L'OPERA DI ROMA : ULTIMO ATTO?
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Lunedì 28 Luglio 2014 11:13


Leggiamo su  : Affari Italiani.it

Teatro dell'Opera, ultimo atto. Martedì si chiude il


 sipario:                   liquidazione


All’ordine del giorno della riunione del consiglio di


amministrazione la chiusura della fondazione. Non è mai


accaduto in Italia dal dopoguerra ad oggi. Pesano i contrasti


con i sindacati che vogliono annullare l'accordo dell'8 luglio



Venerdì, 25 luglio 2014 - 14:42:00
                        

Sul palcoscenico del Teatro dell'Opera di Roma viene rappresentata una tragedia che racconta di congiure, di intrighi e complotti: ma non è una messa in scena ma la vera e propria realtà. All’ordine del giorno della riunione del consiglio di amministrazione di martedì 29 c'è la liquidazione coatta della fondazione che gestisce il teatro lirico. In poche parole il fallimento, un fatto mai accaduto in Italia dal dopoguerra ad oggi. Nella prospettiva del sovrintendente Carlo Fuortes la nomina di un commissario che decida sul processo di liquidazione dei beni e delle risorse.

Fials e Cgil vorrebbero annullare l'accordo fatto con Cisl e Uil l'8 luglio scorso che ha sbloccato lo stanziamento di 5 dei 25 milioni di finanziamenti stabiliti dalla legge 112. Una richiesta ritenuta dallo stesso Fuortes come "irricevibile".

"Un passo della cronaca di una morte annunciata" dichiara il segretario generale della UILCOM Lazio, Alessandro Cucchi. “Le responsabilità sono chiarissime – prosegue – Alcuni sindacati che rappresentano la minoranza degli iscritti del teatro hanno prima fiancheggiato una gestione che ha causato il pauroso dissesto e poi dimostrato preconcetta avversione nei confronti di chi era stato chiamato a salvare l’Opera dal baratro. Di fronte allo sforzo della maggioranza dei lavoratori e di chi li rappresenta per affrontare gli accordi necessari all’inversione del trend e all’accesso ai fondi previsti dalla legge Bray, di fronte all’impegno per garantire a tutti i lavoratori i livelli salariali conseguiti, di fronte alla ricerca di razionalizzazione dei costi a partire da un robusto sfoltimento dei contratti di collaborazione, c’è chi ha detto no. Prima al tavolo, poi con un’incomprensibile raffica di scioperi che hanno causato ulteriori danni sia all’immagine che alle casse del teatro”.

Sotto accusa la sospensione degli spettacoli lo scorso 14 luglio: su quella manifestazione pende una richiesta di risarcimento di 63 mila euro alle sigle sindacali. In questo clima l'assemblea dei soci si riunirà martedì prossimo e solo allora si capirà se il prestigioso sipario della lirica romana sarà messo in liquidazione coatta.

 

 

Queste   sono  le  notizie che  circolano . Vere?  False? Vedremo.

L'informazione ci ha  ormai abituati all'abuso della medesima e

non possiamo sapere quanto vi sia  di pilotato,  di abilmente  o

goffamente voluto  e  soprattutto a  qual  pro.

Le  mie considerazioni  si  limitano a un discorso  più  generale.

Da  quando  frequento  l'Opera  di  Roma,  prima  come  appassionato

poi  come  persona  "a  conoscenza  dei  fatti"  , per  usare  un

termine  caro alle  Procure, ho  sempre  e  solo  notato la  sua  natura

istituzionale che  lo avvicina pericolosamente  più alla  connotazione

di un  "ministero"   che  di  un  "teatro".  Un  TEATRO  dovrebbe

far  Arte  e  non occuparsi di impicci e  imbrogli di  ordine  politico.

Un Teatro con la  T  non  può e  non deve  essere  il campo di battaglia

di troppe  sigle sindacali, TROPPE.  Queste  , dell'Opera  di  Roma,

non sono normali vertenze  ma  somigliano alle  baruffe chiozzotte,

alle  farces  cocasses  di  Feydeau. Tra  l'altro...molto mal recitate.

Quel che arriva  al  pubblico  è  solo una  squallida, gigantesca

confusione  e  un messaggio odioso  , tra  tutti: in italia (scusate ma

sono costretto dalla mia indignazione a usare le  lettere minuscole)

a nessuno importa  NULLA  della  Cultura.

 

                           politici_rissa

Invito  tutti  a  osservare da  CHI  siamo governati.  Avete mai 

ascoltato una  diretta  dal  parlamento  (anche  qui minuscolo)?

Vi si esibiscono  politici  per  lo  più  sgrammaticati e   con accenti

vernacolari, taluni persino  indecifrabili se  non dai  rispettivi

paesani. Costoro  sono quelli che  portano, con le  loro scellerate

decisioni, alla  morte della  Cultura  e  alla  chiusura  dei teatri,oltre

a  regolare  malissimo i destini delle nostre  vite  e  della nostra

nazione.

Non dobbiamo stupirci  più  di nulla:eventualmente  soltanto dei

voti che allegramente fluiscono nelle  urne elettorali.

Pensateci  bene  quando  andrete, la  prossima  volta.

 

             teatri_chiusi

 
Addio a CARLO BERGONZI
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Sabato 26 Luglio 2014 08:56

                                                      bergonzi_busseto

 

 

Apprendo ora la morte di Carlo Bergonzi. Uno a uno,seguendo le inesorabili regole della

nostra esistenza,spariscono i nostri eroi e altri ne affiorano ,si auspica seguendo le tracce

dei Grandi.

                         

 

Bergonzi è stato un Grande per davvero,instancabile cantore del Verbo Verdiano,maestro

dei fiati lunghi e del legato,soprattutto straordinario e forse ultimo Re del Canto

Morbido,che è una qualità rarissima e SANA,propria di numi tutelari come

Gigli,Pertile,Fleta per fare qualche nome.Un tipo di canto basato sull'attacco dei suoni

dolce e sul sostegno costante di ogni frase,per riempire le più vaste platee d'un suono

bello e giusto.Bergonzi è stato anche un uomo schietto,semplice ,figlio d'una terra che ha

prodotto alcune delle più belle e importanti voci di sempre e alla sua terra è rimasto

legato con un costante affetto atavico.

 

Verdi  la  sua  costante, il suo asso nella manica ma  non solo  perchè  nato  a  pochi

passi  da  Busseto. Soprattutto  perchè in grado  di dominarne le  tessiture e rispettarne 

le  dinamiche, dal pianissimo all'accento  eroico, facendo di  Don Alvaro, Radames,

Manrico, Riccardo, Rodolfo in Luisa  Miller, Jacopo Foscari, Oronte   i  suoi  cavalli di

battaglia  nei  teatri di  tutto  il mondo, oltre a  una vastissima produzione discografica.

 

Oltre a  Verdi  un Puccini  straordinario, rivelatore di infiniti dettagli: Mario  con la  Callas,

un Des  Grieux  indimenticabile  con Schippers al  Met  e  così  Rodolfo, cantato in

tono...e  persino  Calaf  con la  Nilsson.

 

                          

 

Com'era  dal  vivo la  voce  di Bergonzi?  Mi rivolgo a  coloro che  non abbiano avuto la 

ventura  di ascoltarlo  in teatro: voce "teatrale"  avrebbe  detto  Corelli, cioé  che  corre  in

ogni  dove e  riempie  la  sala  senza  spingere, senza  urlare, senza  pressare  il  fiato 

ma  sul  fiato  facendo galleggiare  il suono. Una  voce  che, proprio  perchè  emessa in

maniera  esatta,  suonava  enorme, avanti, persino tonante a  tratti. Il  timbro era 

naturalmente scuro  ma  non  caricato, forzato, e sulle  mezzevoci  assumeva una  calda

pastosità, un velluto  che  riportava ai  grandi interpreti  storici.

Quali  i  dischi da  ascoltare?  Tutti. Ma  in particolar  modo  consiglio  il  cofanetto

realizzato dalla  Decca  con  tutte le  arie  verdiane, la  Luisa  Miller, la  Traviata  con la

Caballé, il Ballo in maschera , il  Trovatore  diretto da  Serafin, lo strepitoso  Andrea

Chénier  dal  vivo, la  Manon Lescaut  e la  Bohème con Schippers  dal  vivo al  Met,

la  Norma  incredibile di  New  York  con la  Sutherland, la  Lucia  di  Lammermoor

con la  Moffo, l'Elisir  con la  Scotto, i Lombardi con Aprile  Millo, l'Ernani con la

Price, la  Tosca  con la  Callas, la Giovanna  d'Arco con la  Tebaldi, la  Forza  del

destino... il  Werther, un'altra  lezione  magistrale....il  Requiem  di  Verdi...i Pagliacci

e la  Cavalleria  con Karajan...sono tutti dischi  dove c'è  da  imparare  e dove  ogni frase 

sembra  giusta, libera, facile.

 

                          


 

Con lui alcune delle più belle trasmissioni della Barcaccia,belle e UTILI,culminate in un

concerto/omaggio per i suoi 80 anni negatogli dall'Opera di Roma e che io volli realizzare

,totalmente auto sovvenzionato,presso il Teatro Ghione.In quell'occasione,davanti a un

pubblico sbigottito per la strabiliante forma vocale,Bergonzi canto per due ore alla sua

maniera...legando,modulando,esprimendo la gioia e la purezza del canto

LIBERO.Terminò con "Niun mi tema" ,dall'Otello,l'opera del grande rammarico non

avendola mai voluta cantare in teatro in omaggio al collega Mario Del Monaco,che lo

lanciò al Met cedendogli due recite.Robe di altri tempi,si dirà.Spero che questi tempi,un

pò avari di genialità interpretative e tecniche come quelle di Bergonzi,facciano tesoro di

questi lasciti.Parlando con i figli,che saluto con immensa commozione,qualche giorno fa a

Busseto ,seppi che pur lucidissimo ,il Maestro ricoverato a Milano si sentiva " finito"

perchè non poteva più camminare,lui abituato a brandire la spada di Radames o di

Manrico.Per un artista come lui,che ha macinato recite su recite,sempre in pista fino

all'ultimo,questo stato era il chiaro preannuncio della brutta notizia di oggi.Per me,per noi

che amiamo l'Opera,la morte fisica è solo un dato per chi ama le cronologìe,così come la

nascita.Bergonzi,da tempo,è nella Storia del Grande Canto,e a lui mi sento solo di dire

"Grazie".

 

                       


 
Domingo, l'Arena e la pioggia
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Venerdì 18 Luglio 2014 01:16

                                 domingo_arena              

 

Arena gremita in ogni ordine di posti, come mai si era visto finora, per festeggiare il

ritorno del divo Placido in veste baritonale, per un programma un po' “noir” che partendo

da Traviata sarebbe giunto ai Due Foscari passando dal Ballo in maschera. Dico

'sarebbe' perchè Giove Pluvio ha interrotto le danze dopo le prime due selezioni,

scatenandosi in un nubifragio che ha suggerito di interrompere lo spettacolo. Dobbiamo

cominciare ad abituarci ,noi italiani e direi anche i numerosi turisti attratti dal “paese d'o

sole” : il clima è monsonico e l'estate è attesa per settembre.

 

                           domingo_verona1

 

Tuttavia chi avesse voluto gustarsi Domingo anno 2014 è stato ampiamente

accontentato. Baritono non lo  né mai lo sarà. Non lo è per colore, per cavata, per

“ampleur” e nemmeno lo è per sbaglio: i passaggi sono quelli del tenore, dopo quasi

sessant'anni di carriera non si può pretendere un cambiamento così radicale. Detto con la

massima sincerità e ammirazione per questo artista che più volte ho giudicato un “alieno”

, avrei preferito una selezione di zarzuelas in chiave tenorile, magari con qualche aria

abbassata se c'era il timore del si bemolle assassino, ma non questo programma così

triste e un po' casuale. Il duetto della Traviata, l'aria “Di provenza”, poi “Eri tu” e la scena

della congiura, poi un'ampia selezione dei Due Foscari....sono momenti

drammaturgicamente giustificati dalla scena e poco adatti alla versione da concerto, per

di più con l'orchestra schierata sul palco, senza il benché minimo spazio per dare sfogo

alla recitazione e alla ben nota arte scenica del Nostro.

 

Tuttavia di Domingo si apprezza ancora la musicalità, il fraseggio e persino il volume,

quando il fiato gira nel modo giusto e il numerosissimo pubblico è lì per lui, richiamato dal

Mito.

 

                                domingo_tola

 

Bellissime sotto il profilo vocale le prestazioni degli sparring partners, a cominciare da un

magnifico Francesco Meli nell'aria e cabaletta di Alfredo, cesellata a regola d'arte, e da

una delicata e commovente Virginia Tola, soprano di bellissimo timbro e raffinata

emissione, che in “Dite alla giovine” e in “Morrò ma prima in grazia” ha regalato i momenti

magici della serata. Ottima  e  partecipata  la  direzione  di  Daniel  Oren, che  ha

esibito  una  gamma  eccezionale di  colori  come  già  aveva  fatto  con la Turandot

della sera  prima  e  un appassionato  "canto"  orchestrale, soprattutto  nel

Preludio  atto I  di Traviata  e  nel Preludio del  Ballo in maschera, oltre che  nel

seguire  arie  e  duetti.

 

Si aspettava Amarilli Nizza come Lucrezia Contarini...ma l'uragano ha avuto la meglio su

tutti, confermando una consuetudine areniana che vuole il nome di Domingo abbinato ai

capricci del tempo.

 


 
ARENAdi VERONA, AIDA e TURANDOT UNO-DUE
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Mercoledì 16 Luglio 2014 23:41

In gergo pugilistico si direbbe uno-due: l'Arena assesta due colpi vincenti proponendo

l'Aida nouvelle vague con l'allestimento della Fura dels Baus e la Turandot favolosa di

Franco Zeffirelli, giunto questa sera a raccogliere i meritatissimi applausi.

      aida_verona1         turandor_zeff3

E' un confronto ravvicinato tra due modi diversi di concepire lo spettacolo operistico: da

un lato il lavoro meticoloso e immaginifico del gruppo spagnolo, che trasforma l'omaggio

al Kedivé d'Egitto in un gioco caleidoscopico di effetti, luci, macchine a volte macchinose,

comunque soluzioni sempre coinvolgenti e laboriosamente meditate; dall'altro la grande

favola raccontata da un Maestro che ha segnato con le sue produzioni la Storia

dell'Opera e che trova proprio in Turandot il terreno ideale per il suo gusto pittorico,

scenografico, coreografico, strappando più volte applausi a scena aperta.

 

Continuando con la metafora pugilistica, direi che ai punti ha vinto Zeffirelli. La scena in

cui si aprono i pannelli che fungevano da mura di cinta della città di Pechino , mostrando

la città che custodisce Turandot e la sua corte, con quelle meravigliose ancelle rosa che

paiono una nuovola di cipria in mezzo all'accecante bagliore dorato...solo quella scena

vale tutto lo spettacolo e difatti strappa, caso rarissimo, ben DUE applausi a scena

aperta. E' un capolavoro davvero, frutto di un gusto raffinato e d'un lavoro che somiglia

più a quello d'un pittore: è tale un grande regista è...un pittore e un narratore CHIARO. La

Turandot di Zeffirelli vola via in un battibaleno perchè è bella, scorrevole, piacevole;

lasciando il teatro i volti degli spettatori sono sorridenti, felici, gli applausi torrenziali, i

flash dei vari Ipad e dei cellulari sono una festa nella festa: questo è Teatro, con la T.

Ogni tanto, credetemi signori, FA BENE ripassare un po' di teatro vero, dopo il profluvio di

cazzate (perdonerete il termine poco politically correct ma, come sapete, sono allergico a

questa ipocrita forma di buonismo ) da cui spesso siamo afflitti.

 

      turandot6

 

Dell'Aida proposta dalla Fura dels Baus ricorderemo le straordinarie dune, ottenute con

teli gonfiabili e un gioco di luci eccezionale, che finalmente hanno risolto l'annoso

problema della parte retrostante il palcoscenico, condannata alle tenebre (come nel Ballo

in maschera di Pizzi, per esempio) o tutt'al più affastellata di scenografie non sempre

riuscitissime. Molto interessante anche il gioco mimico dei ballerini e delle comparse,

volto a commentare in modo sapiente e mai banale ogni momento di ogni quadro, quasi

senza sosta. Molto bello anche il Nilo, realizzato con un interessante percorso acquatico,

e la processione infinita di uno stuolo di comparse munite di globi luminosi per tutta

l'Arena fino ad arrivare in cima. Insomma un'Aida dove non ci si annoia mai e dove si

avverte l'amore per il proprio mestiere e il senso forte dello spettacolo.

Rispetto agli eccezionali costumi di Emi Wanda  per  Turandot,  quelli  di Chu  Uroz

sfiguravano abbastanza, ma  è  come paragonare Messi  con Balotelli.

 

       aida_fura3

 

Le voci.

 

Ho trovato straordinaria la prova di Hui He come Aida, cantata con timbro vellutato e con

tecnica sicurissima, dal pianissimo al fortissimo; così anche Ambrogio Maestri, roccioso e

tonante Amonasro in stile “vilain” , padre un po' troppo rude forse ma che con il suo

vocione riempie l'Arena. Bene Lucrecia Garçia come Amneris, anche se il personaggio

era un po' troppo statico; Walter Fraccaro dà sicurezza e risolve molto bene il finale, con

morbide mezzevoci, ma quando sale all'acuto schiaccia i suoni su una fastidiosa “e”, così

il “trono vicino al sol” tende a diventare un “treno vicino al sel”, in vernacolo vagamente

barese. Ottima la coppia dei bassi e il Messaggero di Saverio Fiore. Sul podio uno

schematico Kovatchev, che cerca di portare a casa il risultato senza grandi finezze ma

con qualche imprecisione qua e là.

 

              aida_fura5

 

In Turandot tutto il cast italiano (caso ormai rarissimo), dalla protagonista, Tiziana Caruso,

di voce forte e tagliente, ogni tanto intimidita dai punti nodali (“quel grido” , il si un po'

troppo “gridato”) ma alla fine imperiosa; Marco Berti, dimagrito e baldanzoso, che gioca i

suoi assi nella quantità della voce e sui azzeccati pianissimi (“il mio nome non sai...”) ,

bene anche sugli acuti che hanno squillo (ma il famoso “vincerò” stavolta un po'

calantino); il soprano Rachele Stanisci come vigorosa Liù, per nulla svenevole o leggera

(come  talvolta capita di sentire) ma direi piuttosto una Tosca in trasferta a Pechino, molto

meglio nella seconda aria che nella prima e molto meglio nel canto spianato che nei

legati a mezzavoce;ottimo il basso Giuseppini, che ha strappato un grande applauso

dopo l'acuto di “si vendicherà” prima della trenodìa funebre di Liù. Bene le 3 maschere, in

particolare Saverio Fiore che emergeva su tutti come Pang e ça va sans dire un vero

“fulmine di guerra” Antonello Ceron come Imperatore, per nulla intimidito dalla didascalìa

pucciniana che lo vorrebbe tremulo e senescente, si è invece prodotto in una versione

Viagra dell'anziano Altoum. Una segnalazione a parte merita il perfetto Mandarino di

Gianfranco Montresor. Daniel Oren sul podio , da par suo, ha trasformato l'orchestra in

uno strumento duttile e pieno di colori, con una dinamica sempre ricchissima e

coinvolgente.

 

                             turandot7

 

 

In entrambe le recite Coro e Orchestra straordinari, sia per la tenuta sia per lo smalto

timbrico e la precisione. A loro anche gli applausi convintissimi del pubblico. Domani

tocca all'alieno Placido Domingo, che si esibirà in un Galà estremamente impegnativo,

interamente verdiano .

 


 


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