Il Carlo Felice è sull’orlo della più grave crisi dalla sua ricostruzione.
Questa mattina, al termine di una drammatica riunione del Consiglio d’amministrazione e dopo un incontro informativo con i sindacati, la presidente del Teatro, la sindaco Marta Vincenzi, con alcuni consiglieri (Riccardo Garrone, Mario Orlando, Ernesto Lavatelli) e con il general manager Furio Fossati (assente il sovrintendente Giovanni Pacor) ha chiarito la situazione del Teatro lirico genovese. «Allo stato attuale - ha dichiarato il primo cittadino - mancano 12 milioni per chiudere il bilancio del 2010. Sono a rischio gli stipendi da settembre e la sopravvivenza dello stesso Teatro».
L’ammanco, messo in luce dallo studio fatto dalla ditta Deloitte incaricata nelle scorse settimana dal Consiglio d’amministrazione di chiarire l’esatta situazione patrimoniale e finanziaria della Fondazione, è più grave del previsto. «Il Consiglio d’amministrazione - ha detto Riccardo Garrone - si è trovato di fronte a una condizione finanziaria assai diversa da quella che era stata prospettata. La situazione patrimoniale rivela al 31 dicembre 2009 un deficit di 13 milioni che saliranno a 17 alla fine di quest’anno. Così non si può andare avanti».
Una delle soluzioni prospettate è la chiusura delle attività per il 2010 e la cassa integrazione in deroga dalla Regione. «Occorre rimborsare gli abbonati, in questo caso, delle quote relative agli spettacoli cancellati. Abbiamo calcolato - ha aggiunto Garrone - che se non si fanno gli spettacoli, anche tenendo conto dei rimborsi, si risparmia da un milione a un milione e mezzo».
«La cassa integrazione è una delle soluzioni prospettate - ha osservato la sindaco -; una decisione sarà presa nelle prossime settimane. Speriamo di trovare altre strade. Dipenderà molto da come la città farà sentire il proprio attaccamento al Teatro. C’è bisogno di una azione diversa, più energica. Una partecipazione più convinta, anche in termini di presenze paganti in teatro: oggi il 30 per cento degli spettatori entra gratis».
Una strada potrebbe essere anche quella di una collaborazione (ancora da cercare e concordare) con i dipendenti per una nuova forma produttiva: «In questo senso il Carlo Felice - ha detto Garrone - potrebbe aprire un nuovo corso, diventare un modello a livello nazionale».
Commento di Enrico Stinchelli:
Seguo le vicende del Teatro Carlo Felice, praticamente dalla sua ri-nascita.
Proprio perché seguo con attenzione, la mia ratio , già messa a dura prova dai meccanismi italiani non solo teatrali , a volte si rifiuta di credere a ciò che legge e a ciò che mi viene raccontato. Certo è che arrivare al punto in cui siamo, mi pare assurdo e paradossale nonché criminale.
Possibile che nessuno voglia assumersi una responsabilità che sia una? Io non metto in discussione la buona fede del Sindaco, che avrà le sue gatte da pelare, ma un Sindaco ha tutto il potere e il dovere di PRETENDERE dal commissario preposto dal Ministero, alias dott. Giuseppe Ferrazza , (per quanto egli voglia essere reticente) i libri contabili, chiari e precisi. Ho saputo che tale commissario avrebbe avuto un atteggiamento non solo reticente e sbrigativo ma addirittura ineducato e arrogante, non solo nei confronti del Sindaco ma...un pò in generale. Giuseppe Ferrazza
La verità è che si è TOLLERATA una situazione del genere, con la carissima Cristina Ferrari, ex direttore artistico del Carlo Felice (persona preparata e competente) trattata da Ferrazza come fosse un'intrusa o una rompiscatole.
Quando all'arroganza subentra l'ineducazione, si attua la maniera dura. Si parla con i giornali, con le TV, si diffonde la verità: allora i Ferrazza & C. si spaventano e cambiano marcia. A' la guerre comme à la guerre, insegnano i francesi.
Ora? Ora è tardi, mi pare. Non resta che chiudere e sperare che si formi quella 'catena di solidarietà' cui tutti fanno riferimento, come appellandosi alla manna che deve scendere dal cielo.
Mi auguro solo che non si faccia come al San Carlo e altri teatri , attuando la politica del taglio sulla mera riduzione dei titoli. Nessun teatro va in deficit se non si produce nulla: ma nulla....è nulla. A che serve tagliare tre titoli se con le produzioni successive si ricomincia a spendere da capo?
La verità è che per salvare i teatri dai baratri in cui stanno per sprofondare occorre una politica di risanamento "alla base": 1) produzioni meno costose, ben al di sotto dello standard medio (basta con i milioni di Euro ad allestimento: si fissi un tetto ragionevole sui 500.000E massimo per spettacolo) 2) cast valutati sull'effettivo valore ARTISTICO dei cantanti scritturati e non sui ricatti di questo o quell'agente, 3) valorizzazione dei professionisti IN LOCO, a cominciare dalle scuole di scenografia, basta con appalti o consulenze esterne, 4) coproduzioni vantaggiose con teatri dinamici, agili (ve ne sono in tutto il mondo), 5) noleggi di scene storiche per speciali riesumazioni (le storiche tele del Parravicini, gli spettacoli di Visconti) , adeguatamente presentate come tali alla stampa e al pubblico.
Di idee ve ne sarebbero a iosa, ma fino a che resterà in piedi "il balletto delle poltrone" le idee saranno le solite: creare deficit perché tanto....paga Pantalone.
Non ho nulla contro il Sindaco di Genova e capisco con chi ha avuto a che fare. Ma proprio per questo doveva essere più energico e drastico, PRIMA.