CAROSELLO NAPOLETANO
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Lunedì 02 Marzo 2015 18:43

                                                                   pulcinella

 

 

Tutto  parte dalla  lotta  per  la  Sovrintendenza  del  Teatro  San  Carlo di  Napoli  e  da 

una  notizia  che  coinvolge  Placido  Domingo, il compositore Sergio  Rendine e  il 

Sindaco  De  Magistris.  Una  lettera di  raccomandazione, meglio sarebbe dire  un 

biglietto, che  il celebre  artista  spagnolo avrebbe  indirizzato   al  Sindaco  per favorire,

caldeggiare,  la  nomina  del  maestro  Rendine.

Domingo, secondo  quanto  pubblica  il Mattino  e  altri  giornali, smentisce  la  lettera  di

raccomandazione  indirizzata   al  Sindaco  di Napoli   De  Magistris, in favore di Sergio

Rendine, candidato alla  Sovrintendenza  del Teatro San  Carlo. "Rendine? Non l'ho mai

conosciuto...".




«Alcuni quotidiani hanno riportato la notizia di una lettera firmata di mio pugno in cui avrei portato alla Sua attenzione la candidatura del Maestro Rendine alla Sovrintendenza del Teatro San Carlo, appoggiandola apertamente. Questa lettera da me non è mai stata scritta: non conosco il Maestro Rendine né personalmente né come musicista...». Così il grande Placido Domingo, con una lettera al sindaco De Magistris, esclude ogni «endorsement» a favore di Rendine. Intanto spunta il nome di Laurent Spielmann, direttore dell’Opera de Lorraine a Nancy. E in una lettera i lavoratori del San Carlo fanno appello a Zubin Mehta: «Resti accanto a noi».

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SUL MATTINO DIGITAL
domenica 1 marzo 2015

 

 

Un  finta  raccomandazione?   Scritta  da  CHI?  Eppure su  "Repubblica" a

firma  Conchita  Sannino si  era  letto il  23  febbraio scorso  : " Una storia che, si scopre,

spinge un artista di fama mondiale come Placido Domingo a scrivere una lettera al

sindaco de Magistris per testimoniare vicinanza a Napoli e al maestro Sergio Rendine,

compositore e direttore artistico, cui sembra che il primo cittadino stesse pensando, in

una rosa di nomi, come successore della sovrintendente Purchia. Parole appassionate di

incoraggiamento, quelle di Domingo che al Comune avrebbero accolto con particolare

piacere: «Caro sindaco, complimenti per quello che fai per Napoli. Stimo molto il Maestro

Rendine. Verrò a Napoli, con piacere, per te, e per lui».  Ora  Domingo smentisce

categoricamente. Chi mente?

 

                                         domingo_cyrano

La  trama si infittisce  andando a  leggere sulla  pagina  Facebook  di  Rossella  Nobilia ,

responsabile  delle relazioni istituzionali del Parco della Musica di  Roma  ed  ex  moglie 

dello stesso Rendine, quanto  pubblicato  oggi  e  cioé:


"Riporto di seguito per AMORE DELLA VERITA' la replica di Sergio Rendine alle gravi

accuse in merito a una presunta amicizia con Placido Domingo che avrebbe

raccomandato al sindaco la nomina a sovrintendente al Teatro San Carlo di Napoli:


In nome e per conto del Maestro Sergio Rendine, si chiede l'immediata rettifica urgente e

con garantita visibilità riguardo all'articolo a firma Davide Cerbone con il titolo "Finta

raccomandazione di Domingo",pubblicato il 1/03/2015 dal MATTINO DI NAPOLI alle

pagine 1 e 16, e nel quale viene diffamata la figura professionale del Maestro Rendine,

con indicazione di assoluto spregio di una non veritiera lettera inviata dal Maestro Placido

Domingo al Sindaco di Napoli.


Sul punto si chiede l'immediata pubblicazione della seguente dichiarazione da parte del

Maestro Sergio Rendine:


"A Napoli si può morire. E non solo per un colpo di pistola. Rimango sempre più

sbalordito e disgustato dalla campagna di fango costruita ad arte contro di me. È la prima

e ultima volta che intervengo personalmente. Da questo momento parleranno solo i miei

legali. Addirittura, nell' articolo del 1 marzo sul Mattino di Napoli, si sostiene che io sarei

sponsorizzato alla Sovrintendenza del San Carlo, anche da un mai troppo rimpianto

Claudio Abbado, cioè da un defunto. Questo qualifica chi lo scrive sopratutto senza darmi

il diritto di replica, contro ogni deontologia professionale. E si riapre ancora una vicenda

già smentita dai miei legali ieri sullo stesso quotidiano.

In merito al presunto "Falso Domingo" (sembra un quadro) posso solo dire, in questa

delicata situazione, delicata per le conseguenze gravissime che avrà, che, per la tutela

del mio nome, è nelle sedi opportune che si vedrà cosa è frutto del vero e cosa è frutto

del falso.

Mi preme comunque sottolineare che per il San Carlo pensavo ad una competizione,

anche dura, ma non ad una sporca guerra fatta di calunnie e diffamazioni che, prima di

essere riportate alla verità, ottengono comunque quell'effetto devastante voluto. Napoli

non merita questo, ma soprattutto non me lo merito io.

Sergio Rendine"

 

....e appaiono sulla stessa pagina....tre documenti che 'inchioderebbero' Domingo: una

foto con lo stesso Sergio Rendine (quindi lo ha conosciuto!), il biglietto incriminato con la

firma Placido Domingo e un piano prove del Macbeth a Berlino, dove sarebbe avvenuto il

fatidico incontro tra Domingo, Rendine e altri due misteriosi personaggi, qualificati come

direttori d'orchestra amici del grande baritenore spagnolo.

 

     domingo_rendine

             (Sergio Rendine    &  Placido  Domingo)

 

 

domingo_lettera       domingo__lettera2

 

 


SECONDO VOI CHI MENTE? QUALE PUO' ESSERE LA SOLUZIONE DEL GIALLO?

Dite la Vostra prima del plastico di Bruno Vespa!

Intanto il Sindaco di Napoli, stufo di tante baruffe, ha indetto un bando internazionale per

la Sovrintendenza del San Carlo: meglio uno straniero...

Imbattibile il commento sulla pagina degli Amici del San Carlo: "Per il San Carlo vogliamo

da Mehta in su!". E chi c'è oggi più in su di Mehta??....ma questo è un altro mistero.

 

 

                                       mistero

 


 
PAPPANO PORTA AIDA AL TRIONFO
News
Sabato 28 Febbraio 2015 00:37

                                          pappano

Fin dal delicatissimo e trasparente attacco del Preludio si è capito dove sarebbe

approdata l'Aida concertata da Antonio Pappano , in un continuo caleidoscopico gioco di

colori, nuances, suggestioni affidate alla straordinaria Orchestra di Santa Cecilia e al

magnifico Coro. E' la migliore Aida dal vivo che io abbia mai ascoltato, un'esperienza

formidabile e rivelatoria al tempo stesso, rispettosa e coinvolgente: Verdi, dal suo

Empireo, ringrazia.

 

Intanto una tensione continua, con le scene che si succedevano senza soluzione di

continuità, come un unico grande discorso iniziato dal pianissimo dei violini divisi in

sordina e concluso dal pianissimo in morendo dei violini all'ottava sopracuta, senza mai

trascurare anche l'aspetto guerriero e trionfalistico delle scene d'assieme, con la banda

della Polizia collocata sulla gradinata alta e le canoniche trombe per la Marcia. Una festa

di suoni “belli” , ben suonati, con tempi giusti, teatrali e con una compagnìa di canto

formata quasi tutta da esordienti nel ruolo.

 

La protagonista , Anja Harteros, aveva cominciato benissimo, con bellissimi fraseggi in

pianissimo e una moltitudine di colori, ma via via si è stancata, crollando nei “Cieli azzurri”

e nel IV atto. Note fisse, parecchie stonature, un terribile si bemolle finale più simile a un

miagolìo disperato....una prova da dimenticare, ed è un vero peccato perchè Pappano

aveva riservato a lei gli accompagnamenti più sofisticati.

                                                              pappano_aida__kaufmann_harteros

Jonas Kaufmann, attesissimo, si presenta in piena forma e con spavalda sicurezza

supera il tremendo ostacolo del “Celeste Aida” , il migliore che io abbia mai ascoltato in

una esecuzione dal vivo: intanto l'assoluto rispetto di tutti i segni previsti da Verdi

compreso il si bemolle “morendo” , in un clima di estatica poesia. Con piacere ho notato

che sono stati limitati al minimo quelle note poco appoggiate che spesso costituiscono il

tallone d'Achille del tenore tedesco e che la voce ha acquistato sonorità nel suo

complesso. Ottima tutta la parte acuta, soprattutto nel III e IV atto, mentre nei concertati

del II veniva talvolta  coperto  dall'orchestra di Pappano.

 

Amneris era Ekaterina Semenchuk e ha svolto con assoluta diligenza il suo compito, non

lesinando il giusto temperamento e gli accenti previsti: non è la Cossotto e nemmeno la

Obratszova però, e soprattutto in basso non riesce a convincere e ad avere la necessaria

autorevolezza. Splendida la prova di Erwin Shrott come Ramfis , con frasi di rara efficacia

soprattutto nella scena della consacrazione della spada e del giudizio.

 

Magnifico anche il nobile e squillante Ludovic Tézier come Amonasro, una conferma e

una piacevolissima sorpresa al tempo stesso e così la voce stupenda della

Sacerdotessa, Donika Mataj, pronta per essere una futura Aida. Paolo Fanale ha cantato

un baldanzoso Messaggero, trascinato dalla bacchetta di Pappano e dal clima festoso

della serata. Sonoro  e  preciso anche  il Re  di Marco  Spotti, specialista del ruolo.

 

Assisa davanti a me c'era nientemeno che Cecilia Bartoli, scatenata in applausi per tutti e

in vena di chiacchierare simpaticamente , ricordando anche di aver cantato con Jonas

Kaufmann la Nina, ossia la pazza per amore di Paisiello.

 

Al termine le ovazioni giuste e meritatissime per tutti, fiori indirizzati al solo Kaufmann

(povera Aida!!!) e alcuni sonori “buuh” rivolti alla Harteros, che ha pagato così la

prestazione infelice nel III e IV atto. Nota  di  colore  e  vagamente manicomiale: al

termine  del  duetto Aida- Amneris, dalla  galleria  alta  arriva  una  voce  maschile che

chiama  a gran  voce  "Caterinaaa!"  , rivolgendosi  al  mezzosoprano...sala  raggelata,

tanto  più  che la  povera  Harteros  aveva  appena  finito di cantare  da  sola  il  suo

"Numi pietà". Ma  anche  questo  è  Opera.

 

                         santa-cecilia

 


 
LA LUCIA DALLE PIUME DI CRISTALLO
Recensioni
Domenica 22 Febbraio 2015 11:13

                                               argento

 

Attraverso il lodevole servizio streaming offerto dal Teatro Carlo Felice di Genova abbiamo potuto seguire passo passo la Lucia di Lammermoor di Donizetti proposta da Dario Argento e da una compagnìa di canto interamente italiana (il che non vorrà dire niente ma come tutte le cose che non vogliono dire niente poi...dicono tutto) , capitanata da Desirée Rancatore, con Gianluca Terranova, Edgardo, il maestro Bisanti sul podio .

Questa regìa mi ha confermato che i maestri del cinema, allorquando si cimentano in un genere totalmente diverso dalla loro consuetudine, trovano non poche difficoltà e finiscono per annichilire esattamente quelle caratteristiche per cui sono famosi. Se Argento è il “Mago del Brivido” dovrebbe a quel punto osare e proporre la “magìa del Brivido”....ma l'Opera non è il Cinema e le magìe sono tecnicamente diverse. Ecco quindi un Argento che si rifugia nella piena tradizione, che rubacchia idee a destra e a manca (il cane dalmata di menottiana memoria nel primo atto, molte cose   desunte dalla regìa  di Mary Zimmermann al  Metropolitan), l'ambientazione ottocentesca, lo scalone obliquo da cui scene Lucia dopo l'omicidio, l'apparizione del fantasma (una bellissima donna nuda, Fabiola Di Blasi) accanto alla protagonista

 

“Quella fonte mai

senza tremar non veggo... Ah! tu lo sai.

Un Ravenswood, ardendo

di geloso furor, l’amata donna

colà trafisse: l’infelice cadde

nell’onda, ed ivi rimanea sepolta...

m’apparve l’ombra sua... “


                                           lucia_rancatore_nudo

Un'operazione tutto sommato didascalica, come tante Lucie che si vedono in giro e forse meglio di taluni orrendi allestimenti provenienti da area anglo-germanica, ma senza guizzi.

Non appena Argento osa....poi....cade in alcune risibili trovate, come la comica uccisione dello sposino, che ci riporta ai mitici anni 70 e alle mosche di velluto grigio,oppure la veste insanguinata della protagonista persino più macchiata di quella leggendaria di Joan Sutherland o il ritorno di Lucia, stavolta come fantasma, nel finale dell'Opera, evocata dalle frasi di Edgardo suicida.

                                           argento4

Musicalmente una ottima direzione del maestro Bisanti, con Coro e Orchestra in gran forma (un plauso particolare al primo flauto solista per la perfetta “Pazzia”) , qualche taglietto qua e là ma senza stravolgere la partitura (come è spesso accaduto e ancora accade).

Desirée Rancatore , troppo infagottata dal trucco e da costumi decisamente ingombranti, deve attendere la Scena della Pazzìa per trovare il giusto equilibrio vocale, tale da consentirle quella che in gergo sportivo si chiama “rimonta”. La cavatina “Regnava nel silenzio” presentava alcuni pianissimi poco sostenuti dal fiato, una notina accidentata, acuto finale non sicurissimo ; il duetto “Verranno a te sull'aure” terminava senza la cadenza scritta dove -di solito- il tenore evita il mi bemolle ma sale al do, lasciando il sopracuto alla primadonna; il duetto con il baritono si concludeva con un acuto un po' faticosamente preso da sotto, confermando questo stato di forma non ottimale, direi proprio stanchezza vocale. Poi la classe e il talento innati della Rancatore hanno preso il sopravvento e dopo un ottimo Sestetto e concertato successivo, eccola venir fuori nella Pazzia, finalmente priva del costumone pesante, libera di svolazzare per il palcoscenico e di dar fuoco alle polveri. Meritato il successo alla fine dell'onerosa prova.

Mi è piaciuto l'Edgardo sanguigno di Terranova, magari avaro di preziosismi ma generoso, di bel timbro, giustamente drammatico nella scena della maledizione e nel finale, dove talvolta si odono da molti tenori fastidiosi falsetti mentre in questo caso si è apprezzato il tono da eroe protoromantico, quale Edgardo è. L'aria finale cantata in tono .

Di bella linea , elegante e molto musicale il baritono Antonucci, una certezza devo dire, in ogni opera in cui l'ho ascoltato ho sempre ravvisato una grande sicurezza e un aplomb assoluti. Peccato anche per lui il costume, che nel II atto lo faceva terribilmente simile al classico Don Pasquale. Si imponeva anche la voce scura del basso Parodi, sempre puntuale e preciso nei suoi interventi.

 

                             argento2

 
UNO CHéNIER NUOVO DI ZECCA
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Domenica 01 Febbraio 2015 00:33

                                                         chenier1

Andrea Chenier.....Jonas Kaufmann (Tenor)
Maddalena de Coigny.....Eva-Maria Westbroek (Soprano)
Carlo Gerard.....Zeljko Lucic (Baritone)
Bersi.....Denyce Graves (Mezzo-soprano)
Madelon.....Elena Zilio (Mezzo-soprano)
Contessa de Coigny.....Rosalind Plowright (Soprano)
Roucher.....Roland Wood (Baritone)
Pietro Fleville.....Peter Coleman-Wright (Baritone)
Fouquier Tinville.....Eddie Wade (Baritone)
Mathieu.....Adrian Clarke (Baritone)
Un incredible.....Carlo Bosi (Tenor)
Abbe.....Peter Hoare (Tenor)
Schmidt.....Jeremy White (Bass)
Major Domo.....John Cunningham (Bass Baritone)
Dumas.....Yuriy Yurchuk (Bass Baritone)


Royal Opera House Orchestra
Royal Opera House Chorus


Antonio Pappano (Conductor)

 

 

Il debutto di Jonas Kaufmann come Andrea Chénier al Covent Garden si risolve in uno

strameritato trionfo. Per mio conto è stata la sua migliore prova vocale e interpretativa

finora, persino superiore al Lohengrin e al Fidelio in cui pur “giocava in casa”.

Sostenuto da un Pappano in stato di grazia , nonostante i complessi del Covent Garden

non siano all'altezza né di quelli scaligeri né dell'Orchestra di Santa Cecilia

(imperdonabile il violoncello poco intonato nella celebre “Mamma morta”) , Kaufmann ha

rappresentato un personaggio vivido e baldanzoso ma senza mai strafare, attento a

fraseggiare con cura e con appropriatissimi accenti, sempre intonato, perfetto

nell'articolazione delle frasi, svettante sugli acuti che sono oggi la sua arma vincente.

Unica pecca, l'attacco in pianissimo sul la bemolle di “Ora soave” che cerca di risolvere

partendo da zero o quasi, e finisce per risultare un brutto miagolìo o il cigolìo d'una porta

arruginita. Peccato, perchè è stata davvero l'unica défaillance nell'ambito d'una

prestazione che oserei definire perfetta.

                                              chenier2

Non così la Westbroeck, come Maddalena, un po' troppo agée sul registro acuto, e molto

stanca nella grande aria e talune note del Finale, tuttavia si poteva apprezzare il resto,

soprattutto un buon registro centrale e la volontà di rendere credibile il suo personaggio.

 

Da dimenticare il pessimo Gérard del baritono Lucic: vociferante, calante di intonazione,

talvolta afonoide....uno scandalo.

 

Tra i comprimari , tutti di gran nome ma in netto disarmo, spiccavano il tenore Carlo Bosi

come perfetto Incredibile e la magnifica Elena Zilio, nei panni della vecchia Madelon, una

prova magistrale. Tristi invece le condizioni di due glorie come Rosalind Plowright

(Contessa di Coigny) e soprattutto Denyce Graves (Bersi), che è ben più giovane e che

ricordavo come splendida Carmen in anni non lontani.

                                           chenier3

Il plotoncino inglese dei vari Abate, Mathieu, Fleville, Fouquier Tinville....da porre sulla

ghigliottina all'istante: ce ne fosse stato uno che avesse pronunciato una frase in maniera

corretta. Non parlo solo di dizione, bensì di emissione...che è cosa ben diversa.

 

Coro non più che decoroso e assai incerto nel I atto (“O pastorella addio...” strazianti).

 

Di Pappano si è detto: una raffinata e intensa concertazione, di grande classe, non

sempre assecondata da un'orchestra che rimaneva assai lontana dalla perfezione.

 

                                     kaufmann_chnier


 


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