altra delle porte. Scene rese mitiche da Stanlio e Ollio o Buster Keaton, non facili da riportare in teatro dove non v'è l'aiuto della macchina da presa e della post-produzione.
Un orso ballerino e persino cantante, un topone che attraversava la scena, tantissime immagini che si alternavano sugli schermi...il finale primo danzato come in una discoteca la notte di Halloween.
Il cast vocale e la direzione.
Partirei dalla saggia e consapevole bacchetta di Donato Renzetti, che mai come in questo Barbiere ha aiutato i cantanti che aveva a disposizione, ora attenuando le sonorità dell'orchestra ora seguendo con tempi calibrati e attenzione certosina. Qualche taglio qua e là ma l'edizione si presentava quasi integrale.
Figaro era Florian Sempey, un giovane baritono di bella brunita vocalità, facile all'acuto ma che deve assolutamente maturare il personaggio, cantato in modo troppo sussiegoso: gli mancava la brillantezza e l'argento vivo dei grandi....diamogli tempo.
Edgardo Rocha è un Conte Almaviva scattante e di bella linea garbata, alla maniera dei classici tenori di grazia stile Alva: ma la voce risuona un po' piccolina e “stretta” , nonostante egli canti con proprietà tutte le note e anzi ne aggiunga altre , persino nella difficilissima aria finale “Cessa di più resistere” , in cui resta insuperabile Juan Diego Florez.
Rosina era Chiara Amarù, giovane mezzosoprano di bellissimo colore ma che in questa occasione ho trovato stranamente in difficoltà sull'intonazione, che “scivolava” pericolosamente tra una coloratura e l'altra, soprattutto quando la voce saliva per poi ridiscendere nelle volatine. Una serata non felicissima per lei che ha doti di primissima qualità e talento da vendere.
Strepitosa la sicurezza e la presenza di Ildebrando D'Arcangelo, che doveva rappresentare un Don Basilio storpio con un rumorosissimo braccio metallico: alcune note alte volavano in sala con grande spessore, più debole il registro grave.
Molto teatrale la voce del Don Bartolo, Simone Del Savio, tra l'altro ottimo attore, costretto su una sedia a rotelle ma ciononostante agilissimo.
Molto brava la Berta di Eleonora De La Pena e il tonante Ufficiale di Riccardo Coltellacci, che ha cantato le sue frasi come se fosse Mefistofele.
In sala presente Placido Domingo, al quale ho chiesto se oggi si sente più tenore o più baritono. Mi ha risposto: “Io sono SEMPRE tenore.”
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News
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Sabato 30 Gennaio 2016 11:00 |
Un inedito Andrea Bocelli in vena di temerari "outing" al Teatro della Fortuna di Fano,dove ieri si è tenuto un importante dibattito allo stesso tempo lancio di Operastudio, una serie di DVD e CD concepiti come basi musicali per aiutare giovani studenti di canto nello studio di un'opera lirica. Non si tratta più delle ormai desuete basi per karaoke ma di un concreto è molto ben realizzato sostegno, con il maestro concertatore ( Marcello Rota) che oltre a dare tutti gli attacchi può addirittura suggerire con il labiale le parole del testo, grazie alle riprese in primo piano. Il direttore a disposizione,quindi, un' intera ottima orchestra sinfonica ( la OSR , Orchestra Sinfonica Rossini) e il Coro del Teatro della Fortuna di Fano. Oltre al DVD anche un CD guida, con l'invasione completa dell'opera supportata da valenti professionisti ,tra cui sono da citare almeno il soprano Patrizia Orciani come Tosca, il basso Pertusi come Don Basilio nel Barbiere, il buffo Bruno Praticò nella parte di Don Bartolo e molti altri.
Il dibattito proposto a Fano, svolto da personaggi illustri come Andrea Bocelli in veste di testimonial, Leone Magiera, il prof. Franco Fussi,l'agente Virginio Fedeli,il soprano Patrizia Orciani, il maestro Marcello Rota, oltre al sottoscritto, ha illustrato in ogni dettaglio questa iniziativa, assai utile per chi voglia imparare a seguire un maestro dal podio, ma si è sviluppato attraverso vari argomenti di attualità: l'uso e l'abuso dei microfoni per ampliare le voci, lo stato penoso di molte situazioni ai margini delle grandi fondazioni, lo studio corretto del Canto. Argomenti da cui non si è sottratto il superospite Andrea Bocelli, pronto a fare precise ammissioni: " Ho cantato male per molti anni,senza esattamente sapere cosa fosse la tecnica", " Mio figlio ha più voce di me ...e non ci vuole molto", " Quando ho cantato con Pavarotti, durante le prove ho capito che stavo sbagliando tutto ...lui cantava con morbidezza e facilità ,io spingevo e cantavo di fibra"...Affermazioni che dimostrano una grande onestà intellettuale da parte di un divo capace vendere 80 milioni di dischi e che gode di una fama planetaria.
Un inedito Andrea Bocelli in vena di temerari "outing" al Teatro della Fortuna di Fano,dove ieri si è tenuto un importante dibattito allo stesso tempo lancio di Operastudio, una serie di DVD e CD concepiti come basi musicali per aiutare giovani studenti di canto nello studio di un'opera lirica. Non si tratta più delle ormai desuete basi per karaoke ma di un concreto è molto ben realizzato sostegno, con il maestro concertatore ( Marcello Rota) che oltre a dare tutti gli attacchi può addirittura suggerire con il labiale le parole del testo, grazie alle riprese in primo piano. Il direttore a disposizione,quindi, un' intera ottima orchestra sinfonica ( la OSR , Orchestra Sinfonica Rossini) e il Coro del Teatro della Fortuna di Fano. Oltre al DVD anche un CD guida, con l'invasione completa dell'opera supportata da valenti professionisti ,tra cui sono da citare almeno il soprano Patrizia Orciani come Tosca, il basso Pertusi come Don Basilio nel Barbiere, il buffo Bruno Praticò nella parte di Don Bartolo e molti altri. Il dibattito proposto a Fano, svolto da personaggi illustri come Andrea Bocelli in veste di testimonial, Leone Magiera, il prof. Franco Fussi,l'agente Virginio Fedeli,il soprano Patrizia Orciani, il maestro Marcello Rota, oltre al sottoscritto, ha illustrato in ogni dettaglio questa iniziativa, assai utile per chi voglia imparare a seguire un maestro dal podio, ma si è sviluppato attraverso vari argomenti di attualità: l'uso e l'abuso dei microfoni per ampliare le voci, lo stato penoso di molte situazioni ai margini delle grandi fondazioni, lo studio corretto del Canto. Argomenti da cui non si è sottratto il superospite Andrea Bocelli, pronto a fare precise ammissioni: " Ho cantato male per molti anni,senza esattamente sapere cosa fosse la tecnica", " Mio figlio ha più voce di me ...e non ci vuole molto", " Quando ho cantato con Pavarotti, durante le prove ho capito che stavo sbagliando tutto ...lui cantava con morbidezza e facilità ,io spingevo e cantavo di fibra"...Affermazioni che dimostrano una grande onestà intellettuale da parte di un divo capace vendere 80 milioni di dischi e che gode di una fama planetaria.
Andrea Bocelli intervistato da Enrico Stinchelli |
Recensioni
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Domenica 24 Gennaio 2016 10:29 |
Molto attesa la Cenerentola di Rossini all'Opera di Roma firmata da Emma Dante.Chi si
aspettava le provocazioni in stile Carmen\ Scala,che tanti dissensi suscitarono a loro
tempo, è stato fortemente deluso.Niente stramberìe,nessuna provocazione in linea con la
moda del " regìetheater", direi piuttosto una Cenerentola carina, delicatamente fiabesca,
semplice,a tratti persino timida. La scena di Carmine Maringola si limitava a una grande
parete bianca semovente,con grandi lampadari che ogni tanto pendevano dalla graticcia
e qualche ingombro d'arredamento.Lo spettacolo era per lo più realizzato dai bravi
ballerini,vestiti come automi a molla,che per tutta l'opera commentavano ogni scena con i
loro movimenti a scatti, simulando un gruppo di giocattoli un pò pazzi e imprevedibili. I
cantanti potevano così esibirsi in tutta tranquillità,seguendo posizioni e movimenti
tradizionalissimi,senza particolari imprese ginniche. Belli i costumi di Vanessa Sannino e
delicate le luci di Cristian Zucaro.
Luci e ombre per il cast vocale. Non bene la coppia degli amorosi:
la Cenerentola ,pur avvenente, di Serena Malfi presentava troppe lacune tecniche nel
registro alto, tanto da pregiudicare gravemente la scena finale e così pure il Ramiro di
Francisco Gatell, tanto garbato e morbido nel registro centrale quanto incerto e tirato sui
do acuti della sua grande aria, conclusa con troppa fatica. Bene il Dandini di Vito
Priante,molto sicuro , e salvato dalla sola esperienza il Magnifico di Alessandro Corbelli,
che ricordavo con più voce.In ogni caso non è esattamente un basso buffo,come Don
Magnifico dovrebbe essere,bensì un baritono piuttosto brillante e la tessitura gli ha
nuociuto soprattutto quando era necessario sovrastare il suono proveniente dalla
buca.Notevole,tuttavia,la sua prova attori alle. Ottime le sorellastre,Damiana Mizzi e
Annunziata Vestri e in difficoltà l'Alidoro di Ugo Guagliardo,con seri problemi di note
ingolfate e dure sugli acuti.
Sul podio il giovane maestro Alejo Pérez, che aveva piglio e verve,ma che in alcuni
punti non ha trovato un suono ugualmente brillante e brioso come questo capolavoro
richiede. L'orchestra ha suonato bene e il Coro è stato molto preciso nei suoi interventi.
Successo di pubblico,equamente distribuito tra gli interpreti.
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Recensioni
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Martedì 29 Dicembre 2015 16:56 |
Gli ingredienti sono semplici: un grandissimo protagonista, ancor oggi sulla breccia dopo oltre mezzo secolo di carriera (Leo Nucci), un astro ormai emerso (Anna Pirozzi) nella parte micidiale di Abigaille, un gruppo di giovani entusiasti e motivati a offrire il massimo, uno spettacolo collaudato e funzionale alle esigenze di tutti, una direzione d'orchestra (Aldo Sisillo) con le idee ben chiare riguardo i tempi da staccare, le dinamiche , l'equilibrio da assicurare tra buca e palcoscenico. Cosa ne risulta? Semplicemente uno strepitoso Nabucco, di quelli che riportano indetro nel tempo, quando era il TEATRO a farla da padrone, o meglio il "senso del Teatro" che è qualcosa di diverso e di prezioso, da difendere.
Il Nabucco messo in scena domenica scorsa e che verrà replicato stasera al Municipale di Piacenza veleggia verso il suo trionfo, con il pubblico proteso dai palchi ad applaudire, in un clima festoso e mi è parso addirittura liberatorio. Si sa come in Emilia Romagna la passione operistica non sia affatto sopita, per fortuna: si respira ancora quell'aria permeata di sano loggionismo, con la presenza dei Clubs, di personaggi anche pittoreschi ma che costituiscono lo zoccolo duro di una passione che molti vorrebbero posta sotto formalina, e che non troviamo più in molti conclamati "templi". Per loro, come per tutti, è stata una grande festa, con continui applausi a scena aperta e un autentico trionfo al termine e il merito va al lavoro tenace, serio e costante del direttore artistico, Cristina Ferrari, che ha saputo mettere assieme gli ingredienti 'giusti' di cui parlavo all'inizio.
Un Teatro senza un solo euro di deficit e che il Ministero non premia, inspiegabilmente, forse manovrato da altre cabale che spostano gli emolumenti verso la costiera ravennate o inopinatamente procede a tagliare, pensando di risolvere così le magagne amministrative prodotte da altri.
Sperando che questo andazzo cambi e al più presto, godiamoci questo Nabucco e i fuochi d'artificio musicali : in primis i luminosi acuti della coppia Nucci- Pirozzi, coinvolti in una gara di bravura. “Ho fatto semplicemente Nabucco” dice in sintesi Leo Nucci al termine della sua recita. Il fatto è, come tutti sanno, che è proprio quella benedetta “semplicità” a essere tremendamente difficile da raggiungere: frutto d'un equilibrio sottile fatto di esperienza, tecnica, buona salute e soprattuttio uno smisurato amore per l'Opera, e questo non te lo insegna nessuno....devi averlo di tuo. Nucci ha oggi un colore e uno spessore nella voce che non aveva da giovane, avendo però mantenuto la spavalda sicurezza e lo smalto degli acuti, la sua arma vincente. Impressionanti l'entrata, il duetto con Abigaille, la cabaletta del IV atto coronata da un la bemolle “bomba” che forse farà storcere il naso ai maniaci del segno scritto ma che sarebbero piaciuti assai a Verdi, che non apponeva le puntature acute in partitura ben sapendo che non tutti sarebbero stati in grado di eseguirli. Di Nucci è ancora da apprezzare la dizione scolpita e l'uso degli accenti, sempre appropriatissimi , l'uso della cosiddetta “parola scenica” tanto invocata dal genio bussetano. Rispetto al famoso Nabucco all'Opera di Roma, diretto dal maestro Muti, abbiamo per fortuna notato la quasi totale eliminazione di quegli eccessi (anche comici) nella recitazione nel III e IV atto, quando Nabucco è indebolito dal folgore divino: Nucci lo pensa un po' come gli anziani all'ospizio, ne abbiamo anche parlato nel dopo-Teatro, ma a mio parere Nabucco più che sembrare afflitto da demenza senile è soprattutto turbato, depresso, sconvolto, ma resta - a mio parere- la grande dignità del personaggio, protagonista dell'opera.
Anna Pirozzi si è dimostrata una Abigaille straordinaria poiché, intelligentemente, non ne ha soffocato l'intimo lirismo e soprattutto la matrice belcantistica. Ho letto qua e là di “nuova Dimitrova” : il paragone non mi sembra azzeccato. Parlerei piuttosto di “nuova Cerquetti”. La Dimitrova aveva una voce di metallo tagliente e di gigantesco volume, ma negli ultimi anni soffriva un po' nel do acutissimo: la Pirozzi ha un fondo lirico, non abusa in suoni di petto , non allarga mai il suono ma lo raccoglie, gioca sul contrasto continuo di “forte” e “piano” , anche pianissimo (l'aria del II atto è stata un cesello, da questo punto di vista), svetta agli acuti con sicurezza partendo da un attacco alto e mai aiutandosi con pericolosissime contrazioni di gola, tutto è sotto il controllo del fiato che sa usare con assoluta maestrìa. L'attrice è intensa, ogni gesto è giusto, ogni sguardo è pertinente al momento drammatico: meritatissimo il trionfo personale.
Una lode particolare al resto del cast, dominato da un sicurissimo Mattìa Denti come Zaccaria, molto solido nel registro acuto ma non da meno nelle difficili discese alla zona grave, soprattutto nella Preghiera e nel finale del III atto. Ismaele era il tenore Leonardo Gramegna, che ha dalla sua una voce sonora e molto giocata sulla dizione scolpita: la sua è stata una prestazione in crescendo. Non benissimo invece la Fenena di Elisa Barbero, un po' troppo emozionata e non stabile nell'emissione soprattutto nella difficile cadenza della sua aria. Il basso Paolo Battaglia come Sacerdote di Belo di lusso ha assicurato una bella resa al suo personaggio, così come Roberto Carli nel ruolo di Abdallo e Alice Molinari nella parte molto acuta di Anna.
Tutto poggiava sulle solide ed esperte spalle del maestro Aldo Sisillo, che ha mantenuto un ritmo incalzante ma mai soverchiando la linea vocale: il Nabucco così volava via in un batter d'occhio, senza cadute o sacche di noia, come spesso avviene per esempio con la Marcia funebre che accompagna Fenena, staccata in quattro e talvolta persino tagliata. L'imprinting del concertatore si capiva fin dalla Sinfonia, brillante e vigorosa, e chi ben comincia...è a metà dell'Opera. Ottima la compagine piacentina: Orchestra dell'Opera Italiana e due cori per l'occasione, del Teatro Municipale di Piacenza e della Fondazione Teatro Comunale di Modena, che hanno raccolto il loro personale successo dopo il “Va pensiero”. Dalla mia postazione privilegiata nel palco di barcaccia ho potuto apprezzare i contributi della sezione ottoni, percussioni, l'ottima arpa ,perfetta negli “Arredi festivi”, gli assoli del flauto, i violoncelli e soprattutto la formidabile signora bionda che assume il ruolo di konzertmeister, una vera furia che trascinava tutti gli archi con sé (mi dispiace non poterla nominare ma il programma di sala non ne riportava il nome).
Dello spettacolo, con regìa e scene di Stefano Monti, con sculture di Vincenzo Balena e costumi di Massimo Carlotto, non si può che tesserne le lodi: asciutto, funzionale, pragmatico, rispettoso della drammaturgìa ma al tempo stesso suggestivo, con un impiego delle masse a tutto tondo.
Successo incondizionato e meritato per tutti.
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