A seguito della trasmissione di Fazio e Saviano , sulla mia pagina di Facebook ho pubblicato lunedì scorso una breve recensione “a caldo” , questa:
..sto cercando di seguire "Vieni via con me" , trasmissione che finora non avevo ancora visto...purtroppo non reggo questi continui sermoni, piagnistei, questa visione stracciona e macabra che ci viene quotidianamente ammannita dalla cronaca . Ho seguito Saviano che racconta la 'ndrangheta" come fosse... la storiella di Biancaneve, senza risolvere alcunché ma regalando carrettate di aria fritta. Guardo Fazio come il napoletanissimo "gallo 'ncoppa a' munnezza" e penso alla sua personalissima Beggar's Opera, molto ma molto ben pagata...nonostante sia lì con la faccia da Madonna dei 7 dolori. Entra Bersani...sembra Peppone, senza la simpatia né la verve di Gino Cervi. Poi entra Fini...recita un sermone sulla Destra, così dice lui, ma dice le stesse cose che aveva detto prima Don Bersani. Poi entra Paolo Rossi....inquietante...passo oltre...non mi fa ridere nemmeno per sbaglio, nemmeno per un nano-secondo. Ma sarebbe un "comico"? Che mestiere fa? Mah... Si passa poi al caso Englaro, entra in scena il padre, un uomo che ha talmente sofferto da non capire più QUANTO EGLI VENGA SFRUTTATO da chi sul dolore vuole far spettacolo... La cosa che più mi atterrisce è la sceneggiatura di questa nuova Tv del Dolore, il gobbo che stampa il sermone su casi e su situazioni che andrebbero seriamente vagliati e risolti da magistratura e forza dell'ordine, nei casi delinquenzali, o dai familiari , nei tristissimi casi riferiti all'eutanasia (un argomento che diventa addirittura osceno se spettacolarizzato in Tv)...Verdone in "Perdiamoci di vista" aveva previsto tutto già nel 1994...
Ricevo ora , attraverso una redazione amica di Radio3, lo scritto del sigg. Agostino Quadrino, eccolo nella sua stesura integrale:
Stinchelli, Radio3 e le critiche a Fazio-Saviano.
pubblicata da Agostino Quadrino il giorno martedì 16 novembre 2010 alle ore 13.41
Le critiche di Enrico Stinchelli alla trasmissione di Fazio e Saviano, postate ieri sera sul suo profilo facebook le trovo del tutto gratuite ed anche irritanti e per questo le avevo discusse nei commenti. Vedo di spiegare perché, qui in questa nota, che vuole prendere spunto da un episodio per parlare un po' di questioni più generali e a mio avviso rilevanti sul mondo della radio e della TV pubbliche in Italia.
Dispiace (per lui, che fa una brutta figura) il fatto che il simpatico Enrico abbia voluto immediatamente cancellare queste mie critiche dai commenti al suo post, provvedendo a bannare il sottoscritto dai suoi contatti, come subito segnalatomi da un contatto comune. Così di solito fa, in modo infantile e patetico, chi non sa cosa sia la rete e si bea di commenti plaudenti, senza avere la capacità dilaettica di controbattere.]
La trasmissione "Vieni via con me", salvo qualche caduta retorica, è uno dei rari esempi di televisione fatta per chi ha il cervello ancora acceso. Stinchelli critica questo genere di trasmissioni forse perché non conosce quale caravanserraglio di pacchi, veline, mostri in prima pagina, sangue e televendite è diventato il servizio televisivo pubblico, alla rincorsa della televisione commerciale del proprietario di tutto, che ha tolto ogni dignità culturale e civile a questo straordinario mezzo di comunicazione, in Italia, da venti anni ad oggi.Il programma di Fazio e Saviano ha il grande merito di avvicinare, giovani e non, ad una visione di quello che sarebbe il nostro paese senza il caravanserraglio berlusconiano a cui siamo incatenati in tutti i settori: fa vedere facce, racconta storie e presenta realtà sociali che di regola sono totalmente sommerse, soprattutto nei telegiornali e nel cosiddetto intrattenimento, semplicemente perché non funzionali al meccanismo commerciale ed elettorale dei cialtroni al potere e del loro capo. I miei figli, per esempio, 20 e 24 anni, che non vedono quasi mai la TV, hanno seguito con molto interesse le due puntate, scoprendo cosa è la camorra nei suoi rituali, cosa significa Unità d’Italia e cosa sarebbe il vero federalismo di Cattaneo e Filangieri, chi erano Falcone e Borsellino e così via… Ieri sera hanno anche capito che la politica e le posizioni di destra e sinistra sono qualcosa di diverso dal ciarpame quotidiano che ci ammorba senza alcun fondamento ideale e valoriale. Soprattutto hanno sentito parlare di politica, destra e sinistra, senza confondere questo nobile tema con la paccottiglia di prostituzione e furbate giudiziarie, come può pensare che sia la politica un ragazzo nato e vissuto nel ventennio berlusconico. Ma di questo Stinchelli non si interessa, e si avventa su questa rara occasione di riflessione e presa di coscienza civile e democratica, con piglio e snobismo meritevole di miglior causa.Eppure anche lui lavora per il servizio pubblico e forse a certi fattori dovrebbe essere più sensibile... Mi spiego.
Sono un assiduo (e grato) ascoltatore di Radio3 e quindi ascolto tutti i giorni anche la “Barcaccia”, trasmissione sull’Opera condotto dal nostro Stinchelli e da Michele Suozzo. Vogliamo parlarne, Stinchelli? Ok.
E’ la trasmissione più vuota e inutile di Radio3. Un continuo di sghignazzate dei Stinchelli e Suozzo, con la complicità del regista Attilio, in cui si fa solo stucchevole gossip su questa o quel personaggio del mondo della lirica, condita di prese in giro e tecnicismi del tutto gratuiti, che nonn fanno che confermare che l'Opera sia un campo per soli addetti ai lavori o maniaci del belcanto. Roba da casta, appunto, di chi non ha altre grosse occupazioni nella vita, senza alcun reale riferimento alla grandezza dela nostra tradizione e del patrimonio storico del nostro melodramma, come invece impariamo in tutte le altre splendide trasmissioni musicali di Radio3. Personalmente la ascolto da tantissimi anni: non ho imparato nulla e tanto meno ho iniziato ad amare l’opera. Non mi dice nulla l’insistenza dei due conduttori su particolari insignificanti e pettegoli circa la mise della Bartoli nell’ultima soirée, o gli sghignazzi sulla stecca dell’ultimo tenore di provincia. Pensano di essere spiritosi: non lo sono, sono stucchevoli e a volte irritanti. Sarebbe interessante anche sapere, a questo punto, quanto vengono pagati questi due signori per farsi quattro risate in diretta dall’una a alle due meno un quarto, tenendo conto delle difficoltà che hanno i giovani, anche molto preparati e seri, a trovare un impiego o ad avere un contratto in Rai. Ah, dimenticavo, Stinchelli: mia figlia, quella che guarda la TV di Saviano e Fazio che al tuo gusto schizzinoso e scioccamente elitario non piace, è laureata brillantemente in musicologia e studia da molti anni canto lirico. Motivo per cui, stando nell’Italia che “Vieni via con me” critica e che a te non piace, dovrà forse emigrare all’estero per cercare un lavoro dignitoso nell’ambito della cultura e della musica. Tu e Suozzo però un posto in Rai fortunatamente per voi l’avete trovato, magari criticando il servizio pubblico che vi paga. Ok, il mondo va così, però cercate di sghignazzare di meno in Radio: qui, anche se a voi non sembra, non c’è davvero molto da ridere.
Rispondo volentieri al sigg. Quadrino:
Caro sigg. Quadrino,
Le sue note riguardanti la trasmissione di Fazio sono opinioni che accetto come tali. Ho contestato il format, i toni, le luci, la fattura del programma non i contenuti, nobili e giusti. Il piagnisteo,il sermone, come avrà capito, non mi garba. Ma sono opinioni , appunto.
Sulla questione Barcaccia, invece, Le voglio rispondere in modo più approfondito, visto che si è lanciato in critiche abbastanza astiose e cariche di acredine.
Lei si dichiara “assiduo ascoltatore”...tutto da dimostrare e mi permetta di dubitarne assai. Se così fosse e tanto sdegnoso nei confronti del programma, perché mai dovrebbe continuare ad ascoltarlo, anno dopo anno? Per farsi del male? La verità è che sono proprio le Sue critiche a dimostrare che Lei il programma non solo non lo ascolta con la necessaria frequenza (e di ciò mi dispiaccio) , ma quelle poche volte lo ascolta anche male.
La Barcaccia pur nella sua connotazione originale di “varietà operistico” , unica al mondo, compie una profonda e sistematica divulgazione dell'Opera con rubriche appositamente organizzate per questo: “Storia della Voce”, “SuperOPera” i megaeventi , ospiti in studio (oltre 500 artisti dal 1988 a oggi, tra i più grandi cantanti, direttori d'orchestra e registi), aria al microscopio (confronti tra varie interpretazioni storiche di un medesimo brano), ascolti rari e talvolta inediti, novità discografiche, cronache e perle nere, il tutto con un tono disincantato e allegro, il più possibile, visto che non amiamo indossare toghe, ammannire sermoni o stabilire dogmi.
Ogni giorno riceviamo svariati messaggi, telefonate e mail di plauso e di ringraziamento, da parte di fedeli e assidui ascoltatori (loro sì) e soprattutto da nuovi, anche giovanissimi amanti del melodramma o della radio.
Le critiche, se costruttive, servono a migliorare. Chi mi conosce bene sa che le ho sempre lette tutte : se non avessi fatto così la trasmissione non sarebbe sopravvissuta e non avrebbe avuto il successo che ha, dal 1988 a oggi, con oltre 4500 puntate.
Il problema è che la Sua critica, signor Quadrini, non è costruttiva affatto.
Si lamenta, oltretutto, per averLa io eliminato dai miei “amici” in Facebook. Ma scusi: è il minimo. Dopo quello che ha scritto?! L'amicizia vive nei social networks di strane contraddizioni, il concetto è spesso molto frainteso. Dimostri di essere un amico e io non avrò difficoltà a inserirLa nuovamente nel gruppo.
Non entro nel merito di altre questioni, che Lei ancora una volta con acredine , ha sollevato. Pensi piuttosto a impegnarsi nel Suo lavoro con la stessa passione, lo stesso entusiasmo e la stessa forza con le quali mi impegno io quotidianamente, poi parleremo delle gratificazioni che questo lavoro produce.
Si ricordi quanto scrisse il grande Jules Rénard nel lontano 1907:
Nous sommes ici-bas pour rire.
Nous ne le pourrons plus au purgatoire ou en enfer.
Et en Paradis ce ne serait pas convenable.
( Siamo quaggiù per ridere.
Non potremo più farlo in Purgatorio o all'Inferno.
E, in Paradiso, sarebbe sconveniente.)
La saluto, i miei in bocca al lupo per le Sue figlie, ascolti la Barcaccia da domani in poi e si faccia una bella risata, dopo si sentirà meglio, mi creda.
Cosa accadrà del nostro magico carrozzone? Possibile che si debba inquadrare sempre e comunque lo spettacolo operistico come qualcosa di vecchio, stantìo, legato a fasti trapassati, a riti scontati ; uno spettacolo destinato "a vecchiette e gay" , come sentenziò sommariamente ma purtroppo realisticamente un attento “lookologo” come Roberto D'Agostino?
Possibile che i giovani, cioé il futuro, disertino l'Opera con coscienza di ciò, preferendo invadere le discoteche, alla ricerca della trasgressione, della droga, della perversione? Obbligare il Presidente degli Stati Uniti, il Papa o chi per loro a emettere decreti contro la cosiddetta "delinquenza giovanile" (rientro a casa per i minori alle ore 21, chiusura anticipata delle discoteche, proibizionismo, coprifuoco ), non è un buon sistema e lascia immaginare un mondo notturno assai peggiore di quello diurno. Si sa bene che i delitti più efferati vengono perpetrati tranquillamente con o senza la luce del giorno, con o senza le pillole di exstasy. Siamo poi così sicuri che la perversione abbia i suoi templi consacrati nelle discoteche, su qualche sito porno o pedofilo di Internet o nelle ex chiese simil-gotiche, o nei locali in cui il massimo del proibito consiste nello scambiarsi il partner , sputare su crocefissi, inneggiare a satanassi, drogarsi o infilare banconote nelle mutande delle striptiseuses? Non è forse il Teatro d'Opera , al di là delle accuse di vecchiume , a rendersi luogo insospettabile in cui perversione e trasgressione si annidano, subdoli, per dipanarsi attraverso i messaggi subliminali proposti dalla Musica e dal codice segreto dei libretti?
Luoghi promiscui i Teatri, latori di messaggi demoniaci occulti (si pensi alla Scapigliatura milanese, alle opere di Boito e ai suoi testi) , ricettacoli di personaggi ambigui e manicomiali ( la follìa di Peter Grimes , di Lucia di Lammermoor, di Elvira nei Puritani; la perversione del venditore d'oppio Chim Fen nell'Oracolo di Leoni, vero e proprio horror alla Dario Argento).
Ecco la significativa , raccapricciante scena finale dell'Oracolo, un'opera che data il 1915:
(Cim-Fen, sotto il flagello di un'angoscia inestinguibile che lo paralizza, si sforza per sollevarsi. Uin-Scî, scrutandone ogni moto, lo tiene come inchiodato.)
L'aspide velenoso si nascose Nella tua pestifera tana... Poi strisciò fuori nella strada per un'altra uscita... E tornò qui... E alzò le mani ... E gridò: "Un assassino! ... Dei di pietà ... Che è il miserabile che l'ha ucciso?"
(Alle ultime parole sono balzati in piedi. Cim-Fen, stravolto, con uno sforzo supremo, respirando a pena, ha tratto dalla mancia della veste il cotello. Uin-Scî, di scatto, gli è sopra, terribile. Sulla panca con un colpo furioso della mano sinistra sulla testa, lo abbatte; con la destra gli pianta la scure nella nuca. Il corpo agonizzante, automa tragico, sorge, la bocca semiaperta, gli occhi fuori da l'orbite, le mani brancicanti nell'aria, e ripiomba, inerte, sulla panca. L'arma cade a terra.)
UIN-SCÎ: (Aggrappa il codino di Cim-Fen, glielo avvinghia intorno al collo, e lo soffoca.) Senti il rombo del sangue vertiginoso? Senti l'algida morte salire al cuore? Fremi di spavento nella fiera agonia! Il tuo spirito malvaggio inorridisce davanti al corpo deforme? Tendono i demonî gli artigli bramosi? Ti appesta il puzzo dell'inferno? Vedi negli spazî infiniti l'ombra soave della tua vittima innocente? Mio figlio, l'unico figlio mio, Morto senza una parola d'amore! Soffoca nel tuo sangue avvelenato! La mia missione è compiuta! Va! Ruina nella terrible notte!
(Si appressa il romore di un passo. Repente Uin-Scî raccatta l'arma ed il cappello di Cim-Fen; quella getta su la scala della cantina, questo gli acconcia aulla testa tenendo, con un braccio conserto, il corpo morto perchè non stramazzi. — Mentre parla, una guardia di città, dal vicolo, si dirige a destra, poi attraversa la strada lentamente, e va dalla sinistra.)
Pensa prima all'uomo lussurioso Che la brama dell'oro e del potere spinge A turpi voluttà, risplendente d'ignobile fulgore. Pensa quindi al suo corpo inputridito, Come ossesso da lividi demoni, Egli finì la trama della vita sua Esaminato dal terror di sè.
(Si guarda d;intorno. Si alza. Accende la pipa. Ad agio si dirige verso il vicolo coperto, e scompare. — Il cadavere procombe a terra. —Primo albore d'aurora.—Un gallo canta.)
Cala la tela.
Teatri d'Opera: santuari eretti su trame spesso ripugnanti , con omicidi , stupri (si pensi al Rigoletto di Verdi e alla deflorazione della povera Gilda) , incesti , violenze e torture d'ogni tipo (il secondo atto di Tosca dovrebbe essere vietato ai minori e ai malati di cuore: “Il vostro Mario ha un cerchio uncinato alle tempia, che ad ogni niego ne sprizza sangue senza mercé!” , urla Scarpia), scene che si consumano e a volte si stemperano nella maschera protettiva offerta dalle esecuzioni canore, più o meno esaltanti.
Il vero melomane, non dimentichiamolo, è colui che sentendo cantare una donna in bagno, si avvicina al buco della serratura e vi pone…l’orecchio.
Si vuole l'orgia o l'ammucchiata selvaggia? Perché cercare di sottecchi il filmino hard su Internet o accontentarsi delle cronache gossipare su Berlusconi quando Bomarzo di Ginastera assicura ammucchiate eccezionali in scena e , per di più, nel celebre Parco dei Mostri? Vi affascina il trans , vi solletica l'amore saffico, subite l'attrazione fatale per l'ermafrodita? Perché aggirarvi nel buio dei suburbi , chattare alla disperata o abbonarvi al club privato, perché ispirarvi a Marrazzo quando basta semplicemente frequentare i boudoirs dei teatri lirici, zeppi di fiere vestali d'un tempio un pò vacillante , vero e proprio Satilyricon , decadente quanto basta per solleticare gli spiriti più irrequieti.
Viados, femminielli o signore Leonida stile Bagaglino sono stati scoperti dal Melodramma secoli e secoli fa. Nel Seicento si scandalizzava forse qualcuno se apparivano in scena donne in abiti maschili o viceversa? Nel Serse di Cavalli, la regina Amnestris , innamorata del Re di Persia, era interpretata dal celebre Melani, un monaco castrato. A un certo punto dell'intricatissima vicenda la regina si traveste da uomo. Risultato: un uomo nella parte di una donna travestita da uomo e innamorata di un uomo! Nemmeno Julie Andrews in Victor Victoria era arrivata a tanto.
La modernità e l'eternità dell'Opera sta proprio nei suoi paradossi , nella sua smania pazza di non morire, a dispetto di tutti. L'Opera lirica è l'unica vera cultura pop mai prodotta nel nostro paese, è la più calzante allegoria del presente: trame pazzesche, primedonne litigiose, buzzurri vocianti travestiti da gentiluomini ma è, in fondo, anche l'unico spettacolo politicamente corretto, dove le minoranze sono protagoniste: Carmen è una zingara, Rigoletto è un gobbo, Aida e Otello sono neri. Ed è solo grazie al Belcanto che l'Italia viene ancora rispettata nel mondo.
Sono poche le voci e le artiste “rare” , “preziose” , fuori dalle consuete categorie che spesso stupidamente incasellano le voci come in dorate gabbie: una di queste è appunto Shirley Verrett, che ci ha lasciati in questi giorni, dopo aver dedicato gli ultimi 14 anni della sua vita all'insegnamento, presso l'Università del Michigan.
Una vocalità sui generis, come è tipico delle voci di colore: ampia nell'estensione, velata in qualche nota di passaggio, non torrenziale nel volume ma penetrante, sinuosa, impareggiabile nel fraseggio e nella espressività interpretativa, cioé quel quid che fa la differenza tra una brava cantante e una fuoriclasse. Shirley Verrett aveva in effetti tutto ciò che occorre per diventare mitica: poteva permettersi di dominare i palcoscenici più prestigiosi come Carmen, Eboli, Ulrica, Dalila, Cassandra, Azucena, Favorita, Amneris, Orfeo, quindi ruoli da autentico mezzosoprano se noncontralto in taluni casi, e poi volare sopra il pentagramma, ancora più in alto, con Tosca, Norma, Medea, Amelia, Desdemona, Aida. Senza mai tralasciare una continua, sistematica attività concertistica, con la assoluta padronanza del repertorio liederistico, del Gospel, del musical persino.
Shirley Verrett si identificò , a mio parere, in un personaggio: Lady Macbeth. Pare quasi che Verdi, nella sua folle e geniale ricerca di una voce aspra, tagliente e mostruosamente estesa, abbia presagito esattamente l'avvento di una tigre come la Verrett Eccezionale in disco e in teatro con Abbado, la Verrett ha lasciato testimonianze di questo ruolo ben difficilmente eguagliabili.
Elegante e simpaticissima, la Verrett fu una donna estremamente semplice e diretta nei modi.
Io la conobbi nel 1988 quando fu la prima ospite in studio della Barcaccia (allora Foyer) in via Asiago. Si presentò con un enorme pelliccione da superDiva, accompagnata dalla fida segretaria Simonetta Lippi. Dopo pochi minuti la diva lasciò il posto a una donna di trascinante spontaneità, pronta a parlare della nonna sciamana a cui si ispirava per i personaggi stregoneschi di Azucena e Ulrica, dei suoi studi inizialmente osteggiati dalla famiglia, delle mitiche lezioni alla Juillard School. Unica concessione al divismo la risposta netta :”Io non sono una nuova Callas o una nuova...chissà chi....io sono la Verrett!”. La incontrai di nuovo a Roma, in occasione di concerti e in giro per l'Italia, paese che adorava: a Trapani, persino, durante il Concorso Di Stefano, sempre luminosa, bellissima, un sorriso che ti conquistava all'istante.
In palcoscenico era animata da un duende impressionante: chiudeva il Trovatore con una risata diabolica e pareva davvero invasata, ma anche in Carmen aveva degli sguardi di fuoco, che fulminavano sia Don José che il pubblico. Grandiosa in Dalila, con un legato e una proprietà stilistica che ritroviamo in pochissime sue colleghe. Al Scala ebbe una disavventura, interpretando con Pavarotti un'Amelia in Ballo in maschera che non piacque all'allora esigentissimo pubblico (se avessero saputo quali “bocconi amari” avrebbero dovuto digerire pochi anni più tardi....altro che fischi alla Verrett!!!). Ancor peggio andò durante un concerto di canto in cui, come bis, volle cimentarsi nella cavatina di Rosina dal “Barbiere” di Rossini: apriti cielo...venne massacrata di “buh!” e fischi, tanto da scoppiare a piangere e chiedere al pubblico della Scala “Perché??Perché??” , una scena straziante che finì sul Telegiornale. Altri tempi, se pensiamo al concerto della Fleming o a tante, osannate interpreti di cui preferisco tacere il nome.
Un apporto determinante alla Rossini renaissance fu proprio da parte della Verrett, la cui vocalità duttile, agile, fantasiosa ed estesa, consentì l'approccio con quell'”Assedio di Corinto” diretto da Schippers che costituisce una sorta di pietra miliare.
Nel 2003 pubblicò un libro autobiografico, “I never walked Alone” , in cui rivelò l'ostracismo razzista che dovette subire in America durante i primi anni di carriera.
Raccolgo la giusta protesta dei lavoratori del Teatro Lirico di Cagliari, in agitazione per i guasti creati dalla malagestione di questi ultimi anni.
Massacrato dai debiti generati da Mauro Meli e dal suo complice-cliente Valentin Procinsky, agente avido e privo di scrupoli, il Teatro di Cagliari ha ereditato una marea di deficit che l'attuale sovrintendente, Maurizio Pietrantonio, non è riuscito a scalfire se non in minima parte. Dopo circa 18 anni si è dimesso un altro complice di questo disastro amministrativo, il direttore artistico Biscardi ma ciò è avvenuto, come si suol dire, quando ormai i buoi erano scappati dalla stalla.
Il risanamento di Cagliari non può che avvenire restituendo alla città un Teatro pulito, gestito con onestà e competenza ma, stante l'attuale situazione dei finanziamenti pubblici, il deficit non può essere risanato senza un preciso piano marketing e l'intervento dei privati. E' un processo lungo, c'è il rischio che -come sempre- paghino i lavoratori.
Lo scritto di un lavoratore del Teatro, e pubblicato qui di seguito, fa capire molte cose "tecniche" anche a chi è totalmente avulso da questioni amministrative.
Gentilissimo M° Stinchelli,
dopo aver letto ed apprezzato la sua ottima analisi sulla situazione dell'Opera di Roma, mi viene facile trovare molti punti in comune con la situazione del Lirico di Cagliari. A tal proposito vorrei sottoporre alla sua attenzione le mie modeste considerazioni sulle spese di Cagliari fatte dopo aver potuto prendere visione del "bilancio d'esercizio per l'anno 2009". Desidero premettere che i dati che le fornisco non sono coperti da nessun segreto in quanto i bilanci sono cosa pubblica, per chi li vuol vedere. Le mie considerazioni sono molto modeste, non è più di una semplice "lettura e commento di uno scontrino" così come farebbe un marito stufo di una moglie spendacciona (e viceversa !). Vedrà che ci sono elementi sufficienti a sostenere la nostra protesta e a dare ragione alla sua affermazione secondo la quale si possono salvare i teatri lirici italiani: basta volerlo. Prima di salutarla desidero sottolineare che le mie valutazioni prescindono da ogni pregiudizio nei confronti della fazione politica a cui appartiene il nostro sovrintendente (Meli era uno "di sinistra" e fa di peggio !) e consideri inoltre che questa mia relazione è già stata consegnata a stampa e politici. Grazie per l'attenzione
Cordiali saluti
Alcune considerazioni sul
BILANCIO DI ESERCIZIO DEL TEATRO LIRICO DI CAGLIARI – Anno 2009
Nel prendere visione del bilancio consuntivo del 2009 per quanto non sia nelle nostre possibilità poter entrare nei dettagli delle voci di spesa, è sicuramente possibile fare alcune valutazioni in merito alla necessità reale delle spese dichiarate e sulla loro consistenza. Nel contempo abbiamo voluto evidenziare le cattive capacità imprenditoriali e gestionali del gruppo dirigente del Teatro Lirico di Cagliari che, da tempo, persevera nel proporre programmi che, a fronte di costi esagerati, non riscuotono un sufficiente consenso del pubblico. Tali valutazioni sono fatte nella più assoluta buona fede sull’ammontare delle cifre riportate. Non è perciò nelle nostre intenzioni e nelle nostre facoltà dubitare, in linea generale, della veridicità di quanto riportato. Questo è, casomai, un compito che spetta alle autorità competenti il cui intervento sarebbe auspicabile. Noi non abbiamo fatto altro che porre in evidenza incongruenze e imprecisioni che meritano sicuramente un maggior approfondimento.
( N.B. In grassetto le pagine a cui si riferisce la nota e sottolineato quelle che sono precise voci di bilancio.
Le cifre sono riportate esattamente come figurano in bilancio )
L’esordio del Sovrintendente è già di per sé sorprendente. Infatti, nella relazione introduttiva, alla pag. 8, parla di un “… sostanziale mantenimento complessivo del pubblico utente…”. Due righe dopo lo “dimostra” coi numeri da cui si evince che dal 2006 al 2009 abbiamo avuto un calo di pubblico pari a 7873 spettatori. La matematica, per questo CdA, è un opinione.
A pag. 14 vediamo dalle cifre riportate nella tabella CONSISTENZA MEDIA del PERSONALEANNO 2009 che su 354 dipendenti ce ne sono 7, assunti a contratto di collaborazione professionale autonoma, che costano 707.771 euro all’anno (mediamente 101.000 euro ciascuno) contro 347 dipendenti che costano 11.727.199 euro annui (media 33.800 euro ciascuno, che sta a significare uno stipendio medio netto di circa 1600 euro mensili per 14 mensilità. Vorrei ricordare che una certa stampa ci definì “lavoratori da 70.000 euro all’anno”).
A pag. 36 figura l’unica retribuzione isolata dalle altre del gruppo dirigente, cioè il Compenso eindennità sovrintendente, che ammonta a € 174.228. Da notare che, rispetto al 2008, lo stipendio del sovrintendente è cresciuto del 8% (€ 13.258 in più all’anno) nonostante la crisi economica e i tagli ai finanziamenti FUS. Questo dato è in contraddizione con la presunta riduzione del 20% che il sovrintendente avrebbe apportato al suo stipendio, così come dichiarato recentemente alla stampa. Se questo sia avvenuto nel 2010 non è possibile verificarlo, e comunque un aumento del 8% e una successiva riduzione del 20% significano che se una diminuzione c’è stata, è del 12%.
Nella stessa pagina abbiamo un maggior dettaglio dei costi del Personale con incarico professionale che, con i contributi, consistono in € 848.071. Fra queste figure possiamo sicuramente individuare, per quanto non risultino mai singolarmente considerati, i seguenti incarichi:
Direttore Artistico (Massimo Biscardi), Direttore di Produzione (Marco Maimeri), Maestro del Coro (Fulvio Fogliazza), Direttore Amministrativo (Vincenzo Caldo), Direttore del Personale (Vincenzo Caldo) e il signor Vargiu che sarebbe ora il responsabile di un fantomatico Ufficio Marketing dopo che è passata a Caldo la Direzione del Personale. Non ci è dato sapere quale sia la retribuzione di ognuno di loro così come non ci è dato sapere se il signor Vincenzo Caldo sia doppiamente retribuito per via dei due incarichi che ricopre. Le singole figure non compaiono mai in bilancio ma vengono considerate sempre come costo complessivo. Sappiamo comunque, dalla pag. 14, che si tratta di 7 contratti professionali. Se si sottrae, in quanto nota, la retribuzione del sovrintendente resta un costo di € 673.843 da ripartire in 6 persone, il che porta ad una retribuzione media annua per ciascuno di € 112.000 circa. Da notare che, ad esclusione del Sovrintendente, del Maestro del Coro e del Direttore Artistico, tutti gli altri incarichi potrebbero rientrare in categorie già previste dal CCNL ed essere perciò retribuiti secondo tabelle con una riduzione dei costi di oltre il 50%.
Alla pag. 37 vediamo alcuni costi nel dettaglio. Il dato più eclatante è quello delle spese sostenute peri Complessi ospiti che ammontano a € 1.316.000 (dato superiore a quello del 2008, alla faccia dei tagli). Questo, per un teatro che ha un coro e un’orchestra stabili, è il fatto più grave di tutta la gestione dissennata di questa e della precedente amministrazione. I lavoratori hanno da sempre contestato il ricorso sempre più frequente ai complessi ospiti ma tale protesta non è mai stata tenuta in considerazione. I costi di questi complessi sono addirittura superiori a quelli sostenuti per le Compagnie di canto (€ 1.285.165). Si consideri inoltre, come si vede dalla pag. 91 alla pag. 96, che l’affluenza di pubblico attirata da tali complessi è piuttosto bassa (se si escludono gli abbonati per i motivi che verranno descritti in seguito, risulta che per i complessi ospiti si è registrata una richiesta media di 78 spettatori a concerto, come si deduce rapportando i 554 spettatori paganti per 7 concerti eseguiti). Crediamo, e non a torto, che una simile gestione delle risorse (pubbliche) sia contraria a qualsiasi principio economico.
Il costo di € 1.326.000 si aggrava ulteriormente a causa delle Spese albergo e viaggio personale scritturato che ammontano a € 125.677 (€ 36.778 nel 2008). Queste spese non possono che essere causate dai complessi ospiti, perché sarebbe ancora più grave se venissero sostenute anche per le compagnie di canto o altro dal momento che, normalmente, gli artisti si accollano personalmente le spese di viaggio e alloggio.
Sempre nella pag. 37 compaiono alcune voci di spesa poco chiare o quantomeno eccessive rispetto alla loro reale necessità. E’ il caso, questo, delle Spese per organizzazione e partecipazione convegni etc. (questo “eccetera” è piuttosto vago. Sarebbe opportuno sapere quale sia il suo valore in denaro ) che con 87.602 euro risulta più che quadruplicata rispetto all’anno precedente: per essere, questo, il costo di qualche “eccetera” c’è da stare poco tranquilli. Anche i 13.716 euro spesi per Consulenze amministrative e fiscali (quasi il doppio rispetto al 2008) andrebbero analizzati e visti col conforto delle cosiddette “pezze giustificative”. Non vorremmo che con il totale delle piccole cifre (piccole rispetto ad un bilancio di oltre 30.000.000 di euro) si nascondano manovre poco trasparenti.
Poco chiara ci pare anche la spesa sostenuta per Servizi fotografici e riprese video per archivio
(pag. 38) che consiste in € 40.650. Anche questa spesa è, rispetto all’anno precedente, quasi raddoppiata e non riusciamo a trovare una spiegazione logica. A meno che il fotografo non sia stato assunto stabilmente con uno stipendio di oltre € 2000 mensili, nel qual caso andrebbe a sommarsi ai costi del personale, non sappiamo quali necessità di archivio portino ad un esborso simile. Non dubitiamo, ovviamente del fotografo, almeno fino a prova contraria, ma dubitiamo della veridicità, in questo caso, di quanto messo in bilancio. Il sospetto è sempre quello che le piccole cifre costituiscano una suddivisione atta a mascherare grosse cifre che non compaiono nella loro completezza in altre voci di bilancio. Stesso ragionamento vale per fantomatiche Spese di rappresentanza (€ 66.239, cioè più del triplo rispetto al 2008) così come compaiono sempre a pag. 38, dove troviamo un’altra spesa piuttosto particolare. Risultano infatti spesi 21.089 euro (17.686 nel 2008) per Rimborso viaggi sovrintendente. Non vogliamo pensare che il sovrintendente paghi con soldi pubblici i suoi viaggi per raggiungere il Conservatorio di Avellino (dove, come si può vedere dal sito internet del Conservatorio suddetto, risulta in organico come docente di violino) ma non riusciamo a capire quante e quali necessità lo portino a viaggiare al costo di 57 euro giornalieri. Ci piacerebbe vedere, se esiste, la documentazione attestante i dove, come, quando e perchè.
Alla pag. 39 dobbiamo registrare non tanto un’irregolarità quanto un elemento di spesa che, per come presentato, può risultare fuorviante. Vengono infatti incluse le prestazioni extracontrattuali nella voce Salari e stipendi. Le prestazioni extracontrattuali sono quelle date dagli artisti del coro o dai professori d’orchestra quando prestano la loro opera, sempre per conto del Teatro Lirico di Cagliari, come solisti al di fuori dei complessi in cui operano normalmente. Se si inserisce il costo di tali prestazioni fra il costo del personale, quest’ultimo risulta inevitabilmente “gonfiato”. Tale spesa andrebbe infatti inserita nei costi dello compagnie di canto o dei solisti dove, pur non facendo variare il totale delle spese del teatro, dimostrerebbe che ha permesso un grosso risparmio dal momento che, con la spesa media di circa € 400 a prestazione, si è potuto evitare di scritturare un cantante o uno strumentista che per la stessa prestazione non sarebbe costato meno di € 5000.
Alla pag. 43 notiamo un particolare a dir poco curioso. Nonostante il calo di spettatori, i ricavi da biglietti e abbonamenti sono cresciuti. Per la precisione si sono incassati, rispetto al 2008, € 63.258 con 1850 spettatori in meno. Il dato è piuttosto inspiegabile, a meno che 1850 spettatori non abbiano deciso di fare una donazione al teatro pagando comunque il biglietto per spettacoli che non hanno visto.
Rimane da affrontare il tema del tipo di programmazione, per quanto riguarda la lirica, che da anni caratterizza il Teatro Lirico di Cagliari. E’ ormai prassi consolidata quella di mettere in cartellone opere di compositori stranieri sconosciute, mai eseguite o abbandonate dopo le prime esecuzioni. In genere quello dell’oblio è il destino delle opere che non riscuotono il consenso del pubblico, ma la dirigenza del Teatro Lirico di Cagliari pare non curarsi di questo particolare fondamentale. Il parere del pubblico poco importa e quando i lavoratori hanno contestato certe scelte programmatiche motivando tale protesta proprio con la scarsissima attrattiva che queste hanno per il pubblico, si sono trovati di fronte ad un muro di indifferenza e sufficienza. Forse per la dirigenza è importante che tali opere siano “piazzate” dagli agenti teatrali che dalla venuta di Mauro Meli dominano il Lirico di Cagliari, a partire da un certo Valentin Proczinsky.
Analizzando, anche in maniera sommaria, le cifre riportate in bilancio si può stabilire se i lavoratori hanno ragione o meno a dichiarare che certe opere non sono gradite al pubblico.
A pag. 89 possiamo vedere i dati relativi agli spettatori presenti alle rappresentazioni dell’opera Semen Kotko di S. Prokofiev.
Gli abbonati sono, per Semen Kotko, in numero uguale a quello delle altre opere. L’abbonato acquista, per sua comodità, un “pacchetto” che gli permette di vedere tutta la programmazione del teatro ad un costo minore di quello che dovrebbe sostenere se acquistasse il biglietto per ogni singola manifestazione. In questo modo ha la certezza del posto pur essendo costretto a vedere anche ciò che non sempre gli è gradito. Ma nel 2009, proprio perché gli abbonati sono stanchi di pagare per ciò che non gradiscono, si è registrato un calo nelle vendite degli abbonamenti di € 63.372 rispetto all’anno precedente ( da € 1.292.267 si è scesi a € 1.228.895, come da tabella a pag. 43).
Il dato dimostra quindi che una larga parte del pubblico ha deciso di non rinnovare gli abbonamenti e di acquistare il biglietto solo quando va in scena ciò che gradisce. Questa ipotesi è convalidata da quanto riportato sempre a pag. 43: nel 2009 la vendita di biglietti ha dato un ricavo di € 335.223 contro i 216.969 del 2008 (incremento di € 118.254).
Perciò a fare da indicatore del reale indice di gradimento di un’opera sono quelli spettatori che nel bilancio (tabella a pag.89) vengono definiti Spettatori paganti (cioè quelli che non sono abbonati e pagano il biglietto di volta in volta, mentre gli abbonati sono alla voce Presenze abbonati ). Nel caso di Semen Kotko si vede che per 8 recite ci sono stati 480 spettatori paganti per una media di 60 spettatori a recita. Per l’opera Aida di G. Verdi (pag.90) abbiamo ovviamente lo stesso numero di abbonati ma ben 2929 paganti per una media di 366 spettatori a recita. Facendo un semplice calcolo si vede quindi che per l’Aida un numero di spettatori 6 volte superiore a quello di Semen Kotko ha deciso di pagare il biglietto per poter assistere allo spettacolo, che equivale a dire che 1,3 recite di Aida hanno fatto registrare un numero di spettatori paganti pari a 8 recite di Semen Kotko o che un’Aida da sola vale quasi otto Semen Kotko. Ognuno la legga come vuole. Dati analoghi si possono calcolare considerando L’Elisir d’Amore o Cavalleria Rusticana/Pagliacci.
E’inspiegabile, in una logica di mercato, come si cerchi di vendere un prodotto per cui la richiesta è oltremodo bassa. Questo dovrebbe portare ad un calo del prezzo o ad una diminuzione dell’offerta, vale a dire prezzi dei biglietti molto più bassi o un numero di recite di molto inferiore alle solite otto (7 + prova generale pubblica) quando si decide di allestire opere come Semen Kotko.
I lavoratori da tempo sostengono tali opere dovrebbero sparire dalla programmazione del teatro, ma qualora fosse inevitabile rappresentarle sarebbe opportuno fare un numero di recite notevolmente inferiore. Questo porterebbe ad un notevole risparmio nei costi per le compagnie di canto. Normalmente, infatti, per poter mettere in scena otto recite in tempi brevi (poco più di una settimana perchè tempi più lunghi porterebbero a costi superiori) è necessario avere due compagnie di canto che possano assicurare una recita ogni giorno. Per i cantanti che interpretano certi ruoli è praticamente impossibile andare in scena tutti i giorni senza il tempo di far riposare l’organo vocale, e per questo si ricorre a due compagnie di canto. Le due compagnie scritturate hanno di solito cachet diversi per cui il costo, pur non risultando esattamente raddoppiato, è comunque superiore a quello che si avrebbe se, riducendo il numero di recite, si potesse andare in scena a giorni alterni, assicurando così il giorno di riposo ai cantanti solisti senza dover scritturare una seconda compagnia.
Si tenga conto che fino a qui si è analizzata la programmazione del 2009, anno in cui si è messa in scena una sola opera “non tradizionale”. Negli anni precedenti la programmazione del Teatro Lirico di Cagliari è stata dominata da tali opere, cosa che ha portato, assieme al fenomeno dei complessi ospiti, al collasso economico del teatro e, cosa ancora più grave, ad una perdita di quasi 8.000 spettatori un pochi anni.