non ancora pubblicato in italiano da alcuna casa editrice. Ricordo che Taddei è nato a Genova e ha sempre
avuto cittadinanza, passaporto e ogni cosa in Italia.
Ora che al dolore per la scomparsa di Giuseppe Taddei iniziano ad affiancarsi, anzi affastellarsi, i ricordi, voglio condividerne alcuni, per tratteggiare la figura di un artista straordinario e forse per scrutare da vicino i segreti, i bagliori vividi di un'anima speciale, privilegiata, aliena.
Che vegnan tuni, lampi e gragnoa...
Firenze, 1988. Dopo un periodo di studio con Taddei (che avevo conosciuto a Vienna poco tempo prima in una memorabile serie di “Elisir d'amore” e “Otello” ) finalmente il primo concerto insieme, organizzato dagli Amici della Musica della città del Giglio, capitanati allora da Vincenzo R.Bisogni e da Gianni Vitali, oggi in forze presso il Maggio Musicale Fiorentino.
Inutile dire che me la facevo sotto (come quasi sempre me la son fatta sotto, nonostante la mia apparente tranquillità: ... balle!) . Un intero concerto lirico con Taddei a fianco, una discesa nella fossa dei leoni, un misto tra un sogno e un incubo. In albergo eravamo in due stanze attigue: io mi ammazzavo di vocalizzi, come tutti quelli terrorizzati dalle proprie insicurezze (tecniche, essenzialmente) , lui ascoltava tranquillo la Tv e dormicchiava davanti al video, come intuivo da qualche sporadico e baritonalissimo “Ronf!Ronf!” . A un certo punto sento un poderoso :” EHHHI!!!! CARABINIERIIII!”. Dio mio, era lui!? Cosa stava succedendo??? Corro davanti alla sua porta, busso: “Peppino? Tutto a posto? Che succede?”. E lui:” Ma no, non ti preoccupare! Era un vocalizzo!”. Poi si affaccia, in canottiera, e mi fa: “Ma quanti vocalizzi fai? Guarda che ti va via la voce! Io lo dissi subito alla mia maestra....Non mi faccia fare troppi vocalizzi...e imparai da un tenore mio amico, all'Opera di Roma (quando vinse il Concorso nel 1935) a farne uno solo “Ehi!Carabinieri!”...la voce va subito a posto”.
Quanto aveva ragione: non servono i vocalizzi se non sono sul fiato e in posizione giusta, ti ammazzi e basta.
Usciamo dall'Hotel per una passeggiata. Pioviccicava. Io, con le tipiche fisime tenorili, mi avvolgo in una sciarpona e apro l'ombrello, lui invece con il solo berretto da marinaio e il collo aperto. “Ma togliti quella sciarpa, vedrai che ti viene più voce!” , mi fa ridacchiando. Io: “Ma Peppino...piove!”....e lui in dialetto genovese (scusate amici genovesi ma non so scriverlo bene, vado a memoria: “Che vegnan tuni, lampi e gragnoa...belin dentu e bale foa!”. Non traduco: lo capite tutti, vero?
I suoi colleghi
Con quel carattere bonaccione e solare era ovviamente amico di tutti e non parlava mai male di nessuno. Persino di Bechi, grande rivale e da buon fiorentino piuttosto maligno e acidognolo : “Non son miHa tutte rose!” disse a Taddei mostrandogli l'unica critica negativa al suo Barbiere eseguito a Lisbona (critica scritta, tra l'altro, da un intimo amico di Bechi!!!). Bechi gli soffiò il famoso Falstaff con De Sabata a Londra (un fiasco) ma Taddei si limitava dire di lui “ Era un Falstaff sardonico”. Un po' più cattivello con Gobbi, l'altro grande rivale, adorato dalla Emi e molto appoggiato in alto loco: “ Quando Mario (Del Monaco) udiva Gobbi vocalizzare in camerino, mi chiamava ...Vieni Peppino, ti faccio ascoltare il lupo!”.
Taddei adorava Gigli. Credo ne sia rimasto folgorato fin dal suo esordio, in Lohengrin.
“Ero a casa del maestro Serafin, si aprì la porta, entrò Gigli. Parlava con la sua vocina flebile, da bambino....aveva paura ad attaccare 'Mercé, mercé cigno gentil'....si umettava le labbra , chiudeva gli occhi e poi emetteva quei suoi suoni celestiali, meravigliosi.” Taddei era fantastico nell'imitare Gigli e sono sicuro che abbia imparato a usare così bene la mezzavoce e i falsettoni proprio imitando Gigli.
Certo, che ognuno imita i propri modelli: penso a chi si dovrebbe “imitare” oggi e con quali risultati!!!
Peppino Taddei e sua moglie Mimmi
Qui arriviamo a duetti memorabili. La moglie di Taddei, Mimmi, è stata l'unica donna a saperlo tenere in riga, un personaggio formidabile. Intanto una romana verace, del tipo Anna Magnani per intenderci, con la battuta sempre pronta e taglientema fondamentalmente buona come il pane . Taddei la conobbe nella pensione in cui viveva durante il periodo del Concorso all'Opera di Roma, prima del suo debutto, era la figlia della signora che affittava le camere agli studenti. Peppino non aveva il fisico del gran seduttore ma aveva il CARISMA del grande seduttore, ed è quello che conta alla fin fine. Posso dire che è stato sempre un incredibile donnaiolo, circondato da donne bellissime che cadevano ai suoi piedi come pere cotte.
Mimmi raccontava sempre il debutto del suo 'fidanzatino' (aveva 20 anni quando cantò Lohengrin con Gigli all'Opera) lo faceva con quella parlata tipica: “Me dava 'r cordojio co' sto' debbutto...n'ansia.....Io me presentai all'Opera tutta 'n ghingheri, tremavo da'a paura, me dicevo...Chissà che succede stasera? Farà na' carriera? O' buttano fuori?...Boh....Intanto tremavo seduta 'n poltrona. Poi...s'alza 'r sipario, e ...tiè!...eccotelo lì con la sua armatura, l'elmo, la lancia e quer vocione, co' na' faccia tosta....E io me so detta: A SCEMA CHE SEI!!!”.
Vienna Taddei era un mito, aveva la stessa popolarità di Francesco Giuseppe e della Sacher Torte! Mimmi mi raccontò di una volta che volle fargli una sorpresa. Era rimasta a Roma e Peppino aveva una Prima importante alla Staatsoper: “Mimmi, mi lasci qui solo....” , piagnucolava lui al telefono.Così Mimmi, cuore d'oro, senza dirgli niente prese l'aereo e si presentò in teatro. Attese la fine della rappresentazione e si piazzò dietro le quinte, durante gli applausi, schiacciata contro un muro. Taddei , tenendo a braccetto due magnifiche biondine, le passò davanti e SENZA RICONOSCERLA (si vede che era molto 'preso' !!!!) le disse: “Signorina, vuole un autografo?”.La risposta, alla Anna Magnani, di Mimmi fu: “Ma va a morì ammazzato!”.
A casa, se si accendeva una discussione animata, Taddei- non potendone più- afferrava un piatto , se lo metteva in testa tipo cappello da mandarino cinese, poi arrotolava il tovagliolo e lo piazzava tra il suo naso e la bocca, tipo baffoni. Era così buffo...che Mimmi smetteva di arrabbiarsi e diceva: “Tié...o' vedi? E come fai a litigà co' sto' pagliaccio!”.
Una frase ripeteva sempre, ogni volta che tornavamo da un concerto o da una lezione:”Aoh..ma nun te sei stufato?! , e lui :”No! Se smetto di cantare...sono un uomo finito!”. A quel punto nessuno diceva più nulla, lo diceva con una serietà assoluta, impressionante.
Scompare con Taddei uno dei più grandi artisti della storia dell'Opera. l'ultimo erede di una tradizione gloriosa e d'un modo di VIVERE il teatro di cui non si ha oggi piu traccia.
Ho avuto l'onore di condividere con Giuseppe Taddei tante ore straordinarie, tanti momenti indimenticabili, un'infinità di episodi , battute, situazioni che rendono una vita degna di essere vissuta.
Taddei è stato un artista straordinario, sotto moltissimi aspetti. La voce unica e preziosa per il timbro scuro e vellutato, di magnifico smalto, ampia e cordiale, unita idealmente a un'anima e a un cuore che non vedono molti termini di paragone possibili, sicuramente senza eguali tra i diecimila artisti che ho conosciuto.
Buono e generoso, affettuoso come persona e straordinario battutista, dalla memoria prodigiosa , con la caratteristica tutta sua di parlare al singolare di colleghi scomparsi da molto tempo: “Beniamino (Gigli) canta con quella mezzavoce così suadente...” , “La Callas non è una tigre come dicono, è molto simpatica e alla mano”, un modo così cordiale da far rivivere la memoria di questi 'immortali' e capace di emozionare ogni volta. L'Opera per Giuseppe Taddei è stato un modus vivendi, quasi fuori dalla realtà: ha cantato sempre, da quando è nato a quando è scomparso . Il baritono dei grandi numeri: quasi 70 anni di carriera, dal debutto come Araldo nel “Lohengrin” all'Opera di Roma nel 1936 fino al suo ultimo Dulcamara a Tokyo, passata la soglia del 2000.
Ho avuto il privilegio immenso di poter organizzare con lui e per lui alcune storiche performances alla Rai e in altri siti: “Falstaff”, “Tosca”, “Gianni Schicchi” , le SUE opere. A 80 e passa anni suonati Taddei era capace di strabiliare, per la potenza del suono, la qualità vocale, la quantità incredibile di 'colori' , la verve scenica, il fraseggio,la dizione scandita, la potenza creativa dei suoi personaggi.
Il teatro del suo cuore era la Staatsoper di Vienna. Sfuggito alla morte nei campi di concentramento nazisti (grazie al suo canto: un colonnello tedesco melomane gli aveva salvato la vita in cambio di varie cavatine di Figaro e altre arie a piacimento), Taddei era stato accolto dall'Austria come un beniamino, grazie all'entusiasmo di Herbert Von Karajan che lo aveva ascoltato casualmente come Figaro nelle “Nozze” mozartiane. Con Vienna e con Karajan nacque una fantastica amicizia, che produsse almeno tre cofanetti storici: “Pagliacci”, “Tosca”, “Falstaff”. Proviamo a riascoltare la forza tellurica del Te Deum con Karajan, il Prologo così vero e umano (l'attacco “Un nido di memorie” ineguagliato) , il monologo del Taverniere nel “Falstaff” (Taddei mi raccontava che Karajan smetteva di dirigere e si limitava ad ascoltare, con gli occhi lucidi).
Taddei sapeva divertire e far commuovere, ti inchiodava alla sedia in Tabarro, in Rigoletto, nel Macbeth, in Traviata, nello stesso Falstaff, che non era mai volgare ma grandioso nella sua totale umanità.
Ha cantato con tutti i più grandi cantanti d'Opera del secolo: da Gigli a Schipa, Lauri Volpi, Pertile, la Callas, la Tebaldi, la Carteri, arrivando a Corelli, Bergonzi, Tucker, Bjoerling,Pavarotti, Domingo, Carreras, Freni,Dimitrova, Scotto, Devìa , Anderson. Esiste da poco un bellissimo libro scritto da Peter Launek, marito della figlia Marina, in cui il ritratto artistico e umano di Taddei esce a tutto tondo e con eccezionali documenti su una vita e una carriera senza eguali.
Una volta, a casa del maestro Marco Boemi (presso il quale Taddei amava ripassare, studiare e dare gratuitamente lezione a tanti , tanti allievi) prima di andar via, già indossato cappotto e berretto, si girò e disse: “Mi è venuta voglia di cantare Nulla, silenzio dal Tabarro....” . Taddei, ottantenne e passa, attaccò l'aria di Michele e già dopo le prime battute ERA il personaggio. Sedeva davanti a me, potevo vedere i suoi occhi iniettati di sangue, la sua maschera di dolore...”Sei tu! Tu!” , boati emozionanti e terrificanti, fino a un sol acuto che credo stìa ancora girando in quella stanza. Tutti noi eravamo pietrificati, qualcuno piangeva dall'emozione. Passarono alcuni interminabili secondi, poi Taddei stesso per rompere la tensione disse bonariamente:”Però....il sol c'è ancora!” .
Un repertorio smisurato, oltre 200 ruoli diversi (credo 240 ) , quasi 10.000 recite, un numero pauroso di concerti eseguiti ovunque, in tutto il mondo.
Ricordava con particolare gioia lo Chénier con De Sabata alla Scala, la Traviata con la Callas a Mexico City e quell'Aida in cui la grande Maria lanciò il mi bemolle nel II atto. Amava molto il ruolo di Don Giovanni, che aveva inciso ma mai cantato in teatro per via del suo fisico, tozzo e tarchiato, poco adatto al ruolo del grande seduttore. Mozart fu un vessillo per la sua vocalità morbida e la sua musicalità perfetta: Guglielmo con Boehm, Leporello con Giulini, Papageno con Karajan....il più grande Papageno mai esistito.
E poi Verdi, Puccini, Donizetti (Dulcamara in quasi 1000 recite ma anche Don Pasquale , Malatesta, Enrico in “Lucia” , un Belisario commovente a Venezia con la Gencer, Re Alfonso in Favorita) . Non vorrei tralasciare il Guglielmo Tell, eseguito in svariate occasioni, parte perfetta sia come scrittura vocale si a per la forza dirompente del personaggio.
“Taddei era un artista che non annoiava mai” scrisse Celletti, ma quando Taddei seppe che Celletti aveva scritto e parlato male dei suoi “amici” (Di Stefano, Callas, Gobbi, Bastianini, ec.) disse: “Mi vergogno che abbia parlato bene di me!”.Non l'ho mai sentito parlar male di nessuno. Del suo rivale Bechi diceva “E' sardonico” ma non una parola in più per denigrarlo , mai! E lo stesso di Gobbi, di Panerai, di Bastianini (che adorava) , di tutti i colleghi di ieri e di oggi.
Con i giovani allievi aveva gli atteggiamenti che si addicono a un padre o a un nonno affettuoso: una parola buona per tutti, dava la carica e la voglia di andare avanti a chiunque manifestasse un sincero amore per questa Arte che di amore si nutre.
Con Taddei scompare un vero pilastro, un Grande . E l'Opera, questa vecchia signora piena di rughe e di acciacchi, è oggi molto più sola.
Maria Dragoni è uno dei maggiori soprani drammatici di agilità italiani. Ha cantato sotto la bacchetta di Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Zubin Mehtain tutti i più grandi teatri del mondo, le sue opere favorite sono Norma, Turandot, Aida, Tosca, Cavalleria rusticana, Pirata, Sonnambula.
"Un attore gira un film,poi si riposa mesi,talvolta anni.Mostra tutto un pittore e un musicista di musica leggera,invece nella lirica esiste una routine scandalosa che si è incrementata maggiormente con la velocità degli spostamenti e talvolta,vedi cantanti che come Padre Pio hanno il dono dell'ubiquità, i teatri di tutto il mondo sono pieni di cantanti e di spettacoli che fanno solo routine,per la Cavani era assurdo che nella lirica esistesse un doppio,lei stava lavorando da mesi con me,come lo avrebbe fatto con un attore,poi dopo mesi di lavoro,si presentò una cantante americana senza nessuna giustificazione,cambiò completamente la regia,alla prima fu sonoramente contestata e stroncata da molta critica,quando cantai finalmente io che ero stata annunciata da mesi su settimanali come Annabella,Marie Claire,ecc.ebbi un trionfo di critica e di pubblico,la Vestale è la sorella di Norma diceva Bellini,però?Poi l'opera è stata consegnata al cd Emi,con la cantante fischiata, tanto è facile abolire le contestazioni,piu' che di una campagna denigratoria,sono stata spesso vittima di ingiustizie di questo tipo,potrei dire tantissime cose ed episodi incresciosi dove con contratti alla mano,e pubblicità,ho dovuto astenermi persino dal ricorrere alla giustizia;dunque non mi meraviglio che la lirica stia morendo,esiste troppa ipocrisia e tanto qualunquismo,si sveglia pinco pallino e canta un'opera del grande repertorio,a caldo dei primi 10 anni dalla morte della grande Maria Callas,guai se un soprano osava cantare Norma,veniva contestata e dovevo correre io a sostituirla,ecco perché oltre alle Norme che avevo in contratto sono arrivata a cantarne oltre le 120 recite,oggi ogni gatto che miagola cantala Norma ed il resto.Se le cose fossero gestite con serietà dovrebbero fare meno spettacoli e di qualità con i cantanti idonei ai repertori consoni,idem per i direttori e per i registi. La qualità,la qualità e la qualità e non la quantità."
"Si conferma che per Michele essere perseguitato si è rivelato un ottimo investimento". Il velenoso commento di Bruno Vespa all'accordo consensuale tra Michele Santoro e la Rai per la fine del raporto di lavoro dipendente precede di poche ore la pioggia inarrestabile di reazioni: fanno discutere le cifre dell'intesa approvate dal Cda Rai.
Il Consiglio di amministrazione dell'azienda ha approvato con 7 voti favorevoli e 2 contrari l'accordo per la cessazione del rapporto di lavoro in atto con Michele Santoro, che secondo alcune indiscrezioni comporta il riconoscimento di una buona uscita da 2,5 - 2,7 milioni di euro. Santoro tuttavia ha anche ottenuto l'impegno dell'Azienda ad acquistare - con ogni probabilità da una società di produzione nata ad hoc - una serie di docu-fiction da cinque puntate ognuna che verranno inserite nel palinsesto autunno 2010-primavera 2011, in prima sertaa, su RaiDue. Ogni puntata verrà pagata da Rai un milione di euro ciascuna. Altre due puntate finirebbero su RaiTre, in prima serata. Da qui le cifre che azzardano oggi alcuni giornali: l'addio di Santoro è un'operazione da 10 milioni di euro.
Michele Sant'Euro
Non ricordo più chi scrisse che "i buoni moralisti sono coloro che si occupano della morale altrui". Non che vi sia nulla di male, intendiamoci, se un professionista del calibro di Michele Santoro prenda una cospicua buonuscita da Anno Zero per proiettarsi verso nuovi lidi progettuali, ma che lo stesso sia stato elevato a baluardo d'una presunta morale suprema contro l'immoralità altrui....beh....questo è davvero un aspetto grottesco di tutta la vicenda.
Il fido collaboratore Travaglio si dichiara "molto deluso" dalla notizia. Anche qui c'è da stupirsi: ma come? Non è Travaglio il Principe dell'Anteprima? Colui che grazie a una fitta rete di collaboratori, sparsi in ogni Procura in ogni angolo di tribunale, sa prima di tutti e meglio di tutti CHI fa COSA in Italia? Come può, proprio lui, cadere dalle nuvole?
Sono stato un attento osservatore dei programmi di Santoro, anche perché lo schieramento in studio, con il conductor al centro e i "professori" d'orchestra intorno rievocava singolarmente le famose riprese di Karajan con i Berliner Philharmoniker: Santoro dimenava le braccia e indicava le entrate, a volte con lo stesso fiero cipiglio del celebre maestro.
La sinfonia poteva sembrare sempre la stessa: più che una Quinta di Beethoven direi una Patetica contro Berlusconi, in cui i ritornelli si sono ripetuti puntata dopo puntata, sempre uguali, inesorabili ,battuta dopo battuta. Dopo un Preludio, che annunciava il Leitmotiv ( il conflitto di interessi, le leggi ad personam, le Escort, Papi e Noemi, Bertolaso e i terremoti) squillavano i primi ottoni, fervonici:il corno di Di Pietro, la tromba di Travaglio, il basso tuba del fido Ruotolo, sbattuto ogni volta nei luoghi più incredibili, al freddo e al gelo ma sempre con il microfono in mano, un vero Cambronne .
Santoro-Karajan procedeva impetuoso tra allegri con fuoco e improvvisi squarci lirici, andantini cantabili e persino adagi maestosi, non appena l'oboe dell'avvocato Ghedini iniziava a minacciare querele.
Inevitabile la chiusa comica, come avviene nel poema sinfonico "Till Eulenspiegel" di Strauss, affidata a Vauro, il prode (o Prodi?) vignettista satirico , specializzatosi anche lui in allegretti monotematici: Berlusconi, Rutelli tra le lenzuola, nostalgìe bolsceviche.
Et voilà! Un ultimo accordo e la musica termina tra gli applausi. Il pingue cachet gratificherà il "maestro" e aprirà nuovi orizzonti.
"Se sapessero quanto mi sono divertito a suonare stasera, non dovrebbero darmi un solo dollaro per il mio concerto!" , così sussurrava sornione Rubinstein al suo segretario, dopo aver intascato il lauto onorario e se ne andava ridacchiando verso il camerino.