ESTATE, il FESTIVAL DELLE ORCHESTRE NON PAGATE
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Venerdì 29 Maggio 2015 13:56

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E' l'estate la stagione dei Festival: l'Italia è famosa nel mondo per le sue straordinarie locations, dagli

anfiteatri antichi ai chiostri, ai sagrati, alle piazze che si popolano di turisti, arrostiti dalle giornate passate in

spiaggia o reduci dalle passeggiate montane.

 

Uno dei problemi più discussi . in questi mesi che precedono il boom delle sagre festivaliere,  è quello che

riguarda la formazione di Orchestre e Cori, perchè si sappia: senza Orchestre e Cori ...le Opere non si

possono proprio fare. Sembrerà un'ovvietà (e in fondo lo è) ma l'impresario è assillato soprattutto da questo

atavico problema: un cantante, tutto sommato, lo trovi sempre, anche all'ultimo secondo. Ma l'orchestra e il

coro sono un grave fardello, organizzativo ed economico. L' acuto del tenore o la cabaletta del soprano

possono strappare un applauso, ma se sorretti e seguiti da compagini all'altezza .

 

Suonare in orchestra non è cosa semplice e concertare un'Opera è cosa ancora meno semplice. Ancora

più complicato è PAGARE un'Orchestra e un Coro, anche se questa pratica sarebbe alla base di un

rapporto di lavoro serio e coscienzioso. Eppure...se andate a parlare con giovani e meno giovani professori

d'Orchestra o con amici coristi...scoprirete che moltissimi di loro avanzano intere annate, stagioni estive al

completo . Taluni si sono persino rivolti alle autorità giudiziarie con ingiunzioni di pagamento, cause che

coinvolgono intere compagini e per più di un'Opera: si parla di più anni di truffaldina collaborazione con

questa o con quella “Associazione” , con questo o con quell'altro “Impresario”. Eppure, con protervia e

stratosferica faccia di tolla, dette “associazioni” “fondazioni” e detti “impresari” continuano imperterriti,

almeno coloro che non sono dovuti prudentemente scappare all'estero, in attesa di smaltire le rabbie legali

di chi da loro pretende i giusti compensi.

 

                                            non_ti_pago

 

Come può accadere una cosa simile? Immagino che un normale appassionato, ignaro dei movimenti

sottobanco, si chieda: qual è il perverso meccanismo che produce questo stato di cose, francamente

scandaloso.

 

 

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Partiamo intanto dalla formazione di Orchestre e Cori in vista di impegni di questo tipo.

Duole dirlo ma cercare di formare una compagine in Italia è impresa davvero complicata e frustrante: 1. vi

sono migliaia di talenti a spasso ma metterli assieme per un'Opera, seppure di repertorio, vuol dire

assicurare loro letture a sufficienza e prove che devono necessariamente essere pagate. Sono ore e ore di

lavoro, spesso in condizioni difficili. Significa radunare ragazzi e professori più adulti in un unico luogo di

prova, magari facendoli muovere da paesi e paesini che distano anche svariate decine di chilometri ,

significa quindi far fronte alle spese di viaggio e al loro vitto, significa onorare  il loro lavoro con una

paghetta di almeno (dico ALMENO 50, 60 Euro ciascuno, per dire il minimo) e si parla ancora di un periodo

di sole prove: sono già migliaia di euro, se consideriamo che un'Orchestra consterà di circa 60 elementi e

un Coro...idem.

  1.                     soldi

  2. Dopo tutto ciò si arriva alle prove d'assieme con i cantanti e alle recite. Ogni giorno deve essere
  3. giustamente pagato, e così i contributi di legge. Se Orchestra e Coro sono fermi...si paga lo stesso, ed è

  4. logico  che sia così.

  5. Un'Orchestra e un Coro devono aver suonato assieme altre volte, non possono improvvisarsi e se lo fanno...sarà “improvvisata” l'esecuzione, con quegli orrori che abbiamo spesso ascoltato in tante situazioni festivaliere di questo tipo.

 

Cosa fa l'impresario? Vuole guadagnare il più possibile per sé, ovvio, e pensa che Coro e Orchestra

possano tranquillamente essere “raccolti” (da qui il termine di “raccogliticcio” , usato tecnicamente per

qualificare queste compagini) , assemblati alla bene e meglio e magari...alla fine...neppure pagati. Conta

sul fatto, il mascalzone (perchè tale è CHI non paga Orchestre, Cori e Cantanti, Tecnici e quant'altri

partecipa alla realizzazione di uno spettacolo) , che prima di ricorrere a un avvocato ci si pensa sempre due

volte, sia per i costi sia per i tempi lunghi di un processo. Ma qui sbaglia chi NON si rivolge all'avvocato,

poiché - lo dico per chi fosse interessato- esistono molti professionisti specializzati nel “ recupero crediti” ,

che assemblano contenziosi fino a “causa vinta” , senza quindi prendere per il collo i clienti e anzi,

favorendoli soprattutto quando sono tanti e ben intenzionati a recuperare il maltolto. Chi vuole speculare su

Orchestre e Cori lo fa soprattutto con giovani inesperti, ragazzi freschi di Conservatorio, contando sul fatto

che costoro ignorino -per la loro inesperienza e per l'età- le scaltrezze legali e i sistemi per tutelarsi. Ma

esistono, invece e vanno esercitati.

 

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Le trastole e  i giochini dell'impresario, che  poi  confonde sempre la  furbizia  con l'intelligenza  (sono due

cose  diverse) , hanno vita  breve. Consiglio ai ragazzi che si presentano alle varie  audizioni  di  verificare

con molta  attenzione le CLAUSOLE  contrattuali:  un trucco tra  i  più  comuni  è  quello di  porre  in

contratto la  clausola  (trappola)  che  il  "direttore artistico, a  suo insindacabile  giudizio, non pagherà o

protesterà  chi  viene  giudicato non idoneo a  seguito  di  una  esecuzione ritenuta  insufficiente"....??!!!....e 

già, ma intanto  voi avete suonato, l'incasso  c'è  stato  e  VOI  non venite pagati  (e  magari con voi tutta 

l'orchestra  e  magari  pure  tutto il  Coro).

 

Un altro becero  trucco  è  quello di  richiedervi,a  prestazione  avvenuta, una  documentazione  diversa  da 

quella  che avete  presentato: la  frase canonica  è  "la  fattura  è  errata",  "il codice tal dei  tali  non

corrisponde"  ....così  il tempo passa  tra  una  mail e  l'altra, fino a  esaurimento di  forze  (non di  tutti, per

fortuna).

 

Un altro trucchetto  da  prestigiatori  è  quello  di  anticipare  una  piccola  somma  e  promettere  DI  PIU' 

l'anno successivo:  una  via crucis  interminabile, in sostanza  si lavora  sempre sulla  speranza di  essere 

pagati  un giorno.....un eterno  "pagherò"  che  in pratica  vuol  dire  "non vi pagherò  mai".

 

Il  ritornello  sarà  in molti  casi  sempre lo stesso: non ho contributi, la  Regione  non mi dà nulla, appena

 

arrivano i soldi dalla Regione  vi pagherò. Una  solfa  che a  lungo andare stanca, anche  perchè nessuno

 

è veramente disposto a  farsi  prendere  in giro  DOPO  non essere stato pagato.

 

Un consiglio: tenete sempre  vigile  la guardia, parlate  con i colleghi  che  hanno passato le  stesse

 

esperienze, consigliatevi, non agite  mai  d'istinto.  Soprattutto: fatevi rispettare, perchè il lavoro  e  l'Arte 

 

meritano   rispetto, sempre.

 

 

 
A PIACENZA I DUE FOSCARI CON UN MAGICO NUCCI
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Domenica 24 Maggio 2015 08:52

                                                      foscari_nucci3

 

La stagione lirico-sinfonica al Municipale di Piacenza si conclude trionfalmente con una

esecuzione in forma di concerto de “I due Foscari” di Giuseppe Verdi, affidata a un solido

cast che vede primeggiare la coppia maschile, Leo Nucci come Doge Foscari e Fabio

Sartori nei panni di suo figlio Jacopo. Applausi scroscianti dopo le arie e i meravigliosi

concertati e una ovazione incontenibile dopo “Questa dunque è l'iniqua mercede” in cui

Nucci ha sfoderato gli assi nella manica, i famosi acuti in cui oggi è ancora assolutamente

insuperabile. Una serata al calor bianco quindi, con alcune considerazioni che partono

dall'idea della forma concertante, sempre meglio accettata dal pubblico. Un tempo non

lontano si tendeva a disprezzare questa modalità esecutiva e a considerarla quasi un

ripiego, una sorella minore della più completa forma scenica. Oggi, fateci caso, con il

teatro di regìa sempre più decontestualizzante, in cui i cantanti si presentano struccati e

in abiti consueti, si può tranquillamente considerare la forma concertante quasi del tutto

identica a un allestimento in tutto e per tutto “ufficiale” . Aggiungo che l'ampio medagliere

esposto sul suo frak da Leo Nucci , tra gran croci e commendatorati, e persino il corno

dogale depositato sopra uno sgabello dorato davanti al leggìo, contribuivano a rendere il

personaggio esattamente come un regista oggi lo desidererebbe, senza più gli

ingombranti e pesanti abiti d'epoca. Con ciò  non si  vuole  certamente  sostituire  il

teatro  con il  concerto...ma  in tempi di crisi  e di regìe a  volte  strampalate...è  pur

sempre  un 'utile  riflessione.


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Abbiamo detto un Nucci in forma strabiliante , intenso, attento al dettaglio della ' parola

scenica' , svettante, perfetto nell'accento e nell'autorevolezza del vecchio Doge. Per lui

un meritatissimo trionfo.

 

Il tenore Fabio Sartori non è stato da meno : la voce è ampia , squillante, il fraseggio

giusto, bello il legato. Qualche suono un po' più 'largo' del dovuto ma l'artista arrivava dal

ruolo di Radames e tornava a cantare Jacopo Foscari dopo 7 anni. Ci piacerebbe ora

ascoltarlo in Andrea Chénier e Otello, perché no?

                                            foscari__sartori

Le cose sono andate un po' meno bene per il soprano Kristin  Lewis debuttante nella

parte di Lucrezia Contarini, ruolo da drammatico di agilità irto di insidie. Probabilmente

emozionata, stretta nel suo abito scosciato che esibiva  abbondantemente le forme, la

Lewis ha mostrato la corda soprattutto sulla dizione , assai oscura, e su qualche acuto

indietro. Ho avuto la netta sensazione che non sia la corda drammatica quella giusta

e che questo giovane soprano, ancorché dotata di bel colore e di una buona sicurezza

tecnica, abbia un po' troppo in fretta affrontato ruoli  decisamente pesanti per la sua

natura. Quando la  ascoltai la  prima  volta a  Firenze , sei anni fa, come Leonora  nel

Trovatore la  voce  era  assai  più  proiettata  e  in "punta" : non si  può  recedere

andando avanti, segno che il repertorio affrontato è  troppo  oneroso.

 

                                          foscari_lewis

Ottimo il basso Marco Spotti, che ha regalato frasi ampie e taglienti al ruolo di Loredano,

e molto efficace come Barbarigo il tenore Fabrizio Paesano.

 

Abbiamo lasciato per ultimo ma è stato il cardine di tutta la serata il grande Donato

Renzetti, oggi uno dei migliori concertatori verdiani esistenti, che ha impresso un ritmo

inesorabile, incalzante , con il giusto colore e sapendo sempre seguire il canto, come

insegna la migliore tradizione teatrale italiana. Grazie a lui e alla perfetta compagine di

Piacenza, Orchestra e Coro (con un plauso particolare alla viola di Behrang Rassekhi e al

violoncello di Diana Cahanescu per lo splendido assolo che introduce la scena del

carcere) l'opera ha avuto l'esito felicissimo di cui si è detto. Il Sindaco di Piacenza,Dosi,   al

termine dello spettacolo ha ringraziato gli artisti, il Direttore  Angela Longieri e il

Direttore artistico  Cristina Ferrari per l'ottimo lavoro svolto finora e che ha reso questo

teatro un sicuro punto di riferimento italiano   grazie alla  sua  competenza  e al  rigore 

organizzativo.

 

                                                    foscari__renzetti

 
SCUOLA DI CANTO, intervista con Enrico Stinchelli
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Mercoledì 20 Maggio 2015 09:07

L'INSEGNAMENTO DEL CANTO LIRICO, RISPONDE ENRICO STINCHELLI

 

(intervista a cura di Katherine Stewart)

 

                                                 canto1

 

Qual è la situazione attuale in merito all'insegnamento del Canto?

 

  Le tante domande e le richieste che mi giungono sull'argomento Canto Artistico a seguito  

 

dei master e soprattutto delle recenti esperienze a Taormina dove mi sono occupato di

quasi 90 partecipanti stagisti (un record! Per quanto mi riguarda), mi convincono ancora

di più della necessità di impegnarmi con sempre maggior lena in questo territorio.

Il luogo comune falso e fuorviante che blatera di “assenza di voci” va mutato nella più

semplice constatazione che manchino i buoni maestri, quando ti si presentano

meravigliose vocalità massacrate o peggio ancora tenute all'oscuro delle più elementari

norme del Canto.

 

  Cosa direbbe a un allievo di Canto pieno di incertezze? 

 

 

  Mi chiedo alle volte e a VOI che studiate chiedo: ma come fate a cantare arie intere  

 

quando non vi è stato spiegato nemmeno il meccanismo dell'attacco di UN solo suono?

Come si può avere in repertorio una Santuzza, una Turandot, un Calaf o un Don José,

ma anche una Violetta un Alfredo ...qualunque opera...se non si conosce la tecnica del

corretto sostegno? Se non si sono fatti precisi esercizi per conseguire la consapevolezza

di ciò che si fa...cantando?

La teoria dell'anema e core non funziona con il Canto Artistico, forse può valere (ma solo

in parte) per la musica leggera, eppure....persino per le canzoni pop urlacchiate alla

meglio nel programma “Amici” vedrete che i ragazzi studiano e si impegnano per

conseguire uno straccio di...Tecnica.

 

                                              cantante_opera

 

Cosa vuol dire Tecnica?

 

  Per molti questo termine è uno spauracchio. Per i normali melomani e per alcuni semplici  

 

appassionati è addirittura un termine che infastidisce...perchè “bisogna cantare con il

cuore” o , ancora meglio, “contano le emozioni”. Eh già....ma quale emozione vuoi

suscitare se non sai quello che fai allorché ti accingi a emettere un suono? Non esiste

Interpretazione senza Tecnica.

 E' sconcertante verificare quanti ragazzi siano totalmente ignari di cosa significhi  

 

“sostenere”. E' incredibile notare la non conoscenza del meccanismo che porta

all'esecuzione di qualsiasi aria, poiché non esistono arie “facili” ma solo un Canto facile e

un Canto difficoltoso, arrangiato o ...purtroppo....sbagliato.

 

  Mancano i maestri? 

 

 

  Sono tanti i maestri ma in quanti sanno smontare e rimontare i pezzi, come fa un bravo  

 

orologiaio? In quanti parlano di articolazione delle frasi, di “canto sul fiato”

SPIEGANDOLO, di “canto sulla parola” SPIEGANDOLO? A chiacchiere siamo buoni tutti

, a criticare pure ma...trovare le soluzioni ai problemi?

 

Lei con chi ha  studiato, da  chi ha imparato di  più?

 

Ho avuto la grandissima  fortuna  di  incontrare  immense  personalità, come   per

esempio Giuseppe Taddei, un leggendario baritono  che  cantò  dall'età di  14 anni

a  90!!!  Lui  era  la  Tecnica  trascesa, era  TEATRO  allo stato  puro.  Ogni  sua

affermazione  era  Bibbia, davvero: predicava il Canto  'sulla parola', appunto. Che

non vuol  dire  "pronunciare"  ma  cantare  dando  senso  a  ciò che si  canta  quindi

lavorando  sui colori  e  sul  legato, cantando  liberi  da  contrazioni  e  tensioni.

Ho  rubato un pò a  tutti: ho conosciuto la  Nilsson, Corelli,   ho  condiviso una 

bellissima amicizia  con il sommo  tenore  Kraus, partecipando ai  suoi master  e

studiando  con lui privatamente  in Cina, quando  ci  ritrovammo  per  un lungo  periodo

al  Festival  di  Macao. Ho  frequentato  la  casa  del baritono  Valdengo in  Val

d'Aosta, anche  lì  mille  precetti  utili  ma  devo  dire  che  tecnicamente  ho appreso

molte cose all'Università di Bratislava,  dove  si insegna  seriamente e  con metodo,

quello che occorre.

                                                          note

  Servono i master o no? 

 

 

  Sono domande che piovono a raffica in questi mesi. 

 

 I master servono ma fino a un certo punto: si studia con il tempo, la costanza e con  

 

lezioni il più possibilmente individuali. Non ci vuole molto a inquadrare la corretta Tecnica

ma una vita per perfezionarla e non tutti riescono. Non serve solo una bella voce (se c'è

MEGLIO) ma una testa che funziona, la capacità di “comprendonio” , il carpire

velocemente e applicare ciò che realmente è utile per la PROPRIA situazione vocale

poiché siamo tutti dotati di una voce ma non tutti con gli stessi problemi.

E chi alla fine ha successo è per un insieme di fattori, in cui la “natura” ha una

collocazione importante ma non decisiva: conta l'applicazione, la tenacia, l'intuito persino

e la FORTUNA.

 

  Lei insegna , dove e come? 

 

 

  Per il Taormina Opera Stars di cui sono Direttore artistico mi sono molto impegnato nel  

 

workshop preparatorio alle Opere, ma dico sempre e ripeto che le lezioni individuali sono

sempre la strada migliore ed è ciò che faccio, soprattutto a Roma , dove abito. Sono una

persona disponibile  per  natura  e non sono irraggiungibile: rispondo  -quando  posso-

ai messaggi  privati su Facebook , che  è un sistema comodo  per  superare  molte

barriere.  Lei mi chiede  "come"?   Vede, è una domanda complessa: per capire

il meccanismo di un attacco , del cantare “sulla morbidezza” e non sulla spinta, per

sostenere e legare...non si può procedere come nei master, uno dietro l'altro tipo catena

di montaggio. Molte individualità hanno bisogno di calma e persino di non essere

osservati da altri, non tutti i caratteri sono uguali. Non si canta sulla stanchezza, MAI, è

dannoso più che altro. Un vero cantante d'Opera è “morbido sostenuto”....un

controsenso, vero? Eppure è così: uno dei tanti paradossi di questa Arte così esaltante e

così complicata.

 

Com'è una  sua lezione?

 

Non si urla, PRIMA regola. Detesto i suoni ingolati, urlati, sgraziati. Non si stona,

SECONDA regola. Oggi sembra  un optional, invece  l'intonazione  è basilare.

Non si canta, casualmente  ma  consapevolmente. La  voce la  devi  VEDERE,

prima  di  emettere  un suono. Si  lavora  sui pianissimi  e  sulla mezzavoce:  non

si può  cantare solo e  sempre  forte, con la  fibra. SI  SOSTIENE: se  vedo  che

l'allievo respira  alto e non usa  i muscoli giusti...stop...mi fermo e  spiego. Devi

tornarea   casa  con la  gola  riposata  non stremata.  Molti sono afoni  dopo  le 

loro lezioni o  dopo aver cantato mezza  aria. NON PUO'  ESSERE!

 

 

Con quale frequenza bisogna studiare?

 

  Se si canta male..da soli MAI. Basta un suono mal messo...fine. Io non capisco come si  

 

possa procedere con vocalizzi sballati per ore addirittura....è un massacro. Persino alle

audizioni (in questi mesi ho ascoltato centinaia di voci) se l'attacco era sbagliato

interrompevo subito...ma a cosa serve andare avanti? A spingere sempre di più? A

spaccare i suoni nella gola? Una vera lezione di Canto non è fatta di urla ma è piuttosto

fatta di posizioni alte , raccolte....di suoni piccoli, alti, raccolti e sostenuti. Cappuccilli, il

grande baritono, quando cantava da vicino aveva una voce

minuscola....apparentemente....anche Pavarotti....poi in teatro diventavano immense, ma

non perchè spingevano...bensì perchè cantavano SUL fiato e SULLA parola.

Inizialmente  bisogna  lavorare settimanalmente, forse anche due   volte a  settimana,

poi   dipende. Non siamo tutti  uguali, per  fortuna.

 


 

 

                                                     IO__a__Verona_seduto

 

 

 


 
NICOLAI GEDDA, IL PIU' COMPLETO TENORE MAI ESISTITO
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Domenica 17 Maggio 2015 19:52

                                                                    gedda1                      

 

Nicolai Gedda , non ho tema di scriverlo, è stato il più grande tenore della Storia

del Canto quando per Canto si intende la TECNICA, il REPERTORIO, lo STILE, la

MUSICALITA'.

                                                                    

Possiamo esercitarci per mesi a misurare i decibel di un Del Monaco o di un Corelli, a

paragonare i preziosi velluti di un Di Stefano o di un Carreras, la musicalità sorgiva di un

Wunderlich, lo squillo di un Lauri Volpi o di un Filippeschi, il fraseggio e l'estensione di un

Kraus....ma quando si deve parlare di un tenore completo, di un artista capace di cantare

TUTTO e quando dico tutto intendo dire tutto ciò che una voce di tenore possa cantare,

da Caccini a Haendel, Bach, Mozart, Rossini, Bellini, Verdi, Puccini, Strauss, Wagner ,

senza dimenticare lo smisurato repertorio liederistico eseguito in 10 e passa lingue

diverse, di cui 8 parlate fluentemente, passando dal repertorio leggero a quello

drammatico....beh, quel Tenore con la T maiuscola si chiamava Nicolai Gedda.


                                            

 

 

Quando lo conobbi, avendolo ospite in trasmissione dal vivo e più volte a telefono, capii

perchè era Gedda: una persona umilissima, ingenua, buona, schiva, persino timida. Mi

ricordò subito Kleiber e Abbado, stesso segno zodiacale (il Cancro) , stessa grandezza

compresa nella semplicità e nella nonchalance. “Volete uccidere Gedda” disse con voce

da bambino quando dovette affrontare un corridoio gelido per entrare negli studi di via

Asiago, e scappò verso l'uscita. Io e il mio collega Suozzo dovemmo inseguirlo e

riaccompagnarlo dentro, come si fa con i bimbi capricciosi. Giunti in studio, 5 minuti prima

di iniziare il programma a lui dedicato, disse mestamente : “Parliamo di Pavarotti....oggi

parlerò di Pavarotti....chi conosce Gedda....” . Noi eravamo esterrefatti e dai a

convincerlo: “Maestro...lei è l'ospite....dobbiamo parlare di lei....”.......”Ma no” insisteva lui

“Parliamo di Pavarotti!” ….”Maestro, mancano due minuti....scelga il primo brano da

ascoltare...” e gli mostrammo una rosa di incisioni memorabili, tra cui l'Elisir con la Freni,

la Butterfly e la Carmen con la Callas e Karajan, il Faust, il Werther e la Manon con la De

Los Angeles (sua partner ideale) , il Lohengrin, il Rosenkavalier, i Puritani con la Sills

(unico a eseguire il fa sopracuto com'è scritto, fraseggiato!) e giù una montagna di

dischi... Lui...tenendo il muso...” No...no...”....poi guardò nel mucchio e senza dire nulla

puntò il dito su quella che a suo (e anche a mio) parere è la registrazione più

straordinaria, l'aria “Magische Toene” dalla Regina di Saba di Goldmark, paradigma del

suo canto perfetto. Aveva scelto quella....perchè come tutti i Saggi ...:  sapeva.

                               

La  voce  in teatro  era  esattamente  come nei  dischi:  morbida, brillante, tutta  avanti,

sonora  nei  pianissimi  quanto  negli acuti  , in particolare  il  si  naturale  nell'aria  di

Hermann  nella  Dama  di  picche  di  Cajkovskij  mi  impressionò per  come invadeva

la  cavea  dell'Opera  di  Roma  (e  Gedda  aveva  più di  70 anni) . Il suono  era  sempre

pulito, limpido, mai  un'oncia  di  fibra. L'interprete  era  parimenti  sublime: lo stile

impeccabile  ma  per  nulla  freddo  (com'era  stato accusato  ingiustamente  da  quel

simpatico lestofante  di  Celletti)  anzi...simpatico  e spigliato  nell'Operetta  o  come

Nemorino  per  esempio, ma  tragico  intenso  e  commovente  nel suo  insuperato

Lensky  in Eugenio Onieghin  o  come   Falso Dimitri  in Boris  Godunov.

 

                                

 

Gedda è stato il più grande perchè aveva il dominio assoluto del suo strumento. Senza la

tecnica non esiste interpretazione. La sua voce aveva la libertà del suono, lo svincolo

totale dalla carne ..dalla materia. Era un suono fuori dal corpo, a tratti immateriale.

Poteva passare dal pianissimo più sussurrato a si naturali, do e re sopracuti perforanti,

ultrasuoni quasi. Il fa sopracuto dei Puritani aveva la stessa morbidezza di un fa centrale,

non esisteva la spinta, tutto era sul fiato e sulla parola, cantasse in italiano, russo,

francese, tedesco, inglese, spagnolo o svedese. Proprio per questo il repertorio fu

smisurato e la longevità straordinaria. Ottantenne possedeva ancora la freschezza e

l'agilità di un trentenne, vocalmente parlando: l'aubade da Le Roi d'Ys scorreva al Teatro

Ghione come un ruscello, con tutti i suoni al loro posto. Poteva cantare tutto ciò che

l'Autore prevedeva, segno per segno, forcella per forcella: nell'Aria al Microscopio, la

rubrica dei confronti vocali in Barcaccia, è sempre stato il vincitore. Gedda, la  Callas,

Fischer Dieskau....la  Santa  Trinità  del Canto.

 

                                      

 

Sensibilissimo, lo vediamo piangere dopo la Furtiva lagrima al Met , nel concertone del

Centenario, e sinceramente viene da piangere anche a noi pensando che questo Genio

ha  passato una vita intera al servizio del Canto , ma quello giusto...quello vero.

 

                                                

 


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