Scompare con Franco Zeffirelli un Grande Maestro, leggerete così un pò ovunque. In effetti
il termine “Maestro” è tra i più inflazionati e abusati, nell’ambiente musicale soprattutto. Tutti
Maestri, tutti Grandi Maestri ma pochi….VERI. Antonio Guarnieri, un fantastico direttore
d’orchestra che osò zittire Mussolini e fu capace di protestare suo padre stesso, giudicato
incapace di suonare nell’orchestra di Bologna ,restò famoso per un aneddoto che ancora
circola tra gli appassionati d’Opera. “Mi, ciamame Mona” soleva rispondere a chi ogni
cinque secondi lo chiamava “Maestro”, magari salutando un assistente o un collaboratore di
sala.
Zeffirelli è stato un Maestro .Un Maestro cultore e difensore ultimo della Bellezza.
“La Bellezza- diceva Oscar Wilde- è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché
non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la
primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna”.
Non occorre essere dei grandi esperti per verificare il culto della Bellezza espresso nei
colori, nelle luci, nei disegni ,nella fotografia, nei costumi, nell’impianto generale di un’Opera
o anche di un film di Franco Zeffirelli: anche un bambino (e forse soprattutto quello) capirà
che ci troviamo di fronte a un regista\scenografo con la cura ossessiva del dettaglio,
provvisto di quel senso del grandioso e del Bello che solo chi ha gusto può avere.
Qui entriamo in un terreno spinoso, ma noi amiamo sfidare e sfrondare i rovi di certe
ideologìe opposte, quelle per cui “non è Bello ciò che è Bello, ma è bello ciò che piace”.
Quale solenne stupidaggine! Quale gloriosa bufala! Dobbiamo cominciare a sbarazzarci
dell’etica e a ricollocare l’estetica al primo posto, la Bellezza non può essere interrogata ma
regna per diritto divino (ed è ancora Wilde a portarci sulla retta via). Siamo stati afflitti e
ammorbati dalla pervicace cultura dell’Orrido intesa come tragica conseguenza della
miseria del mondo, dell’imperfezione che dilaga .Oltre un certo grado la Bellezza, come
l’eleganza, non è più una semplice sfida al Brutto, ma una provocazione, anzi un oltraggio:
ciò spiega l’odio che non poca gente nutre verso di essa.
Zeffirelli ebbe in dono il gusto e fu meravigliosamente eccessivo, in tutto ciò che concepì
per cinema e teatro. I suoi spettacoli ebbero il sigillo del Grandioso e fu un vero
appassionato, perché ogni passione è come la Natura: è tale solo perché eccede.Fu così
che nel 1949 presso il Giardino di Boboli a Firenze (luogo caro ai fasti medicei) si poté
assistere all’incredibile messa in scena di “Troilo e Cressida” di Shakespeare, con la regìa
di Visconti e la messa in scena favolosa di Zeffirelli, che riuscì a ricreare l’intera città di Troia
sull’immenso palcoscenico. Ventotto cavalli in scena e un costo di oltre un milione e mezzo
di euro (nemmeno tanto considerando certi orrendi allestimenti attuali più o meno allineati
su queste cifre). Tra gli attori il meglio del meglio: Carlo Ninchi, Paolo Stoppa,Giorgio De
Lullo,Vittorio Gassman,Marcello Mastroianni,Franco Interlenghi,Rina Morelli,Giorgio
Albertazzi.Questo mega evento scatenò critiche a non finire, si parlò di sprechi indecenti, di
cifre immorali. Fu probabilmente l’inizio di quel partito preso contro lo Zeffirelli esagerato e
pleonastico, che infastidiva per il fasto e per il “troppo”.
Gli venne appiccicato addosso un pesante fardello e le idee politiche manifestamente
reazionarie, per nulla allineate alle convenzioni tipicamente teatrali “di Sinistra” e ,anzi,
fortemente contrarie , lo bollarono ponendogli tutta la stampa contro .
Si assistette al paradosso classico: pubblico , soprattutto estero, a favore…critica avversa.
Zeffirelli sfornò una produzione incredibile, tra film e spettacoli d’Opera e di prosa: “Romeo
e Giulietta”, “La bisbetica domata”, “La lupa”,”Amleto” , “Gesù di Nazareth” , un numero
impressionante di Opere eseguite con i massimi interpreti, da Otello con Domingo e la Freni
alla Scala, all’Alcina di Haendel con la Sutherland, Aida con la Caballlé diretta da
Schippers, la leggendaria Bohème (tra gli spettacoli più replicati di sempre), il Falstaff, il
Don Giovanni, arrivando dal 1995 ai memorabili approdi areniani a Verona: “Carmen”,
“Trovatore”,“Turandot”, “Aida” ,”Butterfly” ,”Don Giovanni”, uno più bello dell’altro.
Permettetemi una serie di ricordi personali. Fu mia madre a farmi conoscere Zeffirelli,
quando lo intervistò per la Traviata del celebre film, con Teresa Stratas e Placido Domingo.
Io andavo ancora a scuola ma quel giorno mi fu concesso di saltare le lezioni per riceverne
una che fu la più importante e che cambiò la mia vita. Entrammo nella grande villa
sull’Appia antica, il Maestro ci ricevette in un ampio salone tipo patio, un padiglione con
ampie vetrate che pareva la scena di un Suo film. Il secondo atto di Traviata, in tutto e per
tutto: vasi , ceramiche, quadri, cornici e stucchi dorati,tappetti, divani che sembravano
grandi nuvole , mobili di grande pregio e tanti cani, di cui Zeffirelli amava circondarsi senza
mai separarsene. Il primo episodio che raccontò era accaduto la giornata precedente, sul
set di Traviata . Durante le riprese aveva scorto la sagoma di uomo, dietro a una
specchiera, una figura non prevista dal copione. “Ma chi caXXo è quello !!!” (Zeffirelli era
piuttosto sboccato quando si alterava) . Avvicinandosi si accorse che era Federico Fellini,
nascosto dietro a quella quinta. “Scusami Franchino” , bisbigliò timidamente, “ mi ero
nascosto qui per vedere i bambini che giocano”. Si riferiva alla Festa in casa di Flora. Era
un piacere ascoltare Zeffirelli. La parlantina veloce e irrefrenabile, tutto un susseguirsi di
episodi legati a personaggi che avevano fatto la storia del Teatro e dello Spettacolo:
Magnani, Visconti, Callas, Lawrence Olivier, Welles, e poi ancora Karajan, Kleiber, Giulini,
Abbado, Domingo, Freni. Rimasi incantato e alla fine, con estrema gentilezza, mi invitò ad
assistere alle prove di Traviata a Cinecittà, perché avevo detto di essere molto
appassionato d’Opera. Nel giardino, come un fantasma, fluttuava una figura vestita di
bianco: era la Stratas, ospite nella villa di Zeffirelli. “E’ completamente pazza ma è Violetta
Valery, come io la immagino” -disse il Maestro commentando questa apparizione- “ogni
tanto si ritira in camera a dire le sue orazioni, poi va in scena e si trasforma”. Anni più tardi
la Stratas, abbandonate le scene, si fece suora.
Nel 1995 a Verona fu Maurizio Pugnaletto, fantastico capo ufficio stampa dell’Arena e amico
carissimo, a farmi il più bello dei regali. “Ti ho messo nel posto accanto al Maestro, che
seguirà la Carmen dal palco centrale in fondo alla platea dell’Arena.” Stavo per svenire. Mi
presentai nuovamente, nonostante lo avessi ormai incontrato tante volte nei teatri e anche
intervistato per la Barcaccia. “Il fedelissimo!” , esclamò vedendomi e mettendomi subito a
mio agio. Fu una di quelle esperienze che ti cambiano la vita. Seduto accanto a Zeffirelli per
tutta la durata della Carmen, parlando e ascoltando soprattutto. Uno spettacolo di bellezza
straordinaria: nella prima versione (quella che oggi non esiste più perché spazzata via da
un nubifragio) ,su tutti gli spalti dell’Arena era stata ricreata Siviglia, ma con una ricchezza
di dettagli che forse riconduceva al mitico spettacolo del Giardino di Boboli. Qualcosa di non
credibile: l’Opera come ognuno di noi che la amiamo vorrebbe vederla. Grande, BELLA,
viva, palpitante di situazioni diverse e perfettamente in linea con la musica di Bizet. Zeffirelli
fece una radiocronaca del suo spettacolo, minuziosa e delicata come parlasse di un figlio.
Mi avvisava prima di ciò che stava per accadere e si soffermava soprattutto sulle
controscene, assolutamente cinematografiche. Non bastò una volta per capire e vedere
tutto, tante erano le situazioni, i personaggi, le gag di questa Siviglia brulicante di comparse
e figuranti, oltre al grande Coro e ai solisti di Canto. Parlammo di tutto ma soprattutto di luci
e costumi. Gli dissi che avevo lavorato con Luigi Comencini per Don Carlos e Bohème
(quella pubblicata in video dalla Erato Film con Carreras e la Hendryks) . “Ma che caXXo ne
sa Comencini d’Opera?” , disse Zeffirelli cattivissimo. “Guarda” , continuò, “ se un giorno
vorrai fare regìa d’Opera, ricordati che le luci sono importantissime, non vanno trascurate.
Qui a Verona abbiamo lavorato non so quante ore per ogni memoria. Quello è il segreto. E
in particolare usa l’oro con il rosa, è un abbinamento meraviglioso.” Non mi sono mi
dimenticato quella lezione, sono parole che mi risuonano nel cervello ogni volta mi accingo
a comporre i quadri delle luci, un momento che attendo con particolare fervore e
concentrazione. Dissero di Zeffirelli che esagerò e che affastellò il palcoscenico di orpelli
inutili, un pò ricreando gli ambienti della sua splendida magione romana. Ci vuole molto stile
nel saper esagerare e una vera Opera d’Arte cos’è se non la forma più alta di
esagerazione? Grazie Franco Zeffirelli, Maestro del Bello e dell’Eccesso.
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