Sabato 03 Aprile 2010 18:31 |
La storia di un si bemolle, dai suoi primi vagiti alla sua fine, dopo una vita fatta di trionfi e tonfi. Le gesta eroiche o meno di una nota tanto importante nella storia dell'Opera e tanto temuta da ogni tenore che si rispetti.
http://www.youtube.com/watch?v=L0E6cBdg8Zc
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Sabato 20 Marzo 2010 09:45 |
La questione dei microfoni che amplificano le voci in teatro è una vecchia questione. Se ne cominciò a parlare durante l'Era Pavarotti, diciamo dalle fine degli anni 80 alla morte del tenore, un periodo che coincide anche con lo sviluppo eccezionale della tecnologìa applicata ai concerti dal vivo, soprattutto spettacoli all'aperto (laddove le dimensioni di taluni spazi teatrali non particolarmente acustici impongono necessariamente l'uso dei microfoni). Dai miei ricordi personali posso affermare che una volta sola ebbi nettissima sensazione che Pavarotti fosse amplificato, e ciò avvenne a Bologna durante “Un ballo in maschera”, con il Tenorissimo, Paolo Coni, la Cortez come Ulrica, non ricordo l'Amelia. In pratica, sul palcoscenico c'era solo lui: gli altri avevano la metà, o meno, della sua voce. Il fatto più stupefacente è che correvano in sala, con sonorità addirittura fastidiosa, persino i falsetti spoggiati di Pavarotti , soprattutto nell'aria “Ma se m'è forza perderti”. Chiunque sa bene che una mezzavoce appoggiata è sonora, un falsetto non appoggiato....no. E' un suono afonoide che 'muore' nelle primissime file della platea, se pure arriva. Pavarotti e le 'voci di corridoio' sull'uso del microfonino iniziarono a serpeggiare, come l'idra fosca evocata da Jago nel II atto di Otello. Iniziò però una maggior attenzione, direi proprio 'acustica'. Nel 2002, io fui regista di un Galà Pavarotti per Raidue, da Montecarlo, la Sala Grimaldi. In quell'auditorium, grande su per giù come quello di Santa Cecilia a Roma, il buon Luciano era amplificato in modo addirittura plateale, come in un concerto rock. La differenza tra la voce 'al naturale' (da me udita alle prove) e quella amplificata era ENORME. Com'è facile immaginare. Ecco , per esempio, il Requiem diretto da Mehta al Maggio Musicale nel sordo e penalizzante Teatro Comunale (Pavarotti presente, con tavolino e bottiglie a vista....): amplificato? Certo, si cominciò a parlare di 'aiuti microfonici' e poi si scoprì più tardi che in effetti il Comunale utilizzò questi sistemi, per poi eliminarli. L a stessa cosa venne detta riguardo il Teatro Carlo Felice: a lato delle ben note finestrelle molti ravvisarono e riconobbero delle casse acustiche, atte ad amplificare. Cosa? Beh.campionature di suoni , certo: il cannone di Tosca, il campanone in mi di San Pietro, spari, effetti d'uragano...ma perché non le voci? Quando già ci siamo...? Sicuri, amici genovesi, di non aver mai avuto un benché minimo dubbio, un minimo sospetto? Potrei citare molti episodi, ma preferirei arrivare ai ostri giorni.
Cosa accade invece a Madrid, il mese scorso? Cos'è che fa imbestialire il pubblico del Teatro Real , tanto da far interrompere la recita di “Andrea Chénier” dopo appena 5 minuti dall'inizio? I microfoni , ancora loro! Ecco che torna questo strano fantasma dell'Opera, questa Araba Fenice , come ironizza Don Alfonso in “Così fan tutte” : “Che vi sia ognuno lo dice, dove sia nessun lo sa”. La voce del baritono Vratogna, impegnata nell'aria “Son sessant'anni”, tuona in teatro come non mai, tanto da frastornare gli spettatori appollaiati in loggione, sembra di stare a un concerto rock. Persino le frasette successive, di solito innocue, paiono uscire non dalla dolce Fiorenza Cedolins, ma da una Birgit Nilsson moltiplicata per 10. Il pubblico esplode e urla “Vergogna! Vergogna!” : nessuno sopporta l'amplificazione in un teatro d'Opera, è bene che si sappia. Lo spettacolo si interrompe, la Cedolins – che inizialmente non capisce il motivo di tanta contestazione- si rivolge al pubblico e dice “Se volete ce ne andiamo a casa, non c'è problema”. Poi, a voce bassa in italiano , una voce bisbiglia “C'è un problema di amplificazione....è l'amplificazione....hanno scoperto il....”. Cosa hanno scoperto? Il....trucco? Ogni congettura crolla di fronte al comunicato ufficiale del Teatro: un “problema tecnico” che ha determinato l'amplificazione non già nel Foyer (destinata ai ritardatari) ma addirittura in loggione. Lo spettacolo riprenderà, senza però il tenore protagonista , Marcelo Alvarez, che attendeva le scuse del teatro. Non una parola per i cantanti. E lui se ne va, giustamente indispettito. “Non ho mai avuto un microfono, ne lo hanno avuto i miei colleghi, ma il teatro doveva scusarsi con noi per un problema causato solo ed esclusivamente dal teatro.” Nel frattempo si solleva un polverone e qualche finestra, timidamente, si apre. Da buon cronista raccolgo alcune testimonianze che fanno riflettere e che, per ora, preferisco citare , a tutela di tutti ,senza nomi e cognomi , né riferimenti che possano ricondurre a chicchessia: .
(un notissimo cantante) :” ... io da "addetto ai lavori" non mi stupisco. Sono noti i microfoni della Battle al Met con Pavarotti, o di cantanti altrettanto illustri che non cito per nome. E molti anni fa quando dovendo cantare in un famoso e grande teatro all'aperto per la prima volta, mi mostrai tutto preoccupato e con la paura di non essere sentito, un celebre cantante, di cui non diro' il nome nemmeno sotto tortura, mi disse che mi avrebbe prestato il suo microfono che regolarmente usava.” (un altro notissimo cantante) ...”Cantando a Caracalla mi sono reso conto che razza di porcheria sia quella di microfonare i cantanti. Innanzitutto e' una grave mancanza di rispetto nei confronti dei cantanti del passato. Poi non e' affatto giusto che tutte le voci diventino uguali ...Altra cosa sarebbe mettere in proscenio i microfoni panoramici che gia' si usano da tempo in tanti teatri. Come vedo pero' a volte i microfoni si ribellano...bene!!.” (un famoso baritono)...Guarda caso...mi avvicinavo a lui, avevo il doppio della voce...mi allontanavo.....la metà!? Com'è sto' fatto?? ( un agente teatrale americano).... In ogni caso, al Met, mi hanno assicurato persone che ci lavorano, amplificano soltanto e discretamente alcuni cantanti superstar. So che la Bartoli era amplificata, così come Pavarotti. Adesso pare che amplifichino la Fleming. Al contrario, la New York City Opera ha ufficialmente amplificato a partire dagli inizi degli anni 90 fino a questa stagione. Dopo i rinnovamenti del teatro che ora ha cambiato nome e si chiama David H. Koch Theater (dal miliardario che ha donato molti soldi), la City Opera dice di aver tolto l'amplificazione, ma ovviamente ci sono gli scettici.” ( una notissima cantante) ….”Preferisco non essere nominata, mi raccomando. Posso confermarti che è tutto vero: lavoro e ho lavorato in tutti i teatri italiani e moltissimi nel mondo, dalla Scala, a Roma, Napoli, Torino , Londra, Parigi, ec. Lo scandalo non è solo nei microfoni d'ambiente che amplificano tutto , e che vengono usati da tempo in alcuni teatri. Lo scandalo vero è che taluni cantanti hanno la loro microfonazione personale, e spesso succede che loro soltanto la utilizzino ,mentre gli altri...no. Una famosissima mia collega, a seguito di un periodo di crisi vocale in cui è dovuta restar ferma per qualche mese, è tornata ma....con il microfono. Ce ne siamo resi conto tutti, noi del cast, abbiamo protestato ma...nulla da fare. L'amplificazione, in quel caso, venne utilizzata a partire dalla seconda recita, poiché la prima, non amplificata, aveva dato esiti disastrosi in termini di sonorità. In pratica: non aveva voce! Da allora canta SEMPRE amplificata.”
Qui invece abbiamo una simpatica e disinvolta dichiarazione di Anna Netrebko, dal Sunday Times (2007) : “I try not to perform the big roles often, because they’re very demanding. Though my voice has doubled in the past few years. It started suddenly to be bigger, because I was using the microphone between my tits!
Viva la faccia della sincerità. Beato quel microfonino, verrebbe da dire! |
Mercoledì 17 Marzo 2010 08:50 |
Mefistofele torna all'Opera di Roma dopo 50 anni e assieme al buon diavolaccio creato da Arrigo Boito arrivano anche i microfoni, pronti ad amplificare a dovere le voci in sala.
Siamo stati tra i primi a denunciare apertamente questo “tecnologico misfatto” , presagendo anche che il virus microfonico si sarebbe diffuso a macchia d'olio.
La cosa era evidentissima fin dal Prologo dell'opera, ieri sera. Le voci del Coro, schierato lungo tutto il palcoscenico, provenivano amplificate sia dal lato destro che dal sinistro della sala, mentre l'orchestra aveva il suo solito impatto sonoro, decisamente al di sotto. I solisti, soprattutto il basso protagonista e il tenore (rispettivamente Orlin Anastassov e Stuart Neil) cantavano perennemente collocati sui punti “x” quelli di massima risonanza, così che gli acuti di “Dai campi , dai prati” , della Ballata del fischio e delle tante, complesse frasi previste dall'autore, risuonassero poderosi e tonitruanti, tali da stupire il pubblico ma non le nostre sensibili e attente orecchie.
Durante l'intervallo abbiamo controllato la provenienza di questa valanga di suono: nei palchi di barcaccia (guarda caso!!!) , del I ordine e del III ordine, sia a destra che a sinistra, ecco delle magnifiche casse Bose (della premiata omonima ditta) , con un bel cavo che perfora la parete antica e gloriosa dei palchi stessi (orrore!) per raggiungere la zona 'calda' del palcoscenico e collegarsi a.....cosa?....Strano...dalla sala non si vedeva nulla, non un microfonino panoramico, non un cavo....possibile?
Poi, terminata l'opera, a luci accese il caso giunge in aiuto.Dopo i saluti agli artisti e le chiachiere in camerino si esce, ma non dal consueto percorso bensì dalla scorciatoia, attraversando il palcoscenico . Ed è lì che si scopre la magagna: ecco il lungo cavo nero, schiacciato ad arte lungo il bordo del proscenio, che termina sugli incriminati autori di tanta meraviglia vocale, i Re dei Decibel: due semplici ma potenti “ciabatte” , anch'esse scenografate di nero per confondersi con le tavole del palco. Del resto, basta cercare qualche informazione più dettagliata sui siti dedicati alla propaganda e alla vendita dei microfoni per scoprire che:
“Nella ripresa dell'opera lirica, normalmente l'orchestra si trova in buca e i cantanti sul palco. A causa di ovvi problemi di spazio e per particolari esigenze acustiche, la disposizione dell'orchestra in buca non è la stessa che si usa nella musica sinfonica. In generale, i microfoni devono essere disposti "a ventaglio" avendo come centro il direttore d'orchestra. Il numero di microfoni andrà scelto in base a quello degli strumenti, o delle sezioni strumentali, da riprendere.
Per l'opera lirica in palco, si deve far uso di microfoni direzionali a fucile appesi ad almeno 5 m da terra; un'ottima scelta a proposito è data dai nuovi CMIT-5U. Sul palco la soluzione ottimale è quella di utilizzare dei microfoni a piastra tipo BLM 03C: totalmente invisibili, hanno anche il vantaggio di essere particolarmente robusti qualora inavvertitamente vengano calpestati. Se ne possono disporre anche 6/8 lungo tutto il proscenio, equidistanziati. Si può decidere quindi di utilizzare altri microfoni a mezzo-fucile ai lati del palco.
Se ci sono una o più voci soliste, posizionate a sinistra del direttore, si può utilizzare l'asta attiva Schoeps che, oltretutto, ha anche un ottimo impatto estetico. La soluzione più diffusa è quella d'impiegare una capsula MK4g, un'asta obliqua attiva RC1200g con al termine il corpo microfonico CMC6, un'asta verticale RC250, una base BF 250 ed uno smorzatore in spugna SM270.”
Com'è facile notare la tecnologìa viene in soccorso di chiunque e appaga ogni necessità.
Già. E le voci?
Le voci sono amplificate, non le ascoltiamo così come in realtà sono e sarebbero ma falsate, e certamente aiutate.
Allo stato attuale si tratta di uno scandalo autorizzato. Per molti l'unica soluzione possibile per tentare di mantenere in vita l'Opera, per altri- forse i più nostalgici- un attentato alla verità del teatro e alle regole del Belcanto. Il dibattito è aperto. |
Sabato 13 Marzo 2010 08:21 |
Una cosa di cui tutto il mondo lirico americano sta parlando è il fatto che Sam Ramey (che come è noto sta cantando la parte di Leone in Attila al Metropolitan ) ha pubblicamente denigrato l'allestimento, facendolo in mondo piuttosto insolito: apponendo un commento ad una recensione dello spettacolo apparsa in un giornale di Dallas. All'inizio tutti pensavano che fosse uno scherzo, che qualcun altro si fosse firmato Samuel Ramey. E invece no, Ramey ha confermato che quel commentino l'aveva scritto proprio lui. Ha destato molto scalpore perché è rarissimo che un artista rilasci commenti negativi su un allestimento ancora in corso e di cui è parte. Sembra però che questa sia la sua ultima stagione al Met, per cui possiamo azzardare "aveva niente da perdere".
Questo è il commento: "It is unfortunate that for the Met’s first production of ATTILA they could not do a more “conventional” production. The sets and the costumes had nothing to do with the period of the opera or the characters. I know from having been at rehearsals that the director gave the singers nothing and the set prevented them from doing anything dramatically. The production is a fiasco! Samuel Ramey (I was the Pope)." Ha pure lasciato la sua email....che qui non riporto. L'allestimento di Pierre Audi con costumi di Miuccia Prada e scene del duo Herzog & de Meuron (gli architetti del nido olimpico di Berlino), a prescindere dal cambio d'epoca, è di una bruttezza indicibile, a mio parere. Quando si sono presentati sul palcoscenico i responsabili della mise-en-scène alla prima, il pubblico ha iniziato a fischiare e Muti (che pochi minuti prima era stato oggetto di una lunga standing ovation) è subito scappato via, anche in questo caso contravvenendo alla tradizione del Met che vuole che, in caso di contestazioni alla regia, il direttore rimanga sul palcoscenico per dimostrare il proprio sostegno. |
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