Se da noi si piange...a New York si ride!
Dalla nostra inviata speciale a New York, Lilian Bernheimer.
La prima cosa che noti passeggiando per le vie affollate della Grande Mela è
l'inconfondibile effluvio di patatine fritte. E' un olezzo che senti ovunque, nei
bar, nei ristoranti certo, ma anche lungo Central Park, nel foyer del
Metropolitan: persino allo Zoo, dove sarebbero gli animali ad avere la meglio
sulla frittura. Niente: le chips imperano. E con il fritto il sovrappeso degli
abitanti che ne abusano quotidianamente. Al Metropolitan si assiste a una
strana passerella: la fila dei ciccioni che si avvia in teatro scortata dal
personale, in sedia a rotelle. Poi, giunti sulla soglia dell'ingresso in platea, il
miracolo: i colossi si alzano, novelli Lazzaro, e raggiungono barcollando i loro
posti.
Le signore, rigorosamente impellicciate e senza calze, si presentano
abbastanza eleganti e con borsette e scarpe firmate. Non tardano però a
restare scalze e più di qualcuna, accavallando le gambe sulle ginocchia
dell'accompagnatore, si fa massaggiare i pieducci durante “Recondita
armonia” o “Di provenza”..., come fossero tranquille nel salotto di casa.
Singolare che nei bagni del Met la coda non la facciano le donne ma
soprattutto gli uomini: di solito avviene il contrario in Germania ma anche nei
nostri teatri. Chissà perché.
La principale caratteristica del maggior teatro americano è il fatto che tutti
ridano, in continuazione e nei punti più impensabili. Complici i sovratitoli, che
gli americani leggono avidamente, le esplosioni di ilarità colpiscono il Don
Giovanni di Mozart (le entrate di Donna Elvira, immancabili) quanto Verdi,
Bellini, Donizetti , Puccini (“Ma falle gli occhi neri”...giù risate) e persino
Wagner. Nella Walchiria che sta andando in scena in questi giorni un boato di
risa inconsulte accompagna la celebre Cavalcata, meglio che per le comiche
di Stanlio e Ollio.
Una gigantesca Fricka, Stephanie Blythe, viene collocata su un trono e da
quello non può, non deve spostarsi, essendo una signora che supera i 200
chili: non appena la poveretta si erge faticosamente per emettere un acuto
impegnativo ecco esplodere implacabile la risata di tutto il Met, prima che la
ingombrante artista torni seduta.
In Traviata entra il padre nella festa di Flora e redarguisce Alfredo :”Disprezzo
degno, sé stesso rende, chi pur nell'ira la donna offende”. Non basta
nemmeno l'adorato divo Hvorostovsky a placare
l'ilarità nervosa degli astanti: alla frase “dov'è mio figlio, più non lo vedo”
ripartono le risatazze. Povero Verdi, poveri noi.
Mario Del Monaco abbandonò sdegnato il Met nel 1959, quand'era in auge,
dicendo che l'America avrebbe rovinato l'Europa. Fu buon profeta.
Al Metropolitan si assiste oggi al singolare fenomeno che potremmo definire
“dell'immolazione delle voci”, soprattutto quelle molto sostenute dal battage
pubblicitario.
Natalie Dessay, un tempo stella luminosa e svettante, non
riesce oggi a chiudere il primo atto di Traviata in modo decoroso: la voce ,
stremata, inizia a scomparire già dopo una ventina di minuti dall'apertura di
sipario (effetto del cortisone a corto raggio?) e la recita prosegue tra afonìe e
improvvisi abbandoni. Nel II atto subentra la Hong, un soprano che da circa
vent'anni sostituisce al volo le colleghe defezionarie. Lei, in compenso, sta
sempre bene e riesce persino a mostrare un bel paio di gambe col vestitino
rosso di Violetta Valéry.
Ma i malati, veri o immaginari, abbondano, si è detto: quando c'è Walchiria si
ammala puntualmente Kaufmann, il tenore del momento, sostituito all'ultimo
istante dal marito del soprano Westbroeck. “Siate clementi e sostenetelo
qualunque cosa faccia!” implora Peter Gelb, il general manager del Met al
pubblico, “ Era qui come turista ....”. Il pubblico applaude ma...ricordate: se
siete a New York in gita turistica, non dimenticate di ripassarvi la Walchiria!
Applausi trionfali per il tenore Piotr Beczala in Manon, al baritono Bryn Terfel
come Wotan,a Dimitri Hvorostovsky, forse il più amato di tutti, persino più
della Netrebko.
Il maestro Luisi fa il suo ingresso in buca per Walchiria e ha una convinta
ovazione. Entra per il II atto e gli applausi si sono notevolmente ridotti, al III
atto sono pochi applausi di cortesia: troppe imprecisioni nei vari reparti, troppi
attacchi sporchi, troppa confusione all'inizio del II atto,
a un certo punto l'orchestra sembrava entrare a canone, evidentemente
poche letture e prove raffazzonate. Peccato per il maestro italiano.
Mentre durante i lunghi intervalli si consumano tramezzini e si improvvisano
picnic in sala, nel foyer si possono ammirare le foto degli interpreti in ordine
rigorosamente alfabetico. Grande cavolata, l'ennesima: col risultato di vedere
in basso ad altezza d'uomo i comprimari che iniziano con la A e magari
Pavarotti confinato in alto, quasi invisibile.
Per Domingo invece una intera cappella, interamente consacrata alle sue
diecimila battaglie.
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