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AL VERDI DI SALERNO: ADALGISA TRIONFA SU NORMA
Sabato 03 Dicembre 2011 08:50

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La benemerita stagione al Verdi di Salerno giunge a uno degli appuntamenti più attesi e perigliosi, la Norma di Bellini, una vera e propria sfida per qualunque grande teatro e in ogni tempo. Considerato un vero e proprio “totem” del repertorio melodrammatico, Norma è un grande compendio di tutte le difficoltà riscontrabili in un 'Opera lirica: il Belcanto, inteso come campionario di prodezze vocali ma allo stesso tempo risolte in modo “espressivo”, vede il suo trionfo nella vocalità estesa e drammatica della protagonista, che non può essere un soprano leggero né può essere un soprano drammatico, ma entrambe le cose e ancora di più, se possibile. Teodoro Celli coniò il termine “soprano drammatico di agilità” , riferendosi ovviamente alla più grande Norma mai esistita, Maria Callas, e questa tipologìa già riduce drasticamente la scelta di una possibile interprete. Seguendo la linea vincente finora adottata, Daniel Oren e il suo fido collaboratore Antonio Marzullo, hanno deciso di lanciare una giovane artista poco conosciuta in Italia, la venezuelana Lucrecia Garçia, appena affacciatasi nell'agone internazionale e in ruoli affatto semplici, come per esempio Aida, cantata all'Arena di Verona l'estate scorsa. La  Garçia  è  subentrata  all'annunciata Dimitra  Theodossiou, con la  quale   la  direzione  del  Teatro  Verdi  ha  avuto delle incomprensioni , non del  tutto  chiarite.

Se Norma è una parte tremenda, non lo sono da meno i ruoli di Pollione, classico baritenore di stampo “eroico”, Adalgisa, a mezza via tra il soprano e il mezzosoprano di agilità, Oroveso, il poderoso basso che con i suoi tonanti accenti rende monumentali le sue entrate.

Il compito più duro è quello del direttore d'orchestra, considerando la scrittura di Bellini , tersa, limpida, sgorgante come una sorgente di melodie e suoni immortali, una bianchissima tovaglia di pizzo antico in cui ogni macchiolina si nota all'istante.

Fatta questa premessa bisogna dire che lo spettacolo realizzato a Salerno , pur festeggiatissimo dal pubblico, ha presentato qualche incidente di percorso.

                                 norma__oren D.Oren


Cominciamo dai dati positivi, intanto la straordinaria concertazione di Daniel Oren, che non solo ha fatto suonare l'orchestra come raramente si ode in Norma, ma ha accompagnato le grandi arie e i lunghi duetti con un trasporto e un'attenzione davvero emozionanti. Alcuni momenti, poi, valevano da soli la serata: per esempio la morbidissima, vibrante cavata dei violoncelli durante l'introduzione di “Teneri figli”, l'asciutta e trascinante Sinfonia, lo stacco virtuosistico del Coro “Guerra ,guerra” , magnificamente eseguito dal Coro di Salerno, il finale I e soprattutto le  formidabili  progressioni   del  Finale, uno  dei  momenti  topici  dell'intera  storia   operistica.  La giovane orchestra salernitana ha dato il massimo e così, come si è detto, il Coro regalando al pubblico e a chi scrive una grande serata.

                              norma__l__garcia L. Garçia  (Norma)

Purtroppo non così bene sono andate tutte le voci, partendo dalla protagonista decisamente emozionata e forse anche non in buonissime condizioni di salute (nella seconda recita è stata prontamente sostituita da Maria Agresta, giunta frettolosamente da Milano dov'è impegnata come Donna Elvira nel secondo cast dell'inaugurale Don Giovanni). Sta di fatto che Lucrecia Garçia, pur dotata di una voce molto bella in talune note della sua gamma e di natura morbida e vellutata, ha più volte “steccato” i do acuti di cui Bellini è stato prodigo e questi incidenti hanno gravemente inficiato anche la sua recitazione. Purtroppo è una voce non ancora perfettamente a posto, tecnicamente parlando: il colore 'scuro' che l'artista cerca per conferire autorità al suo timbro è piuttosto artificioso, non supportato dai suoni “in maschera” ma piuttosto dalla gola, e questo sicuramente produce stanchezza, affanno e suoni a rischio nella gamma acuta. Tuttavia ci sono stati momenti di grande effetto, come per esempio tutta la scena finale, con la supplica al padre e il crescendo prima della stretta.

                                      norma__sonia_ganassi S.Ganassi (Adalgisa)


Trionfatrice della serata è stata senz'altro Sonia Ganassi, la migliore Adalgisa oggi al mondo. Sicura, intensa, sempre nella parte, ha risolto ogni passaggio belcantistico (eccettuato un do avventuroso nel primo duetto con Norma) e ha cantato “sulla parola”, che non vuol dire solo articolare la dizione bensì cantare dando il senso alle frasi imposte dal libretto e quindi dando verità al personaggio.

Roberto Aronica era Pollione: una voce senz'altro ampia e di bel colore ma soprattutto un fraseggiatore di classe, mai enfatico e sempre molto attento al legato, tanto importante nel Belcanto come nel Canto in generale. Peccato solo che la preoccupazione lo abbia portato a calare spessissimo di intonazione, cosa che si è resa drammaticamente evidente nel duetto con Adalgisa. Credo che la tessitura centrale del ruolo metta in difficoltà il suo assetto vocale, tendenzialmente spostato su una gamma più alta. Speriamo che le cose vadano migliorando nelle repliche.

                            norma__roberto_aronica  R.Aronica  (Pollione)


Poderoso, roccioso, solenne l'Oroveso di Carlo Striuli, che emergeva nel finale con il suo vocione, ma restando morbido e superando tutti gli ostacoli della non facile parte. A lui un plauso particolare.

Una Clotilde di extralusso in Francesca Franci (e questi sono i 'colpacci' di Oren) , che oltre a essere la più bella in scena ha cantato le sue frasi in modo molto autorevole e partecipe.

Ottimo il Flavio del tenore Peroni, che ha sfoggiato una voce bella e squillante.

Abbiamo lasciato per ultimo lo spettacolo, firmato da Francesco Torrigiani, che   si  è  rivelato assai  convincente  sia  per la  cura  dei  vari movimenti  sia  per la  scelta  di  avvicinare  Norma  all'altro grande   personaggio-simbolo  dell'opera  neoclassica, la  Medea. Nella fattispecie  la  Medea  di  Pasolini,  come  ha  spiegato il regista  nel  programma di sala. La  quercia  di  Irminsul diventava   qui un  rilievo  roccioso  sovrastato  da  un  grande  cerchio  in pietra  tipo  "Stargate", il  tutto inserito all'interno  di un tempio arcaico  , con pannelli  che rivelavano  ora  il Coro  ora  i singoli personaggi  e  un  abile  gioco  di  luci. Molto belli i  costumi  , sia  per  il  taglio  che per la  scelta  dei  colori, perfettamente amalgamati con la  scenografia.  Un  pò  opprimente, forse, il palco rialzato, che consentiva  però  alcuni  movimenti interessanti  sugli scalini   posti  sul  proscenio. Insomma, un lavoro  studiato  e  meditato,  questo  va  a   tutto  merito  del regista  e del suo staff. IL  pubblico  ha  gradito  e  ha  riservato  calorosissimi applausi  all'allestimento.

 
NORMA su LOGGIONE, Canale 5, sabato 26.11 ore 8.45
Mercoledì 23 Novembre 2011 00:06

                NORMA___PROFESSIONAL___FINALE__QUERCIA_APERTA1


La  Norma di  Bellini  su  LOGGIONE, Canale 5, sabato

26 novembre  ore  8.45

 

regìa, scene e  costumi: Enrico Stinchelli

cast: D.Theodossiou, A.Interisano, O.Andra, D.Russo

dir. J.Vella

 

Link  per  rivedere  il programma:


http://www.video.mediaset.it/video/loggione/full/263851/puntata-del-26-novembre.html#tf-s1-c1-o1-p1

 

 

Teatru Astra's opera production Norma, held twice last month, will be featured on Canale 5's only opera and music review television programme Loggione, aired this Saturday at 08.45am.

 

Scenes from the opera, filmed by a four-strong television crew who came specifically to Gozo for the opera, will be screened together with a commentary and review by musicologist and programme presenter Vittorio Testa. The island of Gozo will also feature prominently as the television crew toured the island and filmed in several locations.

 

The television crew was brought to Malta by Teatru Astra in strong collaboration with the Malta Tourism Authority.

 

 

                NORMA___PROFESSIONAL__SINFONIA__FINALE

 

Loggione, now in its eighth edition, weekly brings to the screen selected opera productions and concerts, rarely outside of Italy, together with interviews with the main artistes and music or stage directors. The programme's production team is that from TG5. Important appointments this season are those dedicated to opera from the Teatro Antico in Taormina, those from the Sferisterio Opera Festival in Macerata, and those from the Arena in Verona.

 

Norma opened the tenth edition of Festival Mediterranea, which ran from 27 October until 19 November. An international cast of high repute was engaged, led by soprano Dimitra Theodossiou in the title-role. Enrico Stinchelli's artistic direction brought digital scenography for the first time to local opera productions, which was enthusiastically received by local and foreign audiences.

 

                   NORMA___PROFESSIONAL__DEH_NON_VOLERLI

 

In fact, Teatru Astra has already announced that Enrico Stinchelli will once again be entrusted with the production of Giacomo Puccini's Madama Butterfly, which will open the 11th edition of Festival Mediterranea in 2012. Madama Butterfly will be held on 25 and 27 October 2012.

 

 

         NORMA__APPLAUSI_REGISTA

 

More information is available from www.mediterranea.com.mt

 
SEMIramide al San Carlo: a quando INTERA?
Venerdì 18 Novembre 2011 22:39


                            SEMIRAMIDE
                     
                              di Gioachino Rossini
 
                           libretto di Gaetano Rossi

direttore Gabriele Ferro
regia Luca Ronconi
maestro del Coro Salvatore Caputo
scene Tiziano Santi
costumi Emanuel Ungaro
light designer A. J. Weissbard
regista collaboratore Ugo Tessitore
assistente alla regia Benedetto Sicca
assistente alle scene Emanuela Gasperoni e Alessia Colosso
assistente ai costumi Maddalena Marciano
assistente alle luci Pamela Cantatore

Semiramide Laura Aikin (18, 20, 22 novembre)
/Maria Pia Piscitelli
Arsace Silvia Tro Santafè (18, 20, 25, 27 novembre)
/Carmen Topciu
Assur Simone Alberghini
Idreno Gregory Kunde (20, 22 novembre)/Barry Banks
Oroe Federico Sacchi
Azema Annika Kaschenz
Mitrane David Ferri Durà
L'ombra di Nino Gianvito Ribba

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
 

                                       semiramide_2

Una SEMI-ramide inaugura il San Carlo di Napoli. Nata sotto una cattiva stella, con la defezione dell'annunciata Sonia Ganassi (ufficialmente per improvvisa malattia, ma pare fosse la classica “influenza diplomatica”) e poi con la sostituzione di Gregory Kunde, anch'egli malato, da parte del tenorino Barry Banks, l'opera rossiniana è stata presentata in una versione piuttosto dimessa, con un cast insufficiente per una buona metà.

Nonostante la Semiramide sia stata scritta da Rossini per sua moglie, Isabella Colbran, già declinante e quindi cucita con amorevole cura sulle residue possibilità della illustre cantatrice, si tratta com'è noto di un caposaldo del repertorio belcantistico, da molti esegeti considerata come il trionfo del Belcanto puro.

                                   semiramide__3__colbran I.Colbran


Al San Carlo mancava per l'appunto la protagonista, che secondo la scrittura rossiniana dovrebbe essere un soprano drammatico di agilità, una voce cioè dotata di un “corpus” pieno e sonoro, di un vibrante accento e di una grande agilità, con sostanziose note gravi e nel medium (la parte è molto centrale, dato che la Colbran non reggeva più gli acuti). La tradizione , Sutherland in testa, ha aggiunto poi come ciliegine sulla torta acuti e sopracuti....se si può. La Ganassi, probabilmente non pronta al cimento, è stata rimpiazzata da Laura Aikin, un sopranino ino ino che tutt'al più potrebbe essere una Despina in Così fan tutte, ma non certo la regina guerriera vagheggiata da Rossini.

Arsace, ruolo di contralto “en travesti”, il mezzosoprano Silvia Tro Santafé , che non va oltre la sufficienza, buona nelle agilità e abbastanza omogenea nell'emissione ma priva di una personalità di spicco , in un ruolo che è stato il cavallo di battaglia di autentiche leonesse come la pionieristica Simionato, la Horne soprattutto, la profonda Podles.

Buono Simone Alberghini come Assur: un basso che sa cantare ma che ha un timbro non sontuoso e forse ai limiti in una parte di grande difficoltà vocale ed espressiva.

Tremendo il tenore, Barry Banks: una voce da gnomo, petulante, schiacciata, quasi insopportabile nelle due arie di Idreno, che non è affatto una parte di fianco.

Buono il basso Ribba come Voce di Nino e Sacchi come Oroe, l'altro basso.

 L'idea di  Ronconi  di collocare il Coro in buca mi pare leggittima  ma  strampalata; Ronconi non ha mai amato lavorare con i Cori: o li nasconde, o li ficca in botole profonde, o li schiera immobili. Coronerà il suo sogno quando lascerà definitivamente il Coro dietro le quinte. I commentatori parlavano di atmosfera 'macabra, plumbea'....forse per questo il pubblico non applaudiva quasi mai , in un'opera che per come è concepita dovrebbe essere un trionfo ogni 10 minuti! 

                                        semiramide_ronconi1

Gabriele Ferro ha alternato momenti efficaci (i Finali d'atto, per esempio) con improvvisi stacchi bandistici e immotivate pesantezze, quanto mai deleterie per questo brillante Grand-Opéra.

 
PARMA: parla l'avvocato Fulvio Villa...e sono saette.
Venerdì 04 Novembre 2011 20:15

                                                      teatro_regio_parma

Palchettista storico del Teatro, già nel cda delle Fondazioni Regio e Toscanini, l'avvocato Fulvio Villa apre le  valvole in  un'intervista uscita sul settimanale Il Nuovo di Parma.

L' avvocato Fulvio Villa, personaggio molto attivo nella vita musicale parmense  è sempre rimasto nell'ombra da quando uscì dal cda della Fondazione Teatro Regio e nonostante i molti fatti successi nel frattempo non era mai uscito allo scoperto .Ora  il suo pensiero riguardo la gestione  Meli  pare  chiarissimo.

 

 Nell'intervista c'è la genesi dell'assunzione di Mauro Meli. C'è il passato del Teatro, il presente. Ma soprattutto il futuro, ad oggi così improbabile.

 

L'INTERVISTA

 


 

Vorrei, ma non posso, non partire dall'intervista a Meli sulla Gazzetta.

Bene. Perché è stata solo una preparazione al suo incontro con la Commissaria, per ammorbidire l'annuncio di un deficit, una protesta dei dipendenti e la necessità di danaro, invocando quel cda che lui e l’ex sindaco a lungo hanno convocato non per discutere scelte, ma solo per annunciarle, determinando anche per questo le dimissioni di Maurizio Marchetti.

Cosa pensa della protesta dei lavoratori?

Sono lavoratori altamente professionalizzati, innamorati di questo Teatro. Protestano contro la Casta che li governa ed amministra, perché non dimentichiamo che la Fondazione Teatro Regio, che non è una società per azioni, ha una varia gamma di soci fondatori, e questo ha determinato una variegata governance tecnicamente paritetica - una poltrona, un voto - alla quale non corrisponde paritetica partecipazione economica. E coloro che dovrebbero rappresentare i veri interessi della cultura musicale della città sono assenti dal cda, penso all'Istituto Studi Verdiani.

Torniamo ai lavoratori.

Mentre la Casta è assai ben pagata e implementata, i dipendenti da anni non vedono un euro di aumento, né un incentivo alla loro dedizione e non hanno stabilità. Crede che le assunzioni dei collaboratori effettuate per chiamata diretta da Meli o altre assunzioni politiche di poca concepibile utilità non arroventino gli animi? So che una delle ultime, curata personalmente da Carlo Iacovini (ex dirigente in carcere per l'inchiesta Green Money, ndr), ha spinto il braccio destro di Meli, Liuzzi, ad inviare una mail al sollecitatore per domandargli cosa avrebbero dovuto far fare alla neo assunta, visto che era imposta.

Anche l’Orchestra si lamenta.

L’Orchestra del Teatro Regio, a quanto ne so, non esiste, perché purtroppo non è mai arrivata ad esistenza. Quando sono uscito dal cda si era approvata una convenzione che prevedeva un percorso di crescita qualitativa e riorganizzazione giuridica, percorso arenato, ritengo per la stolida filosofia dell’ex sindaco-presidente che ha cancellato tutto quello che avevano creato e pensato coloro che non gli avevano dato il voto: la strategia delle purghe con effetti visti nel tempo necessario perché si compia il detto che il tempo è galantuomo. Sempre.

Mi par di capire che secondo lei oggi non sia possibile ricapitalizzare, come annunciato da Meli.

Tecnicamente ricapitalizzare una Fondazione non è fisiologico; la Fondazione ha un fondo patrimoniale che la mantiene, non un capitale, non credo si voglia trasformarla in una società di capitali.

La verità è che comunque occorrono soldi.

Naturalmente. Ma è una verità datata, da quell'agosto del 2005 in cui Meli mise per la prima volta piede nel nostro Teatro. Il suo ruolo era di reperire finanza e diventare direttore artistico.

Nessun’altra delega?

Per certo no! Soprattutto quella di firmare assegni. Purtroppo, non so se con attendibilità, una certa fama lo precedeva e l’amministrazione Ubaldi era attentissima ai costi, e l’assunzione di Meli, che io stesso curai, è avvenuta in un contesto economico-politico molto rassicurante.

Meli insomma fu assunto dietro sponsorizzazioni.

Il maestro Muti telefonò personalmente da Vienna all’ex sindaco Ubaldi rassicurandolo sul fatto che l’assunzione di Meli avrebbe significato una sua più sollecita partecipazione alle rappresentazioni del Teatro. Poi c’erano i politici, gli amici influenti economicamente e non solo, gli imprenditori sponsor che sarebbero stati garanti del futuro del Teatro.

Spariti tutti.

Tutti, lasciando il Teatro indebitato. Pensi che il concerto di Muti sponsorizzato da Mediaset e da Mediaset mandato più volte in onda, contemplava una sponsorizzazione di 75mila euro che non mi risulta pagata, né richiesta giudizialmente.

Quindi come fare per immettere soldi nella Fondazione?

Il metodo si trova, ma prima occorre trovare chi li mette, che dovrà avere fiducia in chi li amministra. Quando un sovrintendente non s'interroga come mai ben tre ministri della Cultura non abbiano prestato interesse al Festival, e a proposito di Galan, che invece è interessato al ROF di Pesaro, si limita a dire “mi spiace”, tanto il Festival è “molto ben frequentato in genere” e “ha potuto regalare migliaia di turisti a Parma e alle Terre Verdiane”, credo ci troviamo dinnanzi a un atteggiamento snobistico improponibile.

Quali, a suo avviso, le criticità di questa gestione?

Nel ritenere che un Festival si costruisca con banali intuizioni di marketing, addobbando la città e impolverando le vetrine con dismessa attrezzatura di scena, costumi scoloriti e piume variopinte. Nel tentare di far credere che aprire il Farnese per “cose straordinarie” e a un “pubblico consapevole” sia la realizzazione di un sogno, forse solo suo e di coloro che ha ringraziato, dimenticando di ringraziare tutti quelli che per realizzare questa “apertura” si sono, mi passi il termine, smazzati. Se poi si agitano hanno ragione, e se chi li ha fatti agitare dà loro anche ragione, credo che abbiano motivo di agitarsi ulteriormente, perché al danno si aggiunge la beffa.

Quindi come vede il 2013?

Le vere celebrazioni si faranno altrove, certo alla Scala.

Con cui Meli preannuncia intese.

Il tema è scottante, dalla Scala Meli è stato invitato ad andarsene e pare non abbia lasciato buoni ricordi. Da noi avrebbe dovuto verificarsi la catarsi. Nell’intervista l’argomento, avrà notato, viene accennato, se non glissato.

Se si trovasse a dover assumere decisioni, cosa proporrebbe?

Einaudi insegna che per deliberare occorre conoscere, per conoscere occorre imparare, posso dunque dare solo suggerimenti generali. Occorre subito un controllo di gestione, soprattutto dei costi del fornito e forse non indispensabile vertice; poi una credibile programmazione pluriennale con business plan da presentare a soci e banche; una riorganizzazione aziendale e statutaria che consenta dialogo fra gli operatori e accantoni l’attuale logica gestionale priva di democrazia; è indispensabile fare sistema con altre strutture; puntare alla qualità e non al fare per il fare; progettare un futuro che possa interessare sponsor e ministeri, diversamente resteremo gli sporadici elemosinieri che col “raccattato” fanno venire una sera Abbado al Farnese per i pochi “consapevoli” della “cosa straordinaria”.

Ma una ricetta concreta?

Ho visto all’opra Giovanni Pacor al Carlo Felice di Genova dopo il commissariamento. Lì la formula che crisi e mancata “ricapitalizzazione” hanno imposto è semplice: un sovrintendente da 70 mila euro l’anno, agenti spiazzati da oltre 600 audizioni dirette di giovani cantanti arrivati da tutto il mondo, recupero di bellissimi allestimenti e noleggio economico di altri. Produzione nuova di spettacoli unici: questo richiama pubblico selezionato, non i charter parrocchiali. Poi giovani talentuosi maestri, che tanti ve ne sono ed economicamente vantaggiosi, in quanto non gestiti da famosi agenti che in città sono costati un debito alla Toscanini dal quale si sta risollevando a fatica, ma con bravura e coraggio.

Già, la Toscanini. Cosa mi dice in chiusura?

Spero che possa contribuire a risollevare le sorti musicali della città e dall’esilio dell’Auditorium rientri a pieno titolo al Teatro Regio, ricomponendo questo incomprensibile scisma.

Sarebbe una rivoluzione...

La città ha bisogno di quello, anche in campo musicale. Per un nuovo risorgimento e una nuova credibilità, all’insegna del famoso W V.E.R.D.I., finalmente.

                                      meli_ride M.Meli ridens      

 


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