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Martedì 08 Giugno 2010 06:42 |
Da "La Stampa" ,7/6/2010
Clerici all'Arena che guai se la tivù si mette all'opera
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Antonella Clerici |
Il telekitsch non è opera
di ALBERTO MATTIOLI
Se la tivù si mette all’opera sono guai: per esempio, Antonella Clerici che racconta Carmen come se fosse l’ultimo numero di Chi.
Poi ci becchiamo l’immancabile balletto spagnolo modello «welcome to Siviglia», Carmen che canta metà Habanera ai toreri, segno che «gli autori» non conoscono nemmeno la trama dell’opera, la «pira» del Trovatore fra le alabarde, Lucio Dalla che biascica Caruso con il mezzosoprano pop Katherine Jenkins, Gianni Morandi che intona Tu che m’hai preso il cuor, i «tre tenorini» che straziano la Mattinata di Leoncavallo, il comunicato in sindacalese dei lavoratori minacciati dai tagli.
Insomma, Nightmare all’opera. Secondo Raiuno, servizio pubblico, canone da pagare per legge, «la più grande industria culturale del Paese», che infatti si vede com’è messo, è così che si porta «la gente» all’opera. Curioso. Non ce n’è bisogno, ma se io volessi portare la gente al calcio, trasmetterei una partita giocata da grandi campioni, non un calcetto affidato a dei dilettanti e anche piuttosto allo sbaraglio. E il discorso su Arena di Verona 2010 - Lo spettacolo sta per iniziare, il programma d’arte varia e anche un po’ avariata trasmesso ieri sera in prima serata su Raiuno potrebbe anche finire qui.
Invece l’infelice zibaldone merita forse una riflessione. Intanto per dire che sbagliano i melomani puri e duri, quelli per cui la televisione è un nemico a prescindere, come del resto ogni manifestazione della modernità, sempre vista come un pericolo e mai come un’opportunità. Invece Internet, il dvd, i voli low cost, il satellite hanno rivoluzionato anche l’opera. E la tivù potrebbe essere un alleato prezioso, come del resto dimostra Fazio quando ospita Barenboim, Abbado & Co.
Ma poi sbaglia anche chi il melodramma lo fa come in Italia e com’è stato pubblicizzato ieri, se è solo memoria, polvere, reperto, madeleine nel salotto di nonna Speranza fra Loreto impagliato e il busto di Zeffirelli. Nel resto del mondo civilizzato, l’opera è, molto semplicemente, una delle tante espressioni del presente. Anche e soprattutto quando ripropone i capolavori del passato. Dove Butterfly è un capolavoro perché racconta una storia violenta, sconvolgente e moderna di turismo sessuale, non perché fa venire «un groppo in gola» alla Clerici. «È stato così bello, ho pianto tanto», dicevano le nonne.
Fra la minoranza di chi va all’opera per rivedere e risentire quello che ha sempre visto e sentito e la stragrande maggioranza di chi non ci va perché è uno spettacolo difficile, costoso e magari bisogna pure mettersi la cravatta, in questa terra di nessuno capita che proliferino le serate come questa, la Tosca di Dalla, «la lirica» portata nei talent show, Gino Paoli (perfino lui) che ieri sera cantava Puccini al Tg1, e vi potete immaginare come, Bocelli e i suoi replicanti, insomma i figli di un do minore e i nipotini di Pavarotti e dei suoi Friends. Il kitsch non nasce a caso: alla base, c’è la sensazione, magari inconsapevole, che quelle parole, quelle note, quei capolavori, insomma quelle che Bruno Barilli chiamava «le icone dei padri», che poi sono i nostri padri, abbiano ancora un potere di seduzione. Chi li ama dovrebbe riscoprirli, chi non li ama scoprirli. Ieri non è successa né una cosa né l’altra.
Commento di Enrico Stinchelli:
Ho letto con attenzione l'articolo di Mattioli e non sono d'accordo con vari assunti. Intanto l'Opera non è il Calcio, quindi è inutile sperare di fare audience con una partita in cui si esibiscano "campioni", come dice Mattioli: Totti è famoso, la Netrebko no. E poi chi sarebbero sti' campioni? Un conto è la Callas, un conto è appunto la Netrebko. Poi si critica lo spettacolo kitsch messo in piedi dalla Tv: kitsch lo è, senz'altro. Ma è uno spettacolo come OGGI piace in Tv. Possiamo aggiungere "purtroppo" , ma non concludiamo nulla. Non mi piace poi il solito attacco a Zeffirelli...basta,che noia...cambiamo musica. Grazie a Zeffirelli l'Arena di Verona può contare , in piena crisi dell'Opera, su una buona prevendita e su spettacoli di sicuro affidamento. All'amico Mattioli non piace il Trovatore "con le alabarde" come al 95% dei normali frequentatori di teatro, i cosiddetti melomani che viaggiano tra l'annoiato e il radical-chic. Ma il Trovatore E' con le alabarde e sono almeno trent'anni che l'Europa viene ammorbata da Trovatori senza alabarde ma con frigoriferi, suore indemoniate, tazze del cesso in bella vista, nazisti e tutto quel corredo di orrori che faranno pur piacere a qualche melomane, ma allontanano il nuovo pubblico, quello che crede ancora alle favole.
Il Trovatore di Zeffirelli all'Arena è, per esempio, uno spettacolo visivamente straordinario.
Una replica di Nicola Martinucci (tenore):
"Mi spiace Enrico, ma non sono d'accordo ,e mi meraviglio che un esperto come te,dica che lo spettacolo di ieri sera è stato buono. innanzitutto con quella amplificazione pazzesca, poteva cantare chiunque; i miei colleghi artisti lirici, eccetto la Nizza, sono stati mediocri. Berti in particolare,con un microfono amplificato ..ha cantato un "Nessun dorma" da scolaretto, con Si naturale al limite della stecca. Stendiamo un velo pietoso sul resto dei cantanti lirici e di musica leggera, bambini compresi. Giustamente i ragazzi non hanno voglia di studiare, tanto se canta questa gente qui in Arena, ognuno si sente giustamente pronto a tentare una carriera senza adeguata preparazione. Per non parlare della patetica Ave Maria di quella lì. Se poi per spettacolo si intende fare un minestrone di tutto quello che capita, allora hai ragione nel dire che lo spettacolo c'era. Ma non in ARENA!!!! Poi attendo comunque Berti nell' Otello, e che Otello!!! Siamo nella follia completa,oramai non distinguiamo più nulla, siamo diventati piatti, appludiamo sempre e comunque, ci va sempre tutto bene".
Risponde Enrico Stinchelli:
Caro Nicola,
una prima serata su RaiUno dedicata all'Opera è una rarità , diciamo pure quasi una casualità. Da anni a questa parte abbiamo assistito alla progressiva sparizione dell'Opera dal teleschermo. Io non credo che sia un atteggiamento giusto arroccarci nella nostra turris eburnea e scagliare anatemi, solo perché vi è stata l'ovvia, scontatissima concessione alle "gag" nazional-popolari. Nell'Era del Grande Fratello, dell'Isola dei Famosi e di "Amici" è davvero il minimo che vi sia un balletto bruttarello, che vi siano i microfoni, che vi siano bambini strani che cantano, che vi siano Dalla Morandi e Renga, che vi sia la vincitrice del talent show come "monstrum" da esibire e sbattere in prima pagina.
E' il fio da pagare per avere, dall'altra parte, l'immagine di un'Arena luminosissima, gremita, festosa e - incredibile!- tanti e tanti minuti dedicati alla Carmen, all'Aida, al Trovatore, alla Madama Butterfly alla Turandot. A me, di questi tempi, pare una sorta di miracolo.
Berti. Otello non so, aspettiamo che lo canti almeno (anche se, sono d'accordo con te, non mi pare adatto). Però è un tenore sicuro, solido, non ha certo bisogno di microfoni perché di voce ne ha fin troppa. Ha avuto un piccolo incidente sul Si naturale di 'Nessun dorma' (anche in questo caso non mi pare Calaf il suo personaggio d'elezione), ma ha cantato parecchio e non è facile con i tempi televisivi. Non mi è parso così scandaloso, affatto.
La Nizza è stata, anche per me, l'assoluta trionfatrice della serata e con il suo finale di Butterfly ti pagavi ampiamente il biglietto.
Se solo uno dei telespettatori amerà l'Opera grazie a questo spettacolo sarà un successo; i melomani, come noi, non fanno testo. Siamo brontoloni per natura.
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Recensioni
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Domenica 06 Giugno 2010 22:08 |
...e alla fine un trionfo per tutti, annunciato certamente ma stavolta anche meritato.
L'Opera rinasce come per magìa nella prima serata di RaiUno, grazie alla fantasmagorica bellezza dell'Arena di Verona e grazie a una commistione forse semplice, banalotta per i più schizzinosi , ma vincente: la selezione di Carmen, Trovatore, Madama Butterfly , Aida e Turandot, vale a dire di cinque tra le opere più amate di tutti i tempi, opere alle quali non si può dire di no, mai, in nessun caso.
L'orchestra dell'Arena di Verona ha suonato bene (nonostante più di qualche lieve slittamento!), il Coro pure, una splendida , direi fantastica Amarilli Nizza che in “Tu, tu piccolo Iddio” ha regalato una delle più belle e intense esecuzioni che si ricordino, un buon Marco Berti nelle parti di tenore (Pira abbassata ma vabbé...si perdona) nonostante l'intonazione talvolta fallace sia in Carmen che nell'aria clou “Nessun dorma” (con un si naturale molto precario), un'ottima Géraldine Chauvet come Carmen.
La Clerici, attesa al varco dai melomani più oltranzisti, è stata molto cauta e discreta, aiutata da testi sicuramente elementari ma proprio per questo non invasivi (penso , per esempio, alla prosopopea d'un Baudo) e da una voce parlata non petulante e isterica (penso, ad esempio, all'insopportabile Simona Ventura). Insomma, una vera sorpresa positiva, vedremo come reagirà l'Auditel. Certo è che aiuta molto più l'Opera una serata di questo tipo che le stagioni miserrime messe in piedi dai nostri sovrintendenti e direttori artistici: e la regìa televisiva di Sergio Colabona , le scene azzeccate, i costumi e le luci sono state assai meglio delle orride e costose, nonché pretenziose regìe di Carsen o Wilson , che allontanano il pubblico dal teatro anziché avvicinarlo.
L'Opera torna così a essere una favola, magari una favola bella che oggi ci illude, ma che sicuramente guarda a un pubblico nuovo, un pubblico grande, ignaro e curioso, ignorante (perché la nostra scuola è quella che è e l'educazione in famiglia è quella che è) ma al tempo stesso aperto. Vuoi vedere che ci sarà anche un ottimo share?
Gli interventi dei cantanti pop sono stati il punto debole, a mio parere: Cocciante accolto come una specie di Papa nero , benedicente, stonatissimo nella canzone (brutta) dedicata a Verona, Dalla inquietante assieme alla stupenda “Barbie” Katherine Jenkins (La Bella e la Bestia) e poi assurdo nella presa in giro del “Vincerò” parodiato (stìa al suo posto e lasci stare i Santi!), Morandi afono nell'improbabile “Tu che m'hai preso il cuor”, Renga strozzato in “Un amore così grande” (che fu l'inno di Del Monaco). Riguardo la vincitrice del Talent Show , Carmen Masola, mi è parsa stonata e incerta nell'Ave Maria di Schubert, tra l'altro con una rielaborazione che prevedeva orchi tra i coristi. I tre porcellini che hanno cantato la Mattinata di Leoncavallo erano una gag comica.
Si è pagato così l'obolo (pesante) al fatto che l'Opera fosse ammessa in prima serata sulla rete ammiraglia, d'accordo....possiamo digerire anche questo. In cambio le luci e la gioia di vedere un 'Arena piena, come ai bei tempi. Speriamo che dal 18 giugno sia così anche per la normale stagione.... |
Recensioni
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Sabato 05 Giugno 2010 20:28 |
Povero Verdi, che colpa ha lui?
Chicago, 5 giugno 2010.
La sintesi dell'Ernani alla Lyric Opera di Chicago sta tutta nelle sconce risatazze di coro e comparse che aprono il quarto atto: un Ernani da ridere, appunto. Una barzelletta.
Intanto il protagonista , Salvatore Licitra.
Mi dispiace fare questi rilievi a un tenore che ho molto stimato, difeso in tantissime occasioni e con cui ho lavorato piacevolmente in una “Tosca” a Taormina, che fu uno straordinario successo. Purtroppo nel canto non si può bluffare e la preparazione tecnica è necessaria, quanto l'aria che si respira. Licitra non è tecnicamente disciplinato, si sa, ma adesso lo è in modo imbarazzante. Intonazione continuamente in forse, acuti urlati e strozzati in gola, fraseggio assente e pericolosa tendenza a imitare, nei passaggi più veementi, il grido degli ostricari o dell'arrotino laziale.
Al fianco di un tale Ernani, l'Elvira urlata e incerta di Sondra Radvanovsky, una cantante che accanto a una intonazione ballerina unisce anche lei (solidale col partner)l'orrendo vezzo di gridare gli acuti invece di cantarli.
Non meglio procedono le cose con altri due ingolatissimi (ma cos'è? Una moda? Un virus? Nessuno canta più in maschera?): il baritono Boaz Daniel , come pessimo Don Carlo, e il basso Giacomo Prestìa, che stentavo a riconoscere, ridotto com'è a una specie di orco di Pollicino .
Sul podio Renato Palumbo tentava di mandare avanti la baracca alla meno peggio. Orribile il Coro e non buona nemmeno l'orchestra, caduta in parecchie trappole e in troppi passaggi sporchi.
Da dimenticare e...in fretta!
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Sabato 05 Giugno 2010 10:37 |
Il libro scritto da Peter Launek,purtroppo
non ancora pubblicato in italiano da alcuna casa editrice. Ricordo che Taddei è nato a Genova e ha sempre
avuto cittadinanza, passaporto e ogni cosa in Italia.
Ora che al dolore per la scomparsa di Giuseppe Taddei iniziano ad affiancarsi, anzi affastellarsi, i ricordi, voglio condividerne alcuni, per tratteggiare la figura di un artista straordinario e forse per scrutare da vicino i segreti, i bagliori vividi di un'anima speciale, privilegiata, aliena.
Che vegnan tuni, lampi e gragnoa...
Firenze, 1988. Dopo un periodo di studio con Taddei (che avevo conosciuto a Vienna poco tempo prima in una memorabile serie di “Elisir d'amore” e “Otello” ) finalmente il primo concerto insieme, organizzato dagli Amici della Musica della città del Giglio, capitanati allora da Vincenzo R.Bisogni e da Gianni Vitali, oggi in forze presso il Maggio Musicale Fiorentino.
Inutile dire che me la facevo sotto (come quasi sempre me la son fatta sotto, nonostante la mia apparente tranquillità: ... balle!) . Un intero concerto lirico con Taddei a fianco, una discesa nella fossa dei leoni, un misto tra un sogno e un incubo. In albergo eravamo in due stanze attigue: io mi ammazzavo di vocalizzi, come tutti quelli terrorizzati dalle proprie insicurezze (tecniche, essenzialmente) , lui ascoltava tranquillo la Tv e dormicchiava davanti al video, come intuivo da qualche sporadico e baritonalissimo “Ronf!Ronf!” . A un certo punto sento un poderoso :” EHHHI!!!! CARABINIERIIII!”. Dio mio, era lui!? Cosa stava succedendo??? Corro davanti alla sua porta, busso: “Peppino? Tutto a posto? Che succede?”. E lui:” Ma no, non ti preoccupare! Era un vocalizzo!”. Poi si affaccia, in canottiera, e mi fa: “Ma quanti vocalizzi fai? Guarda che ti va via la voce! Io lo dissi subito alla mia maestra....Non mi faccia fare troppi vocalizzi...e imparai da un tenore mio amico, all'Opera di Roma (quando vinse il Concorso nel 1935) a farne uno solo “Ehi!Carabinieri!”...la voce va subito a posto”.
Quanto aveva ragione: non servono i vocalizzi se non sono sul fiato e in posizione giusta, ti ammazzi e basta.
Usciamo dall'Hotel per una passeggiata. Pioviccicava. Io, con le tipiche fisime tenorili, mi avvolgo in una sciarpona e apro l'ombrello, lui invece con il solo berretto da marinaio e il collo aperto. “Ma togliti quella sciarpa, vedrai che ti viene più voce!” , mi fa ridacchiando. Io: “Ma Peppino...piove!”....e lui in dialetto genovese (scusate amici genovesi ma non so scriverlo bene, vado a memoria: “Che vegnan tuni, lampi e gragnoa...belin dentu e bale foa!”. Non traduco: lo capite tutti, vero?
I suoi colleghi
Con quel carattere bonaccione e solare era ovviamente amico di tutti e non parlava mai male di nessuno. Persino di Bechi, grande rivale e da buon fiorentino piuttosto maligno e acidognolo : “Non son miHa tutte rose!” disse a Taddei mostrandogli l'unica critica negativa al suo Barbiere eseguito a Lisbona (critica scritta, tra l'altro, da un intimo amico di Bechi!!!). Bechi gli soffiò il famoso Falstaff con De Sabata a Londra (un fiasco) ma Taddei si limitava dire di lui “ Era un Falstaff sardonico”. Un po' più cattivello con Gobbi, l'altro grande rivale, adorato dalla Emi e molto appoggiato in alto loco: “ Quando Mario (Del Monaco) udiva Gobbi vocalizzare in camerino, mi chiamava ...Vieni Peppino, ti faccio ascoltare il lupo!”.
Taddei adorava Gigli. Credo ne sia rimasto folgorato fin dal suo esordio, in Lohengrin.
“Ero a casa del maestro Serafin, si aprì la porta, entrò Gigli. Parlava con la sua vocina flebile, da bambino....aveva paura ad attaccare 'Mercé, mercé cigno gentil'....si umettava le labbra , chiudeva gli occhi e poi emetteva quei suoi suoni celestiali, meravigliosi.” Taddei era fantastico nell'imitare Gigli e sono sicuro che abbia imparato a usare così bene la mezzavoce e i falsettoni proprio imitando Gigli.
Certo, che ognuno imita i propri modelli: penso a chi si dovrebbe “imitare” oggi e con quali risultati!!!
Peppino Taddei e sua moglie Mimmi
Qui arriviamo a duetti memorabili. La moglie di Taddei, Mimmi, è stata l'unica donna a saperlo tenere in riga, un personaggio formidabile. Intanto una romana verace, del tipo Anna Magnani per intenderci, con la battuta sempre pronta e taglientema fondamentalmente buona come il pane . Taddei la conobbe nella pensione in cui viveva durante il periodo del Concorso all'Opera di Roma, prima del suo debutto, era la figlia della signora che affittava le camere agli studenti. Peppino non aveva il fisico del gran seduttore ma aveva il CARISMA del grande seduttore, ed è quello che conta alla fin fine. Posso dire che è stato sempre un incredibile donnaiolo, circondato da donne bellissime che cadevano ai suoi piedi come pere cotte.
Mimmi raccontava sempre il debutto del suo 'fidanzatino' (aveva 20 anni quando cantò Lohengrin con Gigli all'Opera) lo faceva con quella parlata tipica: “Me dava 'r cordojio co' sto' debbutto...n'ansia.....Io me presentai all'Opera tutta 'n ghingheri, tremavo da'a paura, me dicevo...Chissà che succede stasera? Farà na' carriera? O' buttano fuori?...Boh....Intanto tremavo seduta 'n poltrona. Poi...s'alza 'r sipario, e ...tiè!...eccotelo lì con la sua armatura, l'elmo, la lancia e quer vocione, co' na' faccia tosta....E io me so detta: A SCEMA CHE SEI!!!”.
Vienna Taddei era un mito, aveva la stessa popolarità di Francesco Giuseppe e della Sacher Torte! Mimmi mi raccontò di una volta che volle fargli una sorpresa. Era rimasta a Roma e Peppino aveva una Prima importante alla Staatsoper: “Mimmi, mi lasci qui solo....” , piagnucolava lui al telefono.Così Mimmi, cuore d'oro, senza dirgli niente prese l'aereo e si presentò in teatro. Attese la fine della rappresentazione e si piazzò dietro le quinte, durante gli applausi, schiacciata contro un muro. Taddei , tenendo a braccetto due magnifiche biondine, le passò davanti e SENZA RICONOSCERLA (si vede che era molto 'preso' !!!!) le disse: “Signorina, vuole un autografo?”.La risposta, alla Anna Magnani, di Mimmi fu: “Ma va a morì ammazzato!”.
A casa, se si accendeva una discussione animata, Taddei- non potendone più- afferrava un piatto , se lo metteva in testa tipo cappello da mandarino cinese, poi arrotolava il tovagliolo e lo piazzava tra il suo naso e la bocca, tipo baffoni. Era così buffo...che Mimmi smetteva di arrabbiarsi e diceva: “Tié...o' vedi? E come fai a litigà co' sto' pagliaccio!”.
Una frase ripeteva sempre, ogni volta che tornavamo da un concerto o da una lezione:”Aoh..ma nun te sei stufato?! , e lui :”No! Se smetto di cantare...sono un uomo finito!”. A quel punto nessuno diceva più nulla, lo diceva con una serietà assoluta, impressionante.
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