Carissimo Enrico...ho provato un'immenso dolore nell'apprendere la scomparsa di uno straordinario uomo...di una delle più belle voci da baritono "VERO" che siano mai esistite... grazie a te ho condiviso forse i momenti più belli che un modesto baritono come me abbia potuto passare accanto a lui (le nostre preziose sigle de "LA BARCACCIA"..."TOSCA" per la Rai e per casa Bassi...momenti indimenticabil) nella mia carriera..L'ho incontrato a Lucca dove facemmo una bellissima produzione di ELISIR D'AMORE lui Dulcamara io Belcore... e poi i miei inizi quando ancora studiavo a Firenze e non potendo comprare il biglietto per andare ad ascoltarlo al Teatro Comunale me lo procurava lui e poi mi offriva sempre il pranzo alla BUCA MARIO un ristorante molto rinomato a Firenze negli anni '70...ogni volta che lo incontravo mi dava sempre dei consigli disinteressati e preziosi facendomi sempre capire che LA PAROLA I SOTTOTESTI erano fondamentali in palcoscenico...Mi sento molto più povero ma lassù nel cielo si sono riunite forse le due più belle voci del MONDO ETTORE BASTIANINI E GIUSEPPE TADDEI....scusami Enrico ma mi sono sfogato con te perchè so quanto gli volevi bene...
Grazie, Enrico.... Belle parole le tue di oggi, tant'è che sono partito da casa per andare a salutare Peppino di persona. Era bello, nel suo abito scuro. Sembrava riposare. Aveva poggiato di lato il suo immancabile berretto della ferrari. Sono rimasto un attimo con lui, solo, e gli ho sussurrato: Signore, v'assista il cielo.... e per un attimo mi è ... parso che si stesse per rialzare. Poi un leggero bisbiglio mi è giunto all'udito....." Ragazzo, inizio le prove di Falstaff proprio domani, con tutti i miei colleghi più amati, e con Verdi che fa la regia e che è felice di poter lavorare, finalmente, col Falstaff più grande di tutti i tempi". Io gli ho risposto: " in bocca al lupo, Peppino. Scusami se non sarò alla recita, ma mi pare di esser ancor giovane per venire dove sei ora. Ha risposto...... "le repliche saranno INFINITE, vieni quando vuoi......non ci sono i tagli dei fondi nel Mondo dove vado. Il paradiso è bello pure per questo !!!! "
Nel coro della Rai ero molto amica di Ester Casas Taddei ex nuora del grande Taddei e mi raccontava sempre di lui mi sembrava di conoscerlo,quando lo incontrai a Torre del Lago mi colpì la sua semplicità era una persona eccezionale,la voce e la sua arte erano il massimo della teatralità e della bellezza,una vera voce scura naturalmente al servizio di una grande anima...purtroppo anche se aveva 93 anni volevamo che vivesse in eterno,come per la Simionato della quale ero amica,e dunque sicuramente queste grandi personalità sono lassu' in un mondo migliore...qui da noi sono nell'eternità del bello assoluto...
Anch'io vorrei dire una piccolissima cosa che riguarda proprio Taddei. Da bambina mi innamorai di Mozart, era il 1956, il suo bicentenario. Poco più tardi ascoltai per la prima volta Taddei nelle Nozze di Figaro. Ebbene, per tanti anni ho cercato nella voce di tanti altri grandi quella prima em...ozione, ma non l'ho mai più ritrovata. La sua interpretazione mi è rimasta nel cuore.
L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia promuove da qualche anno la lodevole e doverosa iniziativa intitolata “Opera studio”, un corso annuale tenuto in pompa magna dalla grande Renata Scotto e dalla signora Vandi, l'una preposta al perfezionamento dell'arte scenica , l'altra a quello- decisamente più periglioso- dell'arte tecnico-vocale. I frutti di tale lavoro sui giovani si colgono a giugno, allorquando viene allestita un'opera intera, con orchestra, coro , scene e costumi nella sala Petrassi dell'Auditorium, solitamente destinata ai recitals della stagione cameristica del prestigioso ente romano.
Stavolta è toccato a “Così fan tutte” di Mozart che, a mio parere (ma non solo il mio), è una delle 5 opere più difficili da eseguirsi, giovani o no, Opera studio o Opera già studiata. Più che “scuola degli amanti”, come dice il sottotitolo, siamo di fronte a una scuola di Canto completa e disseminata di trappole, in cui dominano sovrane la musicalità, l'intonazione, il fraseggio vario ed espressivo, la dizione, il vocalismo puro (ornamentazione, estensione, acuti), la resistenza vocale, il canto sul fiato, la proiezione, i suoni 'in maschera' e , insomma, tutto quel bagaglio che rende grande e completo un artista. Stessa cosa vale per l'orchestra, quindi per il concertatore, e per i piccoli ma scopertissimi interventi del Coro. Un capolavoro, un gioiello- come spesso leggiamo nelle varie esegèsi.
Ora, se dovessi commentare apertis verbis l'esecuzione dello scorso 1 giugno da parte dei volenterosi giovanotti dell'Opera studio dovrei esercitarmi nell'odiosa e antipatica arte di “sparare sulla Croce Rossa” , cosa che non farò per rispetto a chi sta iniziando una delle più difficili attività che esistano, e per lo sforzo evidente dei maestri di colmare il baratro che separa i loro allievi da Mozart e dalle sue mostruose esigenze.
Tuttavia , qualcosa andrà pur detto.
Intanto che non mi spiego l'assenza della maestra più prestigiosa, la grandissima Renata Scotto, la cui partenza da Roma data il 15 maggio scorso, si presume quindi prima delle decisive prove d'assieme in Sala Petrassi. E' proprio lì che la Scotto avrebbe potuto salvare il salvabile, consigliando, dispensando saggezze e vecchi trucchi del mestiere, gettando preziose ciambelle di salvataggio. Purtroppo così non è stato e, se il capitano abbandona la nave addirittura prima che questa colpisca l'iceberg, allora le speranze di salvezza dal naufragio diminuiscono esponenzialmente.
Il cast presentava una netta disparità di intenti tra uomini e donne, con la bilancia che pendeva decisamente a favore di queste ultime: fascinosa ed efficace la Dorabella di Anna Goryacheva, che mi è parsa la migliore in campo Anna Goryacheva, mezzosoprano
di buona resa la Fiordiligi di Carmen Romeu e vivacissima la Despina di Damiana Mizzi, dalla voce aguzza e fin troppo leggera. Il tenore Davide Giusti, Ferrando, deve assolutamente migliorare la sua emissione, liberandola da falsetti e note di gola, così facendo migliorerà anche la sua intonazione. Guglielmo era il baritono Simone Alberti, un po' troppo 'tenorile' a mio giudizio e di timbro non piacevolissimo. Il basso Pietro Di Bianco, come Don Alfonso, non è a mio parere giudicabile, non essendo ancora in grado di mettere la voce sul fiato (problema comune un po' a tutti, ma eclatante nel caso in specie) e quindi spesso in difficoltà persino sui recitativi .
Orchestra e concertazione di José Maria Sciutto non più che volenterosa ma pericolosamente vicina al saggio di Conservatorio.
Coro da rivedere e correggere.
Scene essenziali ma non bellissime, costumi curati, una regìa diciamo “elementare” di Cesare Scarton, che è anche il docente di arte scenica del corso.
Scompare con Taddei uno dei più grandi artisti della storia dell'Opera. l'ultimo erede di una tradizione gloriosa e d'un modo di VIVERE il teatro di cui non si ha oggi piu traccia.
Ho avuto l'onore di condividere con Giuseppe Taddei tante ore straordinarie, tanti momenti indimenticabili, un'infinità di episodi , battute, situazioni che rendono una vita degna di essere vissuta.
Taddei è stato un artista straordinario, sotto moltissimi aspetti. La voce unica e preziosa per il timbro scuro e vellutato, di magnifico smalto, ampia e cordiale, unita idealmente a un'anima e a un cuore che non vedono molti termini di paragone possibili, sicuramente senza eguali tra i diecimila artisti che ho conosciuto.
Buono e generoso, affettuoso come persona e straordinario battutista, dalla memoria prodigiosa , con la caratteristica tutta sua di parlare al singolare di colleghi scomparsi da molto tempo: “Beniamino (Gigli) canta con quella mezzavoce così suadente...” , “La Callas non è una tigre come dicono, è molto simpatica e alla mano”, un modo così cordiale da far rivivere la memoria di questi 'immortali' e capace di emozionare ogni volta. L'Opera per Giuseppe Taddei è stato un modus vivendi, quasi fuori dalla realtà: ha cantato sempre, da quando è nato a quando è scomparso . Il baritono dei grandi numeri: quasi 70 anni di carriera, dal debutto come Araldo nel “Lohengrin” all'Opera di Roma nel 1936 fino al suo ultimo Dulcamara a Tokyo, passata la soglia del 2000.
Ho avuto il privilegio immenso di poter organizzare con lui e per lui alcune storiche performances alla Rai e in altri siti: “Falstaff”, “Tosca”, “Gianni Schicchi” , le SUE opere. A 80 e passa anni suonati Taddei era capace di strabiliare, per la potenza del suono, la qualità vocale, la quantità incredibile di 'colori' , la verve scenica, il fraseggio,la dizione scandita, la potenza creativa dei suoi personaggi.
Il teatro del suo cuore era la Staatsoper di Vienna. Sfuggito alla morte nei campi di concentramento nazisti (grazie al suo canto: un colonnello tedesco melomane gli aveva salvato la vita in cambio di varie cavatine di Figaro e altre arie a piacimento), Taddei era stato accolto dall'Austria come un beniamino, grazie all'entusiasmo di Herbert Von Karajan che lo aveva ascoltato casualmente come Figaro nelle “Nozze” mozartiane. Con Vienna e con Karajan nacque una fantastica amicizia, che produsse almeno tre cofanetti storici: “Pagliacci”, “Tosca”, “Falstaff”. Proviamo a riascoltare la forza tellurica del Te Deum con Karajan, il Prologo così vero e umano (l'attacco “Un nido di memorie” ineguagliato) , il monologo del Taverniere nel “Falstaff” (Taddei mi raccontava che Karajan smetteva di dirigere e si limitava ad ascoltare, con gli occhi lucidi).
Taddei sapeva divertire e far commuovere, ti inchiodava alla sedia in Tabarro, in Rigoletto, nel Macbeth, in Traviata, nello stesso Falstaff, che non era mai volgare ma grandioso nella sua totale umanità.
Ha cantato con tutti i più grandi cantanti d'Opera del secolo: da Gigli a Schipa, Lauri Volpi, Pertile, la Callas, la Tebaldi, la Carteri, arrivando a Corelli, Bergonzi, Tucker, Bjoerling,Pavarotti, Domingo, Carreras, Freni,Dimitrova, Scotto, Devìa , Anderson. Esiste da poco un bellissimo libro scritto da Peter Launek, marito della figlia Marina, in cui il ritratto artistico e umano di Taddei esce a tutto tondo e con eccezionali documenti su una vita e una carriera senza eguali.
Una volta, a casa del maestro Marco Boemi (presso il quale Taddei amava ripassare, studiare e dare gratuitamente lezione a tanti , tanti allievi) prima di andar via, già indossato cappotto e berretto, si girò e disse: “Mi è venuta voglia di cantare Nulla, silenzio dal Tabarro....” . Taddei, ottantenne e passa, attaccò l'aria di Michele e già dopo le prime battute ERA il personaggio. Sedeva davanti a me, potevo vedere i suoi occhi iniettati di sangue, la sua maschera di dolore...”Sei tu! Tu!” , boati emozionanti e terrificanti, fino a un sol acuto che credo stìa ancora girando in quella stanza. Tutti noi eravamo pietrificati, qualcuno piangeva dall'emozione. Passarono alcuni interminabili secondi, poi Taddei stesso per rompere la tensione disse bonariamente:”Però....il sol c'è ancora!” .
Un repertorio smisurato, oltre 200 ruoli diversi (credo 240 ) , quasi 10.000 recite, un numero pauroso di concerti eseguiti ovunque, in tutto il mondo.
Ricordava con particolare gioia lo Chénier con De Sabata alla Scala, la Traviata con la Callas a Mexico City e quell'Aida in cui la grande Maria lanciò il mi bemolle nel II atto. Amava molto il ruolo di Don Giovanni, che aveva inciso ma mai cantato in teatro per via del suo fisico, tozzo e tarchiato, poco adatto al ruolo del grande seduttore. Mozart fu un vessillo per la sua vocalità morbida e la sua musicalità perfetta: Guglielmo con Boehm, Leporello con Giulini, Papageno con Karajan....il più grande Papageno mai esistito.
E poi Verdi, Puccini, Donizetti (Dulcamara in quasi 1000 recite ma anche Don Pasquale , Malatesta, Enrico in “Lucia” , un Belisario commovente a Venezia con la Gencer, Re Alfonso in Favorita) . Non vorrei tralasciare il Guglielmo Tell, eseguito in svariate occasioni, parte perfetta sia come scrittura vocale si a per la forza dirompente del personaggio.
“Taddei era un artista che non annoiava mai” scrisse Celletti, ma quando Taddei seppe che Celletti aveva scritto e parlato male dei suoi “amici” (Di Stefano, Callas, Gobbi, Bastianini, ec.) disse: “Mi vergogno che abbia parlato bene di me!”.Non l'ho mai sentito parlar male di nessuno. Del suo rivale Bechi diceva “E' sardonico” ma non una parola in più per denigrarlo , mai! E lo stesso di Gobbi, di Panerai, di Bastianini (che adorava) , di tutti i colleghi di ieri e di oggi.
Con i giovani allievi aveva gli atteggiamenti che si addicono a un padre o a un nonno affettuoso: una parola buona per tutti, dava la carica e la voglia di andare avanti a chiunque manifestasse un sincero amore per questa Arte che di amore si nutre.
Con Taddei scompare un vero pilastro, un Grande . E l'Opera, questa vecchia signora piena di rughe e di acciacchi, è oggi molto più sola.
Un classico esempio di danari buttati dalla finestra, una regìa (?!) insulsa spacciata per capolavoro dalla solita cricca di critici prezzolati e da pochi folli monomaniaci, gli stessi che stanno conducendo alla rovina il teatro d'Opera in Italia.
Una Manon Lescaut da ridere, se non da piangere!
Non mi soffermo sulla resa vocale di taluni interpreti, per carità di patria.
Martina Serafin, che è bella e brava, sarebbe stata stupenda nel costume settecentesco....così...
Mi chiedo come si possano poi invocare più soldi , per simili produzioni? Per un regista simile?