Recensioni
|
Domenica 31 Ottobre 2010 19:53 |
Ricevo dall'amico Michele Maltese una gustosa cronaca dal Metropolitan di New York e volentieri pubblico:
Oggetto: Per la serata di Halloween al MET, un
Trovatore...mostruoso
|
|
|
|
Caro Enrico,
sono un attento e appassionato ascoltatore fin dal 1997 (avevo tredici anni) e nutro nei confronti della Barcaccia un profondo sentimento di riconoscenza per aver contribuito in maniera determinante alla formazione della mia cultura operistica e di quella di tanti altri italiani.
Vorrei esprimere in maniera tangibile la mia riconoscenza e il mio affetto verso la trasmissione "La Barcaccia" (Rai Radio3) fornendovi una breve cronaca del Trovatore a cui ho assistito al MET nella serata di sabato 30 ottobre, vale a dire la notte di Halloween. Immagino che questa circostanza spieghi molte delle cose che si sono viste e ascoltate.
Irene Dalis, una spaventosa Azucena al Met negli anni 60
In primo luogo, l'allestimento di David McVicar era ispirato espressamente alle lugubri atmosfere delle Pinturas negras di Goya. Sul sipario vengono infatti raffigurate a grandezza elefantiaca le maschere deformate e angoscianti della Romerìa a San Isidoro e mai scelta fu stilisticamente più azzeccata per una notte di Halloween, che com'è noto, si popola di prosopopee spettrali e sataniche. Una corte infernale infatti viene messa in scena all'inzio della Parte Seconda, quando al coro degli Zingari si aggiungono quattro o cinque energumeni palestrati (dei professori di percussioni, bisogna immaginare), che, senza senza cantare, esibiscono i propri addominali scolpiti e i propri bicipiti dando grandi mazzate alle incudini al ritmo del ritornello "chi del Gitano i giorni abella?", creando così un clima decisamente infernale (ne trovate un video sul sito del Metropolitan: http://link.brightcove.com/services/player/bcpid610237632001?bctid=653255878001).
Dolora Zajich, altra mostruosa Azucena al Met
Ma Halloween è anche la notte del Sabba delle Streghe e, almeno qui negli Stati Uniti, presenta dunque anche elementi vagamente orgiastici. Per esprimere questo concetto, il regista ha operato una curiosa rivisitazione dell'inizio della Parte Terza dell'Opera, quella in cui il coro dei soldati del Conte di Luna gioca a dadi, aspettando i rinforzi necessari per dare l'assalto finale a Castellor ("Or coi dadi, ma fra poco"). Quando i rinforzi attesi finalmente giungono, la didascalia del libretto di Cammarano spiega che "un grosso drappello di Balestrieri traversa il campo". Qui il regista, invece di fare sfilare un plotone di truppe, ha fatto entrare in scena un manipolo di prostitute (si capisce che sono tali dal loro abbigliamento discinto) che ha cominciato ad impegnare alcuni membri dell'esercito del Conte in non dissimulati esercizi sessuali, mentre il resto del coro commentava da vero intenditore, come da libretto, "Il soccorso dimandato / Han l'aspetto del valor".
Patricia Racette
Venendo al cast, occorre segnalare che purtroppo qualche maledizione demoniaca ha colpito il Soprano Patricia Racette, che a causa di un'indisposizione ha dovuto abbandonare la rappresentazione nell'intervallo tra la Seconda e la Terza Parte dell'opera--per intenderci, prima di affrontare arie impegnative come "D'Amor sull'ali rosee", "tu vedrai che amore in terra" e i duetti con il Conte ("Mira d'acerbe lagrime" e "Vivrà! Contento il giubilo") e con Manrico ("Che? Non mi inganna quel fioco lume"). Eppure c'è chi sospetta che il demonio si fosse impossessato della Racette già durante la prima parte dello spettacolo, perchè nell'aria "Tacea la notte placida" al posto degli acuti emetteva strani belati caprini, segno sicuro di impossessamento satanico. La Racette è stata sostituita dal Soprano californiano Julianna Di Giacomo, che, come sempre accade in queste circostanze, è stata la più applaudita dal pubblico.
Durante la famosa stretta finale della Parte Terza è poi calato sul Teatro un sortilegio collettivo, tale per cui il Direttore (M° Marco Armillato), tutti i Professori d'Orchestra, il Coro e il Tenore Marcelo Alvarez hanno abbassato di un semitono "Di quella pira" (proposta del resto nella sua versione consueta e non in quella filologica), cosicchè il Do finale si è diabolicamente tramutato in un Si naturale. La spiegazione del fenomeno (che è stato osservato anche dal recensore del New York Times alla prima dello spettacolo qualche giorno fa; cfr. http://www.nytimes.com/2010/10/28/arts/music/28verdi.html?scp=1&sq=trovatore&st=cse ) non può che essere iscritta nella dimensione del paranormale, perchè pare che in un Trovatore a Parma Alvarez si fosse prodotto in un scintillante Do di petto, secondo la migliore tradizione tenoristica. Allego una registrazione del fenomeno, scusandomi per la pessima qualità del suono. Occorre avvertire che gli applausi e le urla di entusiasmo che sentirete dopo il fatidico "All'armi!" non provengono dal pubblico, ma dal coro stesso che così facendo si dà coraggio in vista dell'imminente battaglia con le truppe del Conte (la reazione del pubblico--anch'esso in trance, bisogna credere--è stata un ben più moderato applauso che potrete ascoltare alla fine della registrazione, quando il coro era ormai uscito di scena).
Ma poichè ad ogni Demone corrisponde un Angelo, occorre comunque segnalare l'ottima prestazione del Baritono Zeljiko Lucic nel ruolo del Conte di Luna. Anche se nel "Balen del suo sorriso" è rimasto un po' a corto di fiato, gli attacchi nei vari duetti e terzetti (in particolare in "Di geloso amore spezzato") sono stati meravigliosi, come pure le mezzevoci e, in generale, la pasta timbrica, brunita e ricca di armonici.
Insomma, una serata ricca di Perle Nere e degna della rubrica Angeli e Demoni.
Un caro, affettuoso saluto,
Michele Maltese
_____________________________________
|
News
|
Domenica 31 Ottobre 2010 10:59 |
H A L L O W E E N !!!
Halloween (or Hallowe'en) is an annual holiday observed on October 31,
primarily in the United States, Canada, Ireland, and the United Kingdom. It has
roots in the Celtic festival of Samhain and the Christian holiday All Saints' Day, but
is today largely a secular celebration.
Jessye Norman
Common Halloween activities include trick-or-treating, wearing costumes and
attending costume parties, carving jack-o'-lanterns, ghost tours, bonfires, apple
bobbing, visiting haunted attractions, committing pranks, telling ghost stories or
other frightening tales, and watching horror films.
Cecilia Bartoli
Halloween o Hallowe'en è il nome di una festa popolare di origine pre-cristiana, ora tipicamente statunitense e canadese, che si celebra la sera del 31 ottobre, ossia alla vigilia della festa di Ognissanti (è questo il significato della parola Halloween). Tuttavia, le sue origini antichissime affondano nel più remoto passato delle tradizioni europee: viene fatta risalire a quando le popolazioni tribali usavano dividere l'anno in due parti in base alla transumanza del bestiame. Nel periodo fra ottobre e novembre, preparandosi la terra all'inverno, era necessario ricoverare il bestiame in luogo chiuso per garantirgli la sopravvivenza alla stagione fredda: è questo il periodo di Halloween.
S i m o n R a t t l e
The festival of Samhain celebrates the end of the "lighter half" of the year and beginning of the "darker half", and is sometimes regarded as the "Celtic New Year".
The ancient Celts believed that the border between this world and the Otherworld became thin on Samhain, allowing spirits (both harmless and harmful) to pass through.
René Fleming
The family's ancestors were honoured and invited home while harmful spirits were warded off. It is believed that the need to ward off harmful spirits led to the wearing of costumesmasks. Their purpose was to disguise oneself as a harmful spirit and thus avoid harm.
In Scotland the spirits were impersonated by young men dressed in white with masked, veiled or blackened faces.
Agnes Baltsa
Samhain was also a time to take stock of food supplies and slaughter livestock for winter stores. Bonfires played a large part in the festivities. All other fires were doused and each home lit their hearth from the bonfire. The bones of slaughtered livestock were cast into its flames.
Cecilia Bartoli
Sometimes two bonfires would be built side-by-side, and people and their livestock would walk between them as a cleansing ritual.
Anita Cerquetti
Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti si assottigliava ed i vivi potevano accedervi.
I Celti non temevano i propri morti e lasciavano per loro del cibo sulla tavola in segno di accoglienza per quanti facessero visita ai vivi, un'usanza, peraltro, sopravvissuta anche in alcune regioni dell'Italia settentrionale.
Bryn Terfel
Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, entrambe creature considerate però pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all'uomo.
JOAN SUTHERLAND (a destra!!!)
Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti.
Cristina Muti Mazzavillani
The imagery of Halloween is derived from many sources, including national customs, works of Gothic and horrorFrankenstein and Dracula), and classic horror films (such as Frankenstein and The Mummy).
Piero Giuliacci
Elements of the autumn season, such as pumpkins, corn husks, and scarecrows, are also prevalent. Homes are often decorated with these types of symbols around Halloween. literature (such as the novels
Halloween imagery includes themes of death, evil, the occult, magic, or mythical monsters. Traditional characters include ghosts, witches, skeletons, vampires, werewolves, demons, bats, spiders, and black cats.
Vittorio Grigolo
Black and orange are the traditional Halloween colors and represent the darkness of night and the color of bonfires, autumn leaves, and jack-o'-lanterns.
James Levine
È usanza ad Halloween intagliare dei zucche con volti minacciosi e porvi una candela accesa all'interno. Questa usanza nasce dall'idea che i defunti vaghino per la terra con dei fuochi in mano e cerchino di portare via con sé i vivi (in realtà questi fuochi sono i fuochi fatui, causati dalla materia in decomposizione sulle sponde delle paludi); è bene quindi che i vivi si muniscano di una faccia orripilante con un lume dentro per ingannare i morti. Queste credenze sono probabilmente reminescenze dell'antico culto druidico legato al fuoco sacro.
C.Gasdìa C.Studer
J.Botha
Questa usanza fa riferimento anche alle streghe, che venivano bruciate sui roghi o impiccate; infatti, si pensava che queste vagassero nell'oscurità della notte per rivendicare la loro morte (abbigliate in maniera più o meno orrenda) ed approfittassero del maggior potere loro conferito durante la notte di Halloween.
Edita Gruberova
L'usanza è tipicamente statunitense ma probabilmente deriva da tradizioni importate da immigrati europei: l'uso di zucche o, più spesso in Europa, di fantocci rappresentanti streghe e di rape vuote illuminate, è documentato anche in alcune località del Piemonte, della Liguria, della Campania, del Friuli (dove si chiamano Crepis o Musons), dell'Emilia-Romagna, dell'alto Lazio e della Toscana, dove la zucca svuotata era nota nella cultura contadina con il nome di Zozzo.
Enzo Dara
Halloween costumes are traditionally modeled after monsters such as ghosts, skeletons, witches, and devils. Over time, the costume selection extended to include popular characters from fiction, celebrities, and generic archetypes such as ninjas and princesses.
Anna Bahr-Mildenburg
Dressing up in costumes and going "guising" was prevalent in Scotland and Ireland at Halloween by the 19th century. Costuming became popular for Halloween parties in the US in the early 20th century, as often for adults as for children.
Patrizia Ciofi
What sets Halloween costumes apart from costumes for other celebrations or days of dressing up is that they are often designed to imitate supernatural and scary beings. Costumes are traditionally those of monsters such as vampires, ghosts, skeletons, witches, and devils, or in more recent years such science fiction-inspired characters as aliens and superheroes. There are also costumes of pop culture figures like presidents, athletes, celebrities, or film, television, and cartoon characters. Another popular trend is for women (and in some cases, men) to wear sexy or revealing costumes.
Rolando Villazon
Anche in varie località della Sardegna la notte della Commemorazione dei Defunti si svolgono riti che hanno strette similitudini con la tipica festa di Halloween d'oltreoceano, in diversi paesi si preparano le Concas e su mortu (le teste dei morti), ovvero zucche intagliate a forma di teschio, illuminate da una candela, in altre località si svolge il rito de "Is Animeddas" (Le Streghe), de Su bene 'e is animas, o de su mortu mortu, dove i bambini travestiti bussano alle porte chiedendo doni . Questo rito in Molise viene chiamato "l'anim' de le murt".
Paoletta Marrocu
Vi è anche una leggenda britannica che narra di un ragazzo, "Jack", che compiva atti malvagi sulla terra e più di una volta aveva fatto gli scherzi al Diavolo, così, quando morì, diventò un fantasma che vaga con una lanterna ricavata da una zucca illuminata (Jack o'lantern, "Jack della Lanterna").
Alessandra Marc
|
Recensioni
|
Venerdì 29 Ottobre 2010 20:24 |
Esito trionfale per l'"Elisir d'amore" di Donizetti rappresentato a Venezia. Mentre scriviamo gli applausi festeggiano ancora il cast : Celso Albelo-Nemorino, Desirée Rancatore-Adina, Bruno De Simone- Dulcamara, Roberto DE Candia-Belcore, il maestro Beltrami, Orchestra e Coro del Teatro La Fenice.
Era ora di respirare una buona boccata d'ossigeno: grazie al genio di Donizetti e grazie soprattutto agli artisti che hanno saputo rendere il brio, la freschezza, la joie de vivre e la poesia di questo capolavoro.
In primis il giusto plauso va alla coppia Albelo-Rancatore: tra loro una complicità e una gara di bravura al tempo stesso, che ha trovato nel finale del II atto il suo acme assoluto. "Una furtiva lagrima" e "Il mio rigor dimentica" come un UNO-DUE pugilistico, per mandare il pubblico in visibilio e portare al bis....come ai vecchi tempi. Fine e raffinato fraseggiatore lui, pirotecnica virtuosa lei...paiono nati per cantare assieme, un affiatamento che è uno dei risultati più preziosi per questi due grandissimi artisti.
Celso Albelo
Mi permetterò di notare, qua e là, qualche piccola incertezza nell'intonazione di Celso Albelo, la cui magnifica vocalità (tanto simile a quella del conterraneo Alfredo Kraus) proprio perché immacolata, fa maggiormente notare qualche lecita macchiolina. Perfetti gli acuti, con do sicurissimi infilati nei punti clou, ma splendido anche il gioco dei colori, tanto importante per questo ruolo cardine nella carriera di ogni tenore.
Desy Rancatore
La Rancatore è un 'Adina volitiva e simpatica, che non vede l'ora di arrivare alla cabaletta finale per scatenarsi nel suo registro acuto e sopracuto. Soffre un pochino per la tessitura lirica di molti passaggi, soprattutto nel I atto, ogni tanto è costretta a schiacciare qualche "i" e qualche "e" , dando al personaggio un tono a volte petulante, da "bambina cattiva". Ma Adina, volendo, può anche essere una bambina viziata, forse anche un pò cinica. L'asso nella manica della Rancatore sono gli acuti, le variazioni quasi strafottenti, la facilità e la disinvoltura, la musicalità a prova di bomba. La voce ha acquisito corpo nel registro grave , il fraseggio è sempre pertinente al testo e, come accade a ogni fuoriclasse che si rispetti, la prestazione è in continuo crescendo.
Bravo ed esperto De Candia come Belcore, personaggio che credo abbia cantato più d'ogni altro ruolo e sempre con colleghi prestigiosissimi. Qualche suono 'aperto' ma si addice a una tronfia canaglia come il soldataccio .
De Simone è un Dulcamara un pò troppo chiaro e tenorile per i miei gusti, ma canta con estrema proprietà e precisione, dando sempre senso alla parola scenica, come il suo maestro Bruscantini.
Giannetta un pò troppo isterica e ottima la concertazione del maestro Beltrami: tempi perfetti, grande sicurezza nel seguire il canto dei vari solisti, molte sfumature e colori nell'orchestra, una concertazione che mi è parsa curata nei minimi dettagli. Una bellissima serata alla Fenice.
|
News
|
Venerdì 29 Ottobre 2010 07:09 |
Opera di Roma: sul filo del rasoio...
Al Teatro dell’Opera è previsto per il 2010 un deficit di 11 milioni.
Di questo debito di 11 milioni, una quota pari a 7 milioni verrebbe ripianata dal Comune, altri 3 milioni li dovrebbe reperire il Sovrintendente (come?), e uno verrebbe recuperato con un piano industriale che prevede sostanzialmente una iniziativa di riduzione del personale.
A tal riguardo si potrebbero seguire ipotesi alternative facendo riferimento a quanto è stato proposto e realizzato nella stagione artistica corrente.
L’attuale stagione artistica 2010, infatti, definita con oculata politica programmatica nel periodo del commissariamento, facendo ricorso ad allestimenti meno costosi ed a scelte artistiche più equilibrate, valorizzando gli artisti italiani (e non dando corso a quel provincialismo esterofilo che trova interesse solo nei nomi stranieri per pura incapacità nelle scelte e per cedimenti ai ricatti d'agenzia) aveva già nella previsione di spesa un costo inferiore a quella precedente di circa 1.500.000 euro.
Al contempo, tale stagione, concepita per risvegliare nel pubblico l’attenzione per il teatro d’opera, ne ha indubitabilmente incontrato il favore (stando agli incontrovertibili dati di biglietteria), con un incremento di spettatori, al 30 giugno 2010 (primo semestre), rispetto al primo semestre del 2009, di circa 20.000 unità (19.573), pari ad un +27,03%: un incremento straordinario che non si registrava da decenni!
Peraltro, già i dati relativi agli abbonamenti per la stagione 2010 avevano indicato un significativo aumento nel numero di questi, pari al 10%, che indirizzava verso un cauto ottimismo nella previsione dei dati di biglietteria (e testimoniava il netto favore del pubblico).
Naturalmente il maggior numero di spettatori ha determinato un conseguente aumento degli incassi (sempre rispetto al primo semestre dell’esercizio 2009) pari a circa € 850.000 (+32,5%).
Considerando un prevedibile analogo incremento degli incassi nel secondo semestre del 2010, pari a quello verificatosi nel primo semestre, si sarebbe potuto supporre il raggiungimento di almeno 1.500.000 € totali in più al 31 dicembre 2010.
Pertanto, sommando il risparmio totalizzato all’atto della programmazione (ca. 1.500.000€), più i maggiori incassi (1.500.000 €), si sarebbe raggiunta la cifra considerevole di 3 milioni di euro.
Ecco, quindi, che ben tre milioni sarebbero già entrati nelle casse della Fondazione con scelte artistiche opportune: non era necessario, perciò, prevedere “piani industriali” (più adatti ad aziende commerciali che a teatri d’opera) per risanare i bilanci, ma dar modo alla macchina “Teatro” di funzionare al meglio in quelle che sono le sue più peculiari prerogative, cioè la proposta artistica.
Ciò, però non si è potuto realizzare appieno in quanto l’ultimo titolo previsto nel cartellone 2010, l’Adriana Lecouvreur, è stato inopinatamente cancellato.
Tale cancellazione non trova spiegazione nelle addotte motivazioni di contenimento dei costi, in quanto l’Adriana era probabilmente una produzione a costo vicino allo zero: l’allestimento è di proprietà del teatro (con le splendide scene di Rondelli) e la compagnia di canto, direttore e regista sarebbero stati sicuramente compensati ogni sera dallo sbigliettamento.
Tenebrae...per pochi!
Perché non si è cancellata la produzione di Tenebrae, la nuova opera di Guarnieri la cui regia era affidata a Cristina Mazzavillani Muti, moglie dell’omonimo maestro, alla quale hanno assistito, in tutto, solo poche decine di persone e che aveva dei costi certamente superiori a quelli dell’Adriana?
Tornando ai dati di biglietteria, i dati sopra forniti sono stati “curiosamente” tenuti nascosti. Forse perché chi avrebbe dovuto divulgarli li ha ritenuti irrilevanti visto che rientravano nel merito di scelte artistiche piuttosto che in quello di scelte gestionali o forse perché non ne è stata valutata l’esatta portata o, ancora, più probabilmente, perché non si vuole mostrare che l’utilizzo di allestimenti con scene dipinte:
-
1) è più adatto ad un teatro ottocentesco come il Costanzi, concepito per quel tipo di scene (così come lo sono la gran parte dei teatri italiani);
-
2) consente un aumento significativo della produzione (le scene si montano e si smontano in un giorno e non in settimane e possono coesistere più allestimenti);
-
3) permette di fare più cambi scena essendo più agili (quindi alla fine le scene risultano più sontuose);
-
4) è più gradito al pubblico del teatro d’opera (che non va a vedere le scene ma va a rivivere la vicenda drammatica e a sentire i cantanti e la musica: per gli effetti speciali c’è il cinematografo o il luna park!);
-
5) costa infinitamente meno (mediamente un decimo delle scene costruite);
-
6) consente di non occupare troppo spazio per l’immagazzinamento;
-
7) permette di riutilizzare le scene con facilità e a costo zero (perché di proprietà del teatro)
-
8) è filologico, etc. etc.
Le scene dipinte non consentono, però:
-
1)di lucrare sulle commesse per la costruzione ;
-
2) di lucrare sul riutilizzo di materiali strutturali come avviene per le scene costruite (che spesso vengono demolite quasi subito perché ingombranti e perciò utilizzate al massimo una o due volte riutilizzando poi i materiali strutturali a prezzo pieno);
-
3)di legare un titolo d’opera agli stessi nomi di regista e scenografo (alimentando una chiusura quasi totale all’ingresso di nomi nuovi in queste discipline);
-
4)di diseducare il pubblico proponendogli continuamente spettacoli incomprensibili, permettendo quindi di far lavorare anche amici e “compagni di merende” (chi riconosce più la professionalità in questo marasma?);
-
5) di dare ai divi della bacchetta l’inebriante sensazione di dirigere soltanto “nuove produzioni” ed, infine,
-
6) di tenere il mercato (di direttori, registi, cantanti, scenografi) calmierato a poche produzioni, facendo sì che a lavorare siano solo quei pochi inseriti nel meccanismo (inserimento che, ormai è chiaro, avviene per tutt’altri meriti da quelli artistici).
-
Sulla stessa linea dell’Adriana ci si era trovati ad inizio stagione con il Mefistofele. Questo era previsto nell’allestimento realizzato dallo scenografo Parravicini negli anni ’60 e pur di non utilizzarlo si è giunti a dire che non esisteva (sic! Le scene provenienti dal teatro di Palermo per il quale erano state costruite si trovano a Roma e sono di proprietà della ditta Izzo) facendo quindi in modo di inventare una struttura scenica fissa (una grande scala sulla quale stazionava il coro: quanto è costata?), una specie di torretta-ascensore ove saliva Mefistofele (quanto è costata?) e la proiezione dei bozzetti delle scene di Parravicini. In luogo del meraviglioso, storico allestimento del Parravicini ....una brutta e cosrtosissima soluzione. Bel modo di risparmiare! Ecco come si crea un deficit!
Il tutto ha determinato un aumento dei costi di allestimento di tre o quattro volte.
Per non parlare, poi, della sostituzione di interpreti che partecipavano con compensi molto più bassi di quelli corrisposti a chi li ha sostituiti.
Si consideri, infatti, che chi percepisce1 5.000 o 20.000 € a sera rispetto a chi ne percepisce 3.000, su un numero di sei o sette recite, determina un esborso ulteriore di quasi 100.000 € per il Teatro. Moltiplicando tale cifra per più artisti e sommando l’aggravio di costi determinato da allestimenti più onerosi, è facile raggiungere la cifra di diverse centinaia di migliaia di euro per ogni titolo, che moltiplicata per diverse produzioni giunge con facilità a cifre di svariati milioni di euro!
In conclusione, la vera politica da seguire dovrebbe essere quella dell’aumento della produzione, che, associata ad una oculata e sana politica programmatica e di allestimenti, recupererebbe una fascia di pubblico che è potenzialmente assai più ampia di quella che attualmente frequenta il Teatro, e consentirebbe a questo di realizzare un vero ed efficiente “servizio culturale” capace di determinare anche utili rilevanti (si consideri che le masse artistiche sono comunque pagate e se lavorassero di più non determinerebbero costi aggiuntivi).
Un progetto di recupero del rapporto con la Città, con un significativo, progressivo aumento degli spettatori e della visibilità della Fondazione, sarebbe in grado, è di tutta evidenza, di attrarre anche quei finanziamenti privati che, al momento, trovano difficoltà a dare il loro apporto.
Salvare i teatri d’opera italiani è possibile.
Basta volerlo.
|
|
|