Silvia Casarin Rizzolo è la prima donna che salirà sul podio per dirigere la Nona Sinfonia di Beethoven al Teatro Antico di Taormina, il 15 agosto 2015 , concerto inaugurale del festival Taormina Opera Stars, e la Traviata di Verdi, il 18 agosto.
Silvia Casarin Rizzolo inizia giovanissima lo studio del pianoforte, a sedici anni quello della Direzione d'Orchestra con Ludmil Descev (Direttore dell' Opera di Stato di Sofia) e della Composizione con Fabio Vacchi. Debutta come Direttrice all'età di diciotto anni dirigendo l'Orchestra di Sofia in Tournée in Italia. Continua lo studio della Direzione d'orchestra con il M° Gustav Kuhn frequentando i suoi corsi Milanesi con l'Orchestra dei “Pomeriggi Musicali”, e con il M° Myun-Whun Chung all'Accademia Musicale Chigiana di Siena. Nel 1996 si Diploma in Pianoforte al Conservatorio Benedetto Marcello sotto la guida di Giorgio Vianello con il Massimo dei Voti e la Lode. Dal 1996 al 1998 studia Direzione con il M° Piero Bellugi frequentando i suoi corsi di Alto Perfezionamento a Firenze. Segnalata dal M° Bellugi come nuovo talento, nel 1998 vince la Borsa di Studio del “Lions Club”. Nello stesso anno si Diploma Brillantemente da Privatista in Direzione d'Orchestra e Composizione al Conservatorio G.Verdi di Milano con due anni di Anticipo sul corso di studi. Nel 2000 incontra il M° Claudio Abbado a Ferrara per la produzione di “Così Fan Tutte” di Mozart e da allora inizia con il Maestro una attività di studio e di collaborazione che continua poi a Berlino per la “Grosse Messe” k. 427 di Mozart e in seguito a Salisburgo per la produzione di “Simon Boccanegra” di Verdi. Nel 2003 durante una tournée della Israel Philarmonic Orchestra incontra il M° Zubin Metha che la invita a collaborare con lui nelle due produzioni di Otello di Verdi e Nozze di Figaro di Mozart al “Teatro del Maggio Musicale” a Firenze. Dal 1995 ha una speciale corrispondenza epistolare con il M° Carlos Kleiber che conosce alla Scala e da allora diventa suo Maestro e punto di riferimento più speciale, dandole ogni sorta di consigli tecnico-interpretativi prima di ogni concerto o opera.
Domanda ovvia e un pò scontata: perchè i direttori d'orchestra sono principlamente
uomini?
E' un retaggio storico dovuto soprattutto alla mancanza di modelli. Noi donne
abbiamo come esempi gli uomini, veniamo dopo, siamo delle pioniere nonostante
vi siano state e vi siano donne bravissime in questa attività. E' un lavoro molto
faticoso, non si pensi a qualcosa di semplice: non vi sono orari, lo stress è a livelli
altissimi, il riposo poco, i viaggi continui, ci vuole un fisico e una salute speciali.
Poi, per le donne si tratta di compiere una scelta di vita precisa, rinunciando alla
classica impostazione “familiare”, con obiettivi molto egoistici. Per me , tuttavia,
non è mai stata una rinuncia:io adoro questa professione, che -ripeto-non è per
tutti. Con questo non vorrei passare per una persona arida e insensibile,
tutt'altro, sono una inguaribile romantica e credo profondamente nei valori
della famiglia e nel rapporto tra uomo e donna.
L'ambiente artistico è ancora pieno di tabù?
Le difficoltà ci sono e sono tante. Ti devi inventare tutto, a partire dalla scelta dei
vestiti: abito lungo? Giacca e pantaloni? Non abbiamo che problemi da risolvere,
certo assai meno delle prime donne direttori d'orchestra che , poverette, sono state
pioniere in tutto e per tutto. Oggi c'è una notevole apertura, il miglioramento è
tangibile ma devo ammettere che ho avuto situazioni delicate anche con orchestre
molto importanti.
Le armi 'femminili' in casi come questi servono o no?
No, non servono a niente. Sono armi molto pericolose, invece. Far musica è un
lavoro molto serio , difficile e importante in cui occorre autorevolezza ma non
autorità.
Sei obiettivamente una donna molto bella, davvero non ti è servito?
Affatto! Anzi: è stato un grande problema per me. Figurati che sono persino felice
che gli anni stiano passando. Se ricordo i miei inizi...sono stati difficili per non dire
terribili. La bellezza può diventare una barriera, un ostacolo insormontabile in
questo mestiere. La gente pensa immediatamente “ E' bella...ok...ma è brava?”. Se
una è brutta deve essere brava per forza...ma una bella..no.
Perchè hai scelto questa strada, com'è nata la passione per la direzione d'orchestra?
Tutto è nato per un incidente. La mia passione principale era per la danza classica,
già a nove anni ero bravissima e dovevo iscrivermi all'Accademia della Scala. Poi,
un malaugurato giorno caddi in bicicletta procurandomi un trauma cranico e un
mese di ospedale, fu una tragedia: i medici mi dissero che sarei dovuta restare
ferma sei mesi, senza più muovere un passo. In quei sei mesi decisi di imparare a
suonare il pianoforte e fu proprio la mia insegnante, dopo tre mesi di lezioni, che
mi fece la fatidica domanda: “Ma tu, da grande, cosa vuoi fare?” e io, senza
pensarci su risposi “ Il direttore d'orchestra!”. Avevo 12 anni e non so perchè dissi
così...fu una specie di illuminazione.
Scorrendo il tuo curriculum spicca l'amicizia personale e le lezioni con Carlos Kleiber, il
mito assoluto...com'è nata questa amicizia?
Tu sai bene che è l'allievo che sceglie il Maestro...Tra i video che ho consumato vi è
quello di Kleiber alle prese con la Quarta e la Settima di Beethoven, dopo averlo
visto la prima volta restai ipnotizzata, sentii subito un 'ondata di stima e di amore
per questo Genio. “Devo conoscerlo!” mi dissi e iniziai le ricerche. Certo, cascavo
male, proprio lui che era noto per essere il più schivo e riservato tra gli
artisti...inavvicinabile, inafferrabile. Andai a Vienna, chiesi di lui a destra e a
manca...niente...poi setacciai la Svizzera, in lungo e in largo...nessuna traccia. Mi
prendevano per matta. Finalmente lessi di un Premio che gli sarebbe stato
consegnato alla Scala, a Milano. Mi informai..seppi che la cerimonia si sarebbe
svolta di mattina, presto, per esplicita volontà di Kleiber che evidentemente voleva
evitare curiosi, fans e quant'altro. Arrivai a Milano all'alba, mi appostai all'ingresso
artisti e attesi speranzosa. C'era una vecchietta che mi guardava, incuriosita, poi si
avvicinò e iniziò a chiedermi chi fossi, perchè ero lì. Io le raccontai della mia
ammirazione per il Maestro e della volontà assoluta di potergli parlare , anche solo
un istante. Quella vecchietta era la vedova del grande Gino Marinuzzi, un altro
sommo direttore d'orchestra. Mi prese in simpatia e mi fece entrare con lei, da non
credere. All'interno del Teatro mi trovai a tu per tu con Carlos Kleiber, lo salutai , gli
manifestai la mia ammirazione e gli consegnai una lettera. Lui mi ascoltò con molta
disponibilità , nonostante Cristina Muti cercasse di trascinarlo via, e mi disse
testualmente : “Vedo nei tuoi occhi belle cose...io leggerò questa lettera e tra una
decina di giorni ti risponderò”.
E così avvenne?
Puntualmente, dopo 10 giorni esatti mi arrivò a casa la lettera di Carlos Kleiber, la
prima di una lunga corrispondenza. Lettere straordinarie, dove fioccavano preziosi
consigli, confidenze . Kleiber era un uomo molto insicuro, non usciva mai di casa,
non insegnava, era diffidente, molto solo, strano...”Tu mi scrivi in inglese e io ti
rispondo in italiano” , mi diceva , “ così io imparo la lingua, tu mi correggi e io ti
insegno a distanza”. Potete immaginare come mi sentivo...
Hai mai pensato di rendere nota a tutti questa corrispondenza?
Non lo farei mai, sarebbe come tradire la sua fiducia. Una volta mi disse :” Tu mi
hai scritto la più bella lettera che io abbia mai ricevuto”. Sono cose personali , non
potrei mai profanarle.
Hai lavorato anche con altri grandi: Abbado, Mehta...quali le differenze?
Kleiber era un Genio astratto. Mi diceva “Non battere il tempo...è il tuo fisico a
determinare un tipo di suono”, lui era proprio ossessionato dal non dover battere il
tempo. Abbado era diverso: il fraseggio, l'eleganza. Io studiai poi con Bellugi, che
era magnifico per insegnarti la tecnica . Abbado approfondiva molto l'aspetto
interpretativo. Lo conobbi grazie al Maestro Fabio Vacchi, con cui studiai
composizione a Venezia. Fu lui a mettermi in contatto, e devo dire che i due anni
con Abbado sono stati entusiasmanti. Un vero signore, mi dava sempre del Lei, mi
portò a Berlino a lavorare con i cantanti. Lui stava già male e non poteva affaticarsi
troppo sul palcoscenico. Con i Berliner, devo dire, c'era una tensione terribile, un
rapporto durissimo. Proprio nel momento in cui lui avrebbe avuto più bisogno, i
professori si fecero cattivi, antipatici da non credere. Il Simon Boccanegra di
Salisburgo fu qualcosa di straordinario, poi le sue condizioni peggiorarono e non
ebbi più modo di continuare questa incredibile esperienza.
Mehta è diverso, come diverso da Abbado è il rapporto con le donne. Dirige a
memoria anche lui ma spesso senza nemmeno conoscere il pezzo! Non ha mai
tempo per studiare. Ecco...Mehta è talento puro. Lui dice : “Se l'orchestra è
brava...tu devi imparare a fidarti”. L'esatto opposto di Kleiber. Devo dire che è bello
vedere e scoprire gli approcci diversi di questi grandi. Mehta è inesauribile:
dirigeva a Firenze l'Otello e aveva una sola giornata di riposo. Tu pensa: si sarà
riposato? Macché!! Saltò sull'aereo privato per andare a dirigere una recita di
Falstaff a Monaco!
Quali sono i tuoi autori preferiti?
Faccio prima dire cosa non amo particolarmente: la musica contemporanea e
l'operetta (che pure ho diretto). Io adoro lavorare con la voce, con i cantanti, un
lavoro molto complesso ma esaltante. Del repertorio sinfonico amo molto Brahms,
Ciaikovskij, Schumann, le composizioni con grande organico. Ho una passione
enorme per Puccini, che è molto nelle mie corde.
Il debutto a Taormina, come lo vedi?
E' un'occasione grandiosa che mi dà tanta gioia. Taormina è uno dei luoghi più belli
che esistano e io adoro il Sud. Diciamo che sono una veneta molto particolare, per
me quello è un luogo magico. Seguendo il tracciato delle notizie ho visto che avete
lavorato benissimo per creare un Festival nuovo, fresco, con tanti giovani e tanto
entusiasmo intorno. Sono molto felice per questo !