Il Corriere della Grisi è un blog di
appassionati d'Opera, assidui e giovani
frequentatori(finalmente!E' un pregio )
di molti teatri italiani e in particolare
della Scala.Non si tratta di esagitati
melomani oltranzisti, bensì di persone
preparate, in molti casi molto colte,
professionisti in carriera, lontani dal
cliché del tipico loggionista ignorante,
rozzo e ineducato.
In occasione della quarta recita di “Tosca”
martedì scorso , all'uscita del teatro ,
alcuni membri di questo gruppo, rei di aver
contestato i protagonisti dello spettacolo
(il tenore Kaufmann, il soprano Dyka
soprattutto), sono stati circondati e
insultati da un secondo gruppo di
loggionisti, i tipici " anziani
"(nonnismo?),arrivando quasi alle mani.
Il fattaccio, decisamente riprovevole , mi spinge ad alcune considerazioni e ad alcune notazioni di carattere “storico” sulle intemperanze dei loggioni.
E' in atto, almeno dal 1990, un progetto abbastanza preciso: quello di eliminare ogni forma di dissenso dal teatro d'Opera. Perché 1990? Fu allora che alla Scala , allestendosi per la prima volta “Traviata” dopo la mitica esecuzione affidata al trio Callas-Visconti-Giulini e dopo il flop Karajan-Freni, la direzione decise di chiudere il loggione e consentire l'ingresso ai soli turisti e ad innocue vecchiette, un pubblico selezionato che non avrebbe mai contestato la stonata Fabbricini, il fracassone Muti e l'insipida Cavani.
Così fu ed iniziò l'Era del consenso organizzato.
Tuttavia, anche analizzando i furori loggionistici delle fronde milanesi e parmigiane, possiamo affermare tranquillamente che il melomane di oggi è assai meno violento ed esarcebato rispetto ai suoi colleghi del passato. In Teatro può volare qualche fischio e qualche improperio, ma nulla in confronto a ciò che accadeva nel Settecento, quando le diverse fazioni di appassionati giungevano a sfidarsi a duello per questo o quel cantante, non necessariamente un soprano: per il basso Claude Chassé, attivo tra il 1720 e il 1750, giunsero a duellare addirittura due donne!
Tanto amore, tanta infuocata passione portarono ad eccessi incredibili, in tutte le epoche: il soprano Adelina Patti, a San Pietroburgo, ebbe l’onore di essere trainata dai propri fans, dopo che questi le staccarono i cavalli dalla carrozza; a Lillian Nordica, altra celebre Diva del primo Novecento, venne dedicata una nave da guerra, la U.S.S.Nordica; Géraldine Farrar, stella del Met, fu sempre seguita dalle cosiddette “Gerryflappers” , uno stuolo di ragazzette pazze per lei , pronte a portarla in trionfo per tutta Broadway nel 1922, quando si ritirò a soli 40 anni dalle scene. Scene di autentico fanatismo hanno accompagnato le vicende artistiche di Caruso, Gigli, Schipa, della Callas, della Tebaldi, di Di Stefano, Del Monaco, Corelli, fino ad arrivare agli strapopolarissimi “Tre Tenori” (Pavarotti, Carreras, Domingo), quasi un marchio, una griffe. Dei tre moschettieri Domingo è certamente il più amato, soprattutto dal pubblico femminile che ha saputo negli anni ingraziarsi, con una ammirevole e sapiente captatio benevolentiae, facendosi perdonare le numerose stecche e le note omesse in “Otello” e “Sansone”.
Sarà bene ricordare che il melomane non va confuso con il claqueur. Il primo è tale a titolo gratuito e, anzi, sta continuamente sulle spese, il secondo fa parte di un gruppo organizzato e pagato, dal Teatro o da singoli artisti bisognosi di un sostegno di applausi . La claque nasce, come si sa, con l’imperatore Nerone, baritono di voce ma tenore di cervello, il quale stabilì che le sue eccezionali doti canore meritassero un’adeguata presenza di plauditores entusiasti. Scritturò così qualcosa come cinquemila schiavi egizi, pagati profumatamente, che lo acclamassero ripetutamente al termine di ogni esibizione. L’imponente plotone era diviso in: bombi, che applaudivano all’unisono, imbrices, che imitavano il suono della grandine, e testae che riuscivano ad applaudire producendo effetti simili alle stoviglie che vanno in frantumi. Svetonio narra che il cavallo di battaglia di Nerone fu una cantata dal titolo “La Niobe” , della durata di quasi quattro ore! Più o meno quanto due concerti di fila di Bocelli!
Nell’Opera la claque ha avuto alti e bassi ma di fatto ha resistito allo scorrere del tempo. Bérlioz scrisse pagine memorabili e molto divertenti sulla claque attiva presso l’Opéra di Parigi. Un secolo più tardi, nel 1911 , il soprano Meta Reddish, debuttante al San Carlo di Napoli, venne contestata duramente dai loggionisti perché aveva pagato una cifra non adeguata al rappresentante della camorra (alias= il capoclaque!) , insomma quasi un “pizzo” ; nel 1992 , ancora a Napoli, l’Adriana Lecouvreur con Raina Kabaivanska e Nunzio Todisco vede lo scontro violento tra due diverse claques, quella del soprano e quella locale del tenore, stavolta senza pizzo ma con tanti coloritissimi epiteti. Episodi legati alle intemperanze della claque si trascinano fino ai nostri giorni, né mai cesseranno di esistere: nel 2001 a Parma, città celebre per i suoi focosi loggionisti, una piccola ma rumorosissima claque milanese del soprano Fabbricini contestò violentemente il soprano Denia Mazzola, giunta a sostituire l’indisposta collega nell’impervio ruolo verdiano di Lady Macbeth; alla Scala di Milano, durante l’Era Muti (1986-2005) , si può dire che quasi ogni spettacolo diretto dal Maestro non sia passato indenne da contestazioni, con la presenza di una piccola claque pro e un’altra fazione, non meno agguerrita, contro (si ricordano spettacoli molto vivaci, loggionisticamente parlando, come Traviata, Vespri siciliani, Pagliacci, Forza del destino, Guglielmo Tell, Don Carlos,Rigoletto, Trovatore, Attila…).
In tempi più recenti possiamo constatare che il pubblico (vuoi per il progressivo misconoscimento dell’Opera, vuoi per l’aumento dei prezzi del biglietto, vuoi per un certo qual buonismo imperante) si sia rabbonito, fino agli eccessi imbarazzanti del Metropolitan di New York, dove ogni recita è comunque un trionfo, a prescindere dalla qualità dell’esecuzione. Per una orrenda Madama Butterfly nel glorioso tempio americano si dovette vedere la nonagenaria Licia Albanese, mitica Violetta di Toscanini, sola e unica a “buare” sonoramente lo spettacolo che invece veniva osannato dal resto del pubblico. In Germania, nonostante gli orribili allestimenti che spesso scempiano le opere liriche, il pubblico educatamente applaude senza dissentire, limitandosi ogni tanto a contestare le uscite degli improvvidi registi. In Italia, si è detto, frange di contestatori permangono nelle capitali “calde” come Milano, Parma, Firenze; ma il genere non è più di moda. Vi sono poi le istituzioni intoccabili, laddove tutto è perfetto “a prescindere” (come chioserebbe Totò): impossibile che vi siano contestazioni a Santa Cecilia in Roma, per esempio, in cui il pubblico pare sia un tutt’uno con la poltrona (gonfiabile e smontabile alla bisogna, con complicati meccanismi che scatenano l’applauso entusiastico e l’ovazione a comando).
Arriviamo dunque al fattaccio di “Tosca”.
Riportiamo qui quanto esposto nel blog “Il Corriere della Grisi” dai diretti interessati:
Da “Il Corriere della Grisi” \24.2.2011
EXORDIUM
Aggressore: Voi ascoltate solo dischi, dovete smettere ed ascoltare in teatro.
Donzelli: Ad arrivare alle estreme conseguenze del vostro pensare chiudiamo Brera e diamo fuoco al museo di fresco aperto del Novecento, che raccolgono opere cui si può compare un disco di Fleta o della Callas. Non solo, ma chiedete al commendatore Bergonzi a che può servire un disco di Aureliano Pertile e chiedeteVi a che può servire un disco di Jonas Kaufmann.
Aggressore: Andate ad insultare i cantanti in Via Filodrammatici!
Donzelli: Spiacente, la prestazione professionale e le approvazioni e riprovazioni connesse si svolgono sul palcoscenico non nelle vie adiacenti il teatro. Nelle via adiacenti, forse fate dell’autobiografia, circolano persone, che abusano di interessata piaggeria e adulazione. Noi non siamo quelli.
Aggressore: Chi vi paga?
Donzelli: Anche qui siete straordinariamente autobiografici nell’insulto. Ci paga la cultura, la curiosità ed il desiderio di imparare ed apprendere. Si impara assai più da un disco di Ernestine Schumann-Heink, che canta una canzoncina folk americana, che dalle orde che qui vogliono imporre la loro opinione, autoproclamatisi difensori di un teatro che ha, o avrebbe, altri argomenti per difendersi, se volesse.
Aggressore: Le do un cartone che l’addormento!"
Donzelli: Faccia pure così anziché un sordo per strada ne avremo uno al due (NdD: per chi non lo sapesse il "due" è San Vittore, il carcere mandamentale di Milano, situato in piazza Filangieri 2).
NARRATIO
E’ quanto sopra riportato lo stralcio, una porzione dei concitati dialoghi di martedì ore 23.30 circa in largo Ghiringhelli, innanzi quella che, ai tempi delle mie prime serate, era la biglietteria del teatro. Aggiungete grida, insulti e minacce di percosse e l’indecoroso spettacolo di persone anziane, docenti universitari, credo, difensori strenui di supposte esautorate bacchette, signore, che da ieri prontamente avranno già adito salotti e amiche a la page per dolersi di quattro ignoranti scalmanati, che sono state costrette anziché a parlare a fischiare e buare per insegnare ai detrattori della Scala educazione e cultura. Quale eduzione ci chiediamo perchè fischiare e buare le persone, che non sono artisti, è spettacolo inammissibile, incivile ed indecoroso fuori di un teatro, dove è, piaccia o no, prassi accettata. Siffatto comportamento denota un pericoloso percorso inverso all’evoluzionismo. Sino a quando i nostri aggressori saranno in posizione eretta e riusciranno, come i primati, a congiungere pollice con mignolo? La parola di fatto l’hanno già persa. Quale cultura se abiurano, per dire a sé stessi di avere sentito spettacoli encomiabili, il recente passato e cadono in palesi contraddizioni come quelle di uno dei miei aggressori, che mi invitava –novello fra’ Girolamo- ad un rogo delle vanità. Quale cultura ed insegnamento, che sarebbe di pertinenza dei majores, compiacersi di avere tenuto i comportamenti sopra descritti, vantarsene nel mondo virtuale e sulla carta stampata. Personalmente se lo ritengo prassi all’interno del teatro lo reputo vergognoso ed incivile fuori. Tutto ciò mi addolora e quel che è peggio diseduca ed allontana i giovani dal teatro e della cultura. Era, lo ricordo, se il titolo non fosse stato sufficiente la fine della quarta recita di Tosca, seconda del tenore Jonas Kaufmann. Brevemente lo svolgimento della serata: sotto il più assoluto silenzio le celeberrime romanze di Cavaradossi ed il duetto d’amore nella chiesa – quella di Centocelle, che sarebbe, nel libretto, Sant’Andrea della Valle, alla fine del “Vissi d’arte” vi erano state contestazioni sostanziose per la protagonista, qualcuno, apostrofati i contestatori con “imbecilli”, è stato prontamente rimbeccato con un “cretino”. Alla fine della serata graziato Lucic, Scarpia da teatro di Satu Mare (Bulgaria), riprovato, assai meno di domenica Herr Kaufmann, buata pesantemente Oksana Dyka. Non debbo nella narratio aggiungere quel che è successo fuori del teatro perché i protagonisti ne hanno menato vanto ovunque potessero e del fatto se ne occupata, con opinioni piuttosto differente dal manipolo di Vestali e Flamini della sera precedente persino la trasmissione radiofonica più ascoltata in Italia. Del vanto del comportamento aggressivo, che è confessione dei fatti, altrove impone la nostra dignità ed onestà dovrà occuparsi chi a ciò deputato. Me ne dolgo, ma non si può agire differentemente. Non si può – ripeto- agire differentemente perché gli incriminati buatori hanno, more solito dimostrato comportamento civile e consono al luogo. Chi ci ha aggrediti ha dimostrato solo di volersi arrogare il diritto, che non può e deve avere, di dire ciò che è bene e ciò che è male, ha dimostrato solo di voler imporre la propria opinione quale opinione del loggione. Questo può anche essere gradito a cantanti e loro agenti, che con questo aiuto, possono continuare a piazzare i loro prodotti, ma non sembra ufficialmente condiviso dal teatro. Mi domando il senso di questo comportamento autarchico. Credo sia il retaggio del passato recente e non (insomma degli ultimi quarant’anni) e della presunzione tutta scaligera di quelli ( ed erano in scena l’altra sera fuori dal teatro) che rispondevano al ventenne reduce, magari dal Tancredi veneziano “ se la Horne e la Cuberli non cantano in Scala non sono da Scala”. Il tutto nell’intervallo di Anacreonte con Elisabeth Connell !!!
Chiosa finale (Enrico Stinchelli):
Fino a che si vorrà considerare viva e
vegeta l'Opera in Italia si dovrà anche
consentire al pubblico di esprimersi
liberamente , sia per applaudire sia
per contestare uno spettacolo. Il prezzo
di un biglietto autorizza questa libertà.
Ciò vale a maggior ragione quando sul
palcoscenico si assiste a una "Tosca"
risibile , vocalmente e scenicamente,
come quella proposta dalla Scala.
Fischiare diventa il minimo.
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