Matteo Macchioni si è rivelato con il popolarissimo talent-show "Amici" di Maria De Filippi. Unico, tra i cantanti giovanissimi in gara, a inserire anche la prediletta opera lirica nelle sue esibizioni, obbligando la volenterosa orchestra di Beppe Vessicchio a pericolosi voli pindarici. Matteo ha cantato un pò di tutto, ovviamente non tralasciando le arie clou tipo "Nessun dorma" , lontanissime dalle sue caratteristiche vocali.
La voce di Matteo è infatti una tipica voce di tenore lirico leggero, adattissima alle opere del Settecento napoletano (Paolino nel "Matrimonio segreto" di Cimarosa, per esempio) e a taluni ruoli del repertorio romantico , con Nemorino dell'"Elisir d'amore" di Donizetti border line.
Per riempire il teatro di Salerno, di cui è direttore artistico, Daniel Oren ha avuto la buona idea di proporre a Matteo Macchioni il debutto che sognava ed ecco ora il risultato, puntualmente riportato su youtube.
La prova è a mio giudizio molto positiva. Matteo ha una bella voce, il colore è schietto e ispira immediata simpatia, la dizione nitidissima; buona l'intonazione e ottime le intenzioni (sicuramente suggerite dal prestigioso concertatore), con un gioco chiaroscurale che dimostra la fantasia e il buon gusto dell'interprete.
I difetti non mancano e sono evidenti: abuso di suoni poco appoggiati sul fiato (quindi piuttosto fiochi), le vocali "e" ma soprattutto la "i" schiacciate (in gergo: non sufficientemente rotonde, a gola aperta ma con l'uso eccessivo del naso, che è sempre il refugium peccatorum preferito dai tenori), ma sono tutti problemini che Matteo saprà risolvere con l'esperienza e lo studio.
La sua "Furtiva lagrima" , banco di prova per tutti i più grandi interpreti (da Caruso a Pavarotti), passa la prova del fuoco, ed è di gran lunga superiore ad analoghe prestazioni di tenori molto famosi (un nome tra tutti: Rolando Villazon).
1956: all'Opera di Roma Giuseppe Di Stefano, Clara Petrella e Boris CHristoff cantano l'Iris di Mascagni, mentre negli studi della Rca, sempre a Roma, Robert Merrill, Roberta Peters e Jussi Bjoerling incidono il Rigoletto. Alla Scala di Milano la Callas canta Fedora e Amelia nel Ballo in maschera, mentre incide Leonora nel Trovatore con Karajan per la Emi.
Bastino questi pochi dati per capire che razza di anni furono gli anni Cinquanta per chi ama l'Opera. Anni di vacche grasse, il trionfo del melodramma assoluto.
Nel 1956 Alberto Sordi gira un film che è il manifesto di ogni cantante lirico: "Mi permette babbo".
E' la storia di un giovane basso, pieno di entusiasmo e con un vocione assai promettente, che vittima d'un maestro di canto senza scrupoli (avido di danaro e bisognoso di salutari bistecche) , non riesce mai a debuttare. Finalmente l'occasione arriva: il dottor Grenvil in Traviata, una particina ma all'Opera di Roma, nientemeno con Rosanna Carteri protagonista.
Ad Alberto la parte sta stretta , non ci sono arie ma solo frasi seppur importanti "La tisi non le accorda che poche ore". Giunto all'agognata prima, Sordi-Grenvil dà il meglio di sé stesso: esegue un'ottava sotto la famosa frase e, contro ogni tradizione del tempo, esegue il finale "E' spenta!" di solito tagliato.
L'apparizione di Verdi sul podio è uno dei momenti più esaltanti e anche commoventi del film, in cui si manifesta appieno l'amore di Sordi per il teatro d'Opera (studiò canto da ragazzo e il padre fu basso-tuba nell'orchestra dell'Opera di Roma) e le sue indubbie doti vocali.
A fianco di Sordi un cast stellare, con Aldo Fabrizi, il mitico Turi Pandolfini, Paola Borboni, Riccardo Billi, oltre a Rosanna Carteri e un fantastico Giulio Neri, il più grande basso profondo italiano.
L'Arena di Verona è il più grande teatro operistico del mondo e come tale, nel 2010, presenta una stagione composta da 5 titoli tra i più amati e rappresentativi del nostro patrimonio artistico, con 48 recite complessive , distribuite tra metà giugno e fine agosto.
Il bilancio 2009 si è chiuso con 500.000E in attivo, quasi un miracolo, considerando il pauroso buco creato dalle precedenti gestioni, al limite della bancarotta.
Franco Zeffirelli lancia il suo appello "Detassare l'Arena...chi tiene viva la fiaccola della cultura deve avere incentivi dalla Stato". Ancora una volta il grande regista è nel giusto.
Dopo mesi di polemiche e manifestazioni contro il decreto-Bondi, con i teatri in agitazione e le orchestre in piazza, finalmente una proposta concreta e puntuale.
Non è infatti il decreto Bondi la fonte di ogni male, ma la spaventosa mala gestione dei teatri e delle Fondazioni attuata negli ultimi venti, trenta o più anni, fatta di sperperi inauditi,svariate produzioni costose e orrende, tangenti e soldi al nero elargiti un pò ovunque, contratti e fatture gonfiate. Per molti operatori del settore i teatri d'Opera italiani sono diventati un pericoloso "stipendificio" e in un periodo di crisi nera ciò non può essere, comunque. Sarà utile iniziare a compiere un profondo atto di coscienza e di revisione, su come sono stati gestiti e da chi i teatri e le fondazioni italiane.
La cultura tuttavia va incentivata e non penalizzata. La detassazione delle Fondazioni virtuose è un provvedimento che andrebbe attuato subito, senza nemmeno pensarci su due volte.
Franco Zeffirelli mantiene il suo spirito battagliero e ci ricorda che l'Arena di Verona è patrimonio dell'umanità, così come l'Opera, ed è un bene anche e soprattutto ITALIANO. In anni immediatamente precedenti, nonostante la presenza di Zeffirelli sia stata costante e assidua, abbiamo assistito a un lento decadimento di questo eccezionale arengo operistico. L'Opera nasce ed è grandiosa nella sua stessa essenza, perché grandiose sono le emozioni che produce, grandiose e magniloquenti le arie e le vicende drammatiche espresse, grandiose le scene, i costumi. Zeffirelli è stato per anni, direi decenni, attaccato per i suoi presunti "eccessi"....e cos'è l'Opera se non eccesso???
Con il risultato di aver dovuto assistere, anche a Verona, alle terrificanti sperimentazioni , talvolta puramente demenziali, di registi affatto amanti dell'Opera ma piuttosto amanti di sé stessi e dei loro fantasmi interiori. Così abbiamo visto un gigantesco pupazzo (alto tre metri) saltellare attorno a José Cura in Turandot (simboleggiava un circense boia!), una Traviata con Mariella Devìa truccata da Gian Burrasca, un Nabucco conNucci totalmente struccato a cavallo d'un pony , quando decenza avrebbe richiesto quanto meno un solido maremmano!
Nello stesso Nabucco la Guleghina (Abigaille) apparve a metà stradatra Maga Magò e Crudelia Demon , mentre in un altro Nabucco, costosissimo e di quasi impossibile realizzazione scenica (tant'è che il progetto iniziale dovette essere dimezzato quasi, nelle sue dimensioni per essere posto in palcoscenico) , Coro, Solisti e Comparse dovettero più volte danzare la macarena. Il Nabucco, a quanto pare, è un'opera comica.
Risultato? Pubblico sempre più scarso e disamorato, introiti crollati drasticamente, DEFICIT.
L'Arena giunse a sfiorare la bancarotta.
Questa è la stagione del rilancio . Io mi auguro che spalti e platea siano gremiti ogni sera. Chi non ha mai assistito a uno spettacolo in Arena ha rinunciato a parte delle grandi sensazioni che la vita riserva. Un grande augurio da parte mia al grande Franco Zeffirelli, indomito alfiere e ultimo rappresentante d'un 'epoca in cui l'Opera si amava per la sua forza, la sua bellezza, la sua magìa.
Zeffirelli: «Niente tasse per l'Arena»
Presentato l'88° festival areniano, che inizia venerdì prossimo con la Turandot e sarà interamente dedicato a Franco Zeffirelli, che firma la regia e le scene delle cinque opere (oltre a Turandot, Aida, Madama Butterfly, Carmen e Trovatore."
L’88° Festival lirico dell’Arena sarà interamente a firma Franco Zeffirelli. «Regista icona della lirica» come lo ha definito il sovrintendente della Fondazione Arena Francesco Girondini, Zeffirelli firma regia e scene delle cinque opere, che si alterneranno per 48 recite dal 18 giugno al 29 agosto. La stagione è stata presentata oggi dal sindaco Flavio Tosi, dal direttore artistico Umberto Fanni, dal presidente della Provincia Giovanni Miozzi, dall’assessore alla cultura del Comune Erminia Perbellini. La prima sarà venerdì 18 giugno con Turandot di Puccini, in un nuovo allestimento di Zeffirelli ed con i costumi del Premio Oscar Emi Wada. Fra gli interpreti principali Maria Guleghina (Turandot), Tamar Iveri (Liù), Marco Berti (Calaf) e Carlo Cigni (Timur). I complessi artistici areniani sono diretti da Giuliano Carella, che ha sottolineato come «per un veronese come me aprire il Festival areniano è il punto più alto della carriera». Il secondo titolo della stagione sarà Aida di Verdi, in scena il 19 giugno, con Daniel Oren sul podio, regia e scene di Zeffirelli, costumi di Anna Anni. Interpreti principali: Amarilli Nizza (Aida), Piero Giuliacci (Radamès), Dolora Zajick (Amneris), Ambrogio Maestri (Amonasro). La terza opera, Madama Butterfly di Puccini, debutterà il 26 giugno, sotto la direzione di Antonio Pirolli, con regia e scene di Zeffirelli e costumi di Wada. Interpreti principali: Hui He (Cio-Cio-San), Carlo Ventre (F.B.Pinkerton), Gabriele Viviani (Sharpless) Seguirà Carmen di Georges Bizet, sul podio Julian Kovatchev, con Anita Rachvelishvili (Carmen), Marcelo lvarez (Don Josè), Mark S. Doss (Escamillo), in scena il 10 luglio. L’ultima opera, il 7 agosto, sarà Il Trovatore di Giuseppe Verdi, diretto da Marco Armiliato con Marcelo Alvarez (Manrico), Sondra Radvanvosky (Leonora), Dmitri Hvorostovsky (Il Conte di Luna).
«Se c’è una traccia di cultura da salvaguardare lo si deve all’opera, che qui è nata, e l’opera a Verona aiuta i sogni». Lo ha detto Franco Zeffirelli in occasione della presentazione dell’88° Festival areniano, a Verona. «L’Arena di Verona non dovrebbe pagare tasse! - ha aggiunto il regista -. In fondo il pubblico che partecipa alle opere spende dei soldi che dovrebbero essere reinvestiti nell’Arena. I politici dovrebbero stare lontani dai fatti d’arte». «Voglio ringraziare e dare atto - ha detto ancora - dell’ottimo lavoro di promozione fatto dal sindaco Tosi e dal sovrintendente Girondini che mantengono alta la visibilità dell’Arena e sempre viva la torcia della lirica». «Anche grazie a una serie di attività collaterali, come il Galà con Antonella Clerici, questa stagione - ha detto Tosi - parte sotto i migliori auspici, le prevendite vanno decisamente meglio dell’anno scorso». «Il gala del 6 giugno in diretta su Raiuno, organizzato con ArenaExtra, è stato un grande spot per il festival - ha aggiunto Girondini -. Mi auguro che, in questo momento di difficoltà economico, ne possa beneficiare tutto il mondo della lirica. Quest'anno ci saranno 48 serate e nel prossimo saranno 49 ed è un buon segnale».
Una nota critica di Daniela Dessì (soprano)
Meno male che c'è Zeffirelli a ricordarci che l'Arena è patrimonio dell'umanità.... d'altra parte per quale motivo non dovrebbe farlo visto che è l'unico teatro al mondo che mette in scena 5 dei suoi spettacoli in una sola stagione... questo non è un eccesso???!!!
Mi sembra di aver ben espresso il mio pensiero riguardo l'ECCESSO. L'Opera è ECCESSO, ed eccedente, nella sua più pura accezione. Nasce nell'eccesso presso le corti tardorinascimentali , trionfa negli eccessi barocchi, prosegue ad eccedere con Visconti, Zeffirelli, De Ana & C. C'è però una differenza tra ECCESSO e SPERPERO, sostanziale. Taluni allestimenti, che di BELLO non hanno nulla, sono puri SPERPERI. Daniela ne sa qualcosa, avendo partecipato suo malgrado a svariati allestimenti di questo tipo: è una professionista, libera di accettare o meno (Aida di Zurigo...Daniela? ..). Io amo gli eccessi, detesto gli sperperi. Un'altra sostanziale differenza è tra ECCESSO e CESSO, elemento quest'ultimo abbastanza in uso in talune regìe attuali. Liberi, anche in questo caso, di scegliere.
Qui sotto: scena da "Un ballo in maschera" di Verdi, regìa Calixto Bieito.
Replica Daniela Dessì:
Caro Enrico,premesso che i miei post non vogliono essere di polemica unicamente contro Franco Zeffirelli per il quale nutro una grande stima artistica nonostante le sue prese di posizione nei miei confronti,ritengo che tu abbia ragione riguardo spettacoli purtroppo brutti dal punto di vista visivo e nei quali,assai pochi per... Mostra tuttoò, mio malgrado mi sono trovata a partecipare. l'Aida che tu rammenti, per quanto spettacolo di pessimo gusto, ha avuto decine e decine di repliche al teatro di Zurigo,che peraltro non è in deficit, ammortizzando così le assai modiche spese di produzione (era fatta con due teli ,dei tubi innocenti e costumi assai poco costosi...)..certo il brutto resta brutto e l'inutile inutile,ma allora l'inutilità sta anche nel mettere in scena 300 ballerini , 5000 comparse,10 cavalli pecore e asini...
Rispondo:
Daniela, è tutta una questione di "mode" e ,come diceva Lord Brummel, segue la moda chi non sa vestirsi da solo.Sai bene che l'Arena di Verona, in anni passati, ha messo in scena spettacoli seguendo i malvezzi di area germanico-svizzera. Caso paradossale, proprio i tedeschi, che per il 50% occupano gli spazi areniani, hanno decretato con fischi e con la loro assenza (assai più grave dei fischi perché crea incassi miserandi) il fiasco di simili esperimenti. Tutto qui. Ora si torna al vecchio sistema, almeno lì: vediamo come andrà a fine stagione,quando avremo la somma degli introiti e delle spese a confronto.
Prima della trasmissione con la Clerici c'è chi sparava a zero, lanciando anatemi. Ora, le lodi sono state superiori agli insulti: con 1 italiano su 5 che ha seguitoi il programma da capo a fondo. Aspettiamo anche in questo caso la fine dei giochi e poi valutiamo i risultati.
Le verità celate dell'affaire MUTI-SCALA (1986-2005)
Un periodo denso di luci e ombre, ora finalmente svelate
Un maestro tanto glorioso e longevo quanto fu Arturo Toscanini non poteva non creare epigoni, a volte eccezionali musicisti , a volte pallidi imitatori, in altri casi folli succedanei.
Si annoverano schiere di toscaniniani, a partire dai suoi assistenti Erich Leinsdorf, George Szell, celebri per la precisione e lo stacco irresistibile degli "allegri"; come non ricordare il grande Guido Cantelli, pupillo di Toscanini, scomparso giovanissimo in un incidente aereo,Antonino Votto, protagonista di grandiosi eventi scaligeri, o Lorin Maazel, ancora oggi insuperabile per l’infallibile memoria e per una certa qual cupidigia.
In genere i toscaniniani appartengono a quel genere di maestro che corre, come inseguito da una muta di lupi affamati o come lui stesso all'inseguimento di un treno; l'effetto è quasi sempre quello di orchestre portate al parossismo, spinte verso gare di velocità sempre più pericolose, concertati al calor bianco, cabalette simili a tarantelle, qua e là ritmi e colori che rievocano il folclore delle sagre paesane. E' una sindrome che definirei inevitabile, cronica, il "toscaninismo" e , come tutti i vezzi, ciò che è grande nel modello originario diventa parodistico nell'imitatore.
Con Riccardo Muti , direttore musicale della Scala fino alla primavera del 2005 dopo circa un ventennio , l'eredità toscaniniana si fece "missione" :l'investitura sembrò avere origini divine , come si dedusse dalle frequenti , auliche citazioni che Muti utilizzò durante le sue conferenze o persino prima o dopo le sue esecuzioni pubbliche.
Muti, paradossalmente molto più di Toscanini, si propose in tutto il suo fulgore come il Gran Maestro del Podio, il super Direttore megagalattico , le Roi Soleil delle bacchette , tanto da spingere Franco Zeffirelli a definirlo tout court e molto meno simpaticamente :" il Rais della Scala".
Di origini pugliesi (padre medico a Molfetta, stimatissimo) , ma con studi napoletani , Muti compì la sua éscalation un grado dietro l'altro, come un bravo, paziente muratore, prima accumulando successi al Maggio Fiorentino, poi a Philadelphia, negli Stati Uniti, eccellendo nel repertorio sinfonico quanto in infuocate recite operistiche.Più che di LOggioni si dovrebbe parlare di Logge: sembra infatti che fosse proprio la Massoneria (Firenze e Philadelphia ne sono appunto due rinomate capitali) a proteggere e a favorire l’ascesa del temperamentoso maestro.
La sua cifra caratteristica è l'impeto, la veemenza; l'orchestra è una fiera da domare, al posto della bacchetta potrebbe tranquillamente brandire un bastone da maresciallo o uno scudiscio.Il compianto maestro Sinopoli lo chiamava, appunto, "il Maresciallo".
Con il fondamentale aiuto della moglie Cristina,soprano di incerto valore proveniente da una importante famiglia della cosiddetta "Ravenna-bene", Muti pur attentissimo alle corone e alle cadenze, non trascura pubbliche relazioni e stampa, costruendo un'immagine forte, autoritaria, vincente; per una ventina d’anni non vi fu praticamente giornata in cui non fosse comparso un articolo inneggiante su Corsera o Repubblica, corredato da relativa foto con ciuffo al vento. Peana più che recensioni, visto che era severamente proibito parlar male del Domineddio. Ne sappiamo qualcosa noi della Barcaccia e forse è questa la buona occasione per rivelare qualche utile retroscena.
1995. Siamo nel pieno dell'Era Muti . Va in scena il Mefistofele di Boito e il sottoscritto, penetrato furtivamente in loggione (l'ufficio stampa della Scala aveva l'ordine di non far entrare i conduttori della Barcaccia, pena- si immagina- la pubblica flagellazione) assiste allo spettacolo. Va detto per inciso che, mentre i giornali riportavano puntualmente notizia di trionfi, in teatro le cose non stavano propriamente così. Fischi ce n'erano, dissensi, e pure parecchi. Così accadde anche durante il Mefistofele, conclusosi con una sorta di baraonda orchestrale e corale , tra le più confuse e assordanti ch'io abbia mai sentito. La recensione fatta in Barcaccia non piacque ai vertici scaligeri, Muti e lo stesso Fontana in testa (all'epoca molto solidali). Il sovrintendente giunse a chiedere un miliardo e mezzo di vecchie lire di danni (750.000E) per i 7 minuti di musica trasmessi, pur spezzettati da commenti.
Questo l'antefatto. Nell'estate del 1995 la trasmissione lavorò in sinergìa con Rai3 per il programma "Operaquiz" di Rosaria Bronzetti.Il Direttore della rete , Tantillo (un carissimo amico)mi telefonò in pieno luglio, passata la mezzanotte, e mi disse (riporto a memoria il succo della telefonata):
"Ciao Enrico, scusa l'ora. Hai amici molto potenti in politica? Se li hai...muovili e muoviti subito, poiché vengo da una cena con la Moratti (all'epoca Presidente della Rai) e Muti , in cui quest'ultimo ha chiesto la vostra testa (mia e di Michele Suozzo) e la sospensione del programma."
"Ah" , feci io " E la Moratti?"
"Ha preso nota, muoviti!", fu la risposta.
Sarà utile,a tale proposito , un articolo apparso proprio quell'anno su "Repubblica", che qui riporto:
Repubblica — 12 luglio 1995 pagina 34 sezione: SPETTACOLI & TV
"CHE Muti sia esuberante è ormai un dato di fatto ma che sia disinformato, sinceramente mi dispiace. Tanto per fare un esempio la Rai offre da anni un servizio quotidiano sull' opera che, nel mondo della cultura musicale, per quanto riguarda i media, è a livello di Cenerentola. E questo solo per contestargli le accuse che fa all' emittenza pubblica. Maestro, mi sembra davvero inopportuno. Non mi dica che la Fininvest offre un servizio migliore, solo perché ha stipulato con la Scala un contratto per riprendere la Filarmonica che, mi scusi, non è certo una grande orchestra anche perché si è formata da poco. Non credo che quella trasmissione domenicale su Retequattro sia più pregevole di tutto quello che si fa a viale Mazzini". Non usa giri di parole Enrico Stinchelli per rispondere al ' j' accuse' lanciato lunedì da Riccardo Muti contro il trattamento che riceve la cultura in Italia e, in particolare, contro la Rai, accusata di ignorare la musica seria. Melomane convinto e conduttore, insieme a Michele Suozzo, della trasmissione radiofonica tutta musicale La barcaccia e del programma televisivo di RaiTre Prima della prima-Opera quiz, duecentomila spettatori, il 4 per cento di share, Stinchelli aggiunge: "Basta con questa tirannide scaligera che ci devasta. Ci sono anche altri teatri degnissimi, anzi, ottimi. Come Catania, Palermo, Bologna, il Carlo Felice di Genova. E invece sembra che esista solo e soltanto la Scala. Ripeto, è una tirannide e nemmeno tanto giustificata. Ho seguito tutto il cartellone di quest' anno, quasi tutte le opere sono state un disastro, con l' eccezione della Valchiria e dei Racconti di Hoffmann, il resto è stato un' ecatombe, regolarmente fischiata. Prendiamo la Traviata, terribile. La Fabbricini era pure stonata" continua Stinchelli "La tv brilla per la sua assenza afferma il maestro? E' ' colpevole' di disinteresse verso la musica? Io non direi, tanto per cominciare, e chiedo scusa perché parlo bene di un programma mio e del collega Suozzo, c' è Prima della prima, con tutto il suo lavoro settimanale di riprese fatte sui palcoscenici e spesso nelle situazioni più difficili, senza contare che siamo riusciti ad ottenere una interattività con la radio che consente di non interrompere il filo della musica. Insomma, siamo in rete alle 12, replichiamo alle 20 e poi siamo in video alle 23.50. Muti, abbia pazienza se insisto, le sembra poco? Nemmeno negli Stati Uniti ci battono; dal punto di vista radiofonico solo alcune radio locali trasmettono più ore di musica. E non per vantarci ma domenica uscirà sul ' New York Times' un articolo che riguarda la trasmissione di RaiTre perché dall' autunno avremo con noi il titolare americano di ' Opera fanatic' , uno specialista in pettegolezzi da palcoscenico che ci racconterà tutto di tutti". Non usa mezzi termini Enrico Stinchelli nel rispondere al maestro Riccardo Muti e nel rintuzzare le sue lamentele sul destino della cultura in Italia. "Il suo mi sembra un tono tutto milanese, inutilmente piccato, simile a quello che usa il sovrintendente della Scala Carlo Fontana quando mandiamo in onda le opere del lirico lombardo per intero con tanto di fischi e ' buuh' ; prendersela con la Rai mi sembra un atteggiamento vetero-leghista e non perché io mi senta un aziendalista di ferro, vistio i problemi che creo, nel mio piccolo. Oltretutto, tanto per restare in tema di esclusiva , ricordo al maestro che la radio trasmette tutte le prime scaligere, dico tutte. Questa di parlar male della Rai mi sembra una moda. Insomma, le battute di Muti sono intempestive. Per la cultura musicale si fa molto. Va bene, cercheremo di fare di più, ma non perché Muti tuona dal podio della Scala". E sul riferimento diretto del maestro alla morte di Benedetti Michelangeli e al concerto-ricordo trasmesso alle due e mezzo di notte da RaiTre? "Credo che sia stata una svista, non nostra, naturalmente, ma di Riccardo Muti, forse l' hanno informato male. Il giorno in cui il grande pianista è morto, alle 23 è stato trasmesso un concerto e Prima della prima è saltato, e mai scompaginamento del palinsesto fu mai più giustificato e doveroso; poi, nei giorni seguenti, ci sono state delle repliche, genere Schegge e, ovviamente, gli orari sono stati dei più diversi, quindi sul caso specifico non esiste polemica. Eventualmente si può obiettare sul fatto che Opera quiz venga trasmessa tardi, quando la gente è stanca e magari non ha voglia di ascoltare acuti. Abbiamo scritto a Luigi Locatelli, responsabile della rete, e lo hanno fatto anche molti teleutenti, siamo in trattative per uno spostamento o, comunque, l' idea potrebbe essere quella di un settimanale più lungo. Oppure, altra ipotesi, sempre interagendo con la radio, una specie di striscia folle. Perché questo è un mondo di matti". - di ALESSANDRA ROTA
Cosa accadde? Il programma fu effettivamente sospeso da Radio3, senza alcuna motivazione plausibile, a settembre venne collocato un nuovo programma dal titolo, involontariamente (?) ironico "Palco reale"e dovemmo faticare non poco per essere re-integrati a gennaio, dopo una pioggia di lettere di protesta e di richiesta degli ascoltatori e dopo, confesso, aver seguito il primo consiglio del direttore Tantillo, rivelatosi vincente. Questi i fatti.
Da gennaio 1996 iniziai il ciclo "Mutiful", 22 puntate di una fiction (ma mica tanto) dedicata al Maeschhtro e alle sue eroiche gesta.
Nella fase finale del suo dominio scaligero, Muti aggiunse al suo repertorio una sintomatica tendenza al comizio, laddove l'antico e tristemente celebre balcone di piazza Venezia si trasformò nel podio: da lassù, sguardo fiero e mascella volitiva, il Maestro ha discettato, rivelato, pontificato, scagliandosi ora contro i tagli ai fondi per la musica in Italia, ora contro le guerre, ora contro la fame nel mondo. Ad Ancona, inauguratosi il nuovo Teatro delle Muse, giunse a criticare il restauro della sala, aggiungendo alle sue ben note conoscenze in campo musicale anche insospettabili cognizioni architettoniche.
La Scala è stata ovviamente il suo tempio, sede di trionfi ma anche dei suoi mal digeriti disastri, sempre sottaciuti- come si è detto- dalla stampa compiacente e dai principali mezzi di comunicazione: dalla Traviata eseguita dal Maestro al pianoforte, per scongiurare eroicamente uno sciopero selvaggio, ai Vespri siciliani fischiati e buati come non mai; dal Trovatore senza do ma con la contestazione personalizzata ("Questi fischi sono per lei, maestro!", gridato da un loggionista esasperato), al trionfale Otello con Domingo al capolinea, l'intera Tetralogia wagneriana , il Parsifal, addirittura un Rossini inatteso (Donna del lago) , il prediletto Gluck (buono sempre per salvare qualsiasi inaugurazione), Mozart, il Puccini della Tosca e della Manon Lescaut, il Mefistofele di Boito. Dopo circa un ventennio di dominio assoluto e assolutista, il colosso mostrò i suoi piedi di argilla e si frantumò violentemente: nel marzo del 2005 , dopo il maldestro tentativo da parte del Maestro di spodestare il sovrintendente Fontana e rimpiazzarlo con un proprio “Leporello” , scoppiò la bomba.
Una umiliante votazione assembleare dei dipendenti scaligeri, riuniti all’interno del teatro, sconfessò Muti in toto (due voti a favore e circa 700 contrari!) , costringendolo dopo una resistenza di 15 giorni alle irrevocabili dimissioni. Si chiuse così un periodo molto controverso della storia scaligera.