Nicola Alaimo come Guillaume Tell
Sono state rivelatorie le interviste rilasciate dal maestro Michele Mariotti, concertatore del
Guillaume Tell, e da Graham Vick, regista del capolavoro tornato a Pesaro dopo 18
anni di assenza. . Dal giovane direttore d'orchestra abbiamo appreso la sua chiave di
lettura, piuttosto leggera, disincantata, anti-eroica, “schubertiana” , più incline a guardare
verso il Rossini buffo . Parole puntualmente rispettate dalle scelte direttoriali del
talentuoso maestro. Mi permetto di contestare la questione del Rossini anti-eroico :
Rossini è stato, come ogni Genio che si rispetti, un musicista che ha guardato al passato,
ha esaltato il presente e ha preconizzato il futuro. Rossini ha compiuto una eccezionale
parabola in pochissimi anni, esattamente come il suo adorato Mozart. Sono stati in pochi
a riuscirvi. Confesso che , dopo una brillante e davvero trascinante ouverture, la
concertazione di Mariotti è andata verso una direzione troppo edonistica e allegrotta, a
volte rasentando il vaudeville e persino l'operetta alla Offenbach. Per carità, tutte cose di
pregevole fattura, in cui Mariotti ha dimostrato la sua tenuta ritmica, l'eleganza, la
precisione in più occasioni, il saper accompagnare i cantanti (dote anche questa non
comune) ma che ha inquadrato il capolavoro di Rossini in un ambito troppo superficiale.
Non c'era pathos e colore nel Giuramento, per esempio, in cui sembra davvero che gli
svizzeri formino una valanga sonora nel finale d'atto; non c'era lo stacco eroico nel finale
I, nella cabaletta di Arnoldo ampiamente “tarantellata”; mancava lo spessore e la tinta
scura nella grande scena di Gesler.Le strette delle grandi scene erano poi davvero
troppo pasticciate: Coro spesso fuori tempo, corni imprecisi in tante occasioni, spiacevoli
sfasature tra buca e palco. E poi, maestro Mariotti, se lo lasci dire da chi ascoltava con
molta attenzione il Suo lavoro: troppo casino sul palco, troppi rumori insopportabili e lesivi
della musica di Rossini, stropiccii, risatine e sghignazzi, cachinni, rantoli, sberleffi,
risatazze, squittii...insomma, tutto ciò non è previsto e disturbava parecchio l'ascolto e la
serietà dell'evento. Doveva imporsi sul regista: è nel Suo pieno diritto.
Poi è subentrato Vick e la cosa si è fatta davvero nebulosa. Ci vorrà qualcuno dei suoi
assistenti che venga a spiegarci perchè il Maestro parlava di Bangla Desh, di “danze
sociali”, di una scimmia su una scala, su “austriaci che non fanno niente e sfruttano tutto,
contro la Natura” (stranissima forma di xenofobìa, se permette intollerabile nel 2013).
Lo spettacolo è stato giudicato dal pubblico di Pesaro, dalle parole del regista solo un
gran guazzabuglio con parecchi spunti da intervento delle autorità austriache a difesa del
buon nome della loro, tra l'altro musicalissima, terra.
Veniamo alle voci.
Nicola Alaimo mi è parso di gran lunga il trionfatore della serata. La voce, perfettamente
assestata sul registro bass-baritonale , ha acquisito corpo e autorevolezza ma senza mai
perdere in morbidezza e in squillo. Scandite le parole, nitida la dizione, accenti molto
determinati, soprattutto nel duetto con Arnoldo, nel Giuramento, nella sfida con Gessler.
Molto belle le mezzevoci del Finale : siamo di fronte al miglior Guglielmo oggi disponibile
e a un baritono in continua evoluzione.
Il tenore.
Rossini decise di ritirarsi perchè aveva detto tutto. Nel Guillaume Tell gettò le basi per i
grandi autori successivi, nessuno escluso. Arnoldo è la summa di IERI dell'OGGI e del
DOMANI, è il papà di Manrico, di Otello persino. In questa cabaletta, come anche ha
raccontato in maniera non condivisibile il maestro Mariotti, l'orchestrazione NON è
sbagliata: è profetica,invece, è dura da sostenere, perchè Duprez doveva staccarsi dal
vecchio archetipo, alla Nourrit appunto. Si apre una nuova via, che Rossini presagiva e
un pò anche temeva.
Juan Diego Florez ha offerto una grande prestazione in linea con l'indirizzo
odierno: un immenso tenore lirico leggero , fraseggiatore impeccabile, maestro del legato
e capace di sostenere ogni tessitura. Ma Florez, a mio avviso, non è il tenore ideale per
questo ruolo, appunto perchè è un tenore lirico leggero. Ci vuole un altro taglio, una altra
lama, e un'altro giro di fiato . Per essere chiaro nella mia tesi e proporre un esempio
di quello che, secondo me, può essere un Arnoldo ideale , citerò gli antichi Martinelli,
Lauri Volpi, vere e proprie trombe di squillo puro (anche se eseguivano il Tell
tagliando quasi metà della parte) , e tra i tenori più a noi vicini ricorderò
Marcelo Alvarez, che ha inciso 10 anni fa una bella scena di Arnoldo.Pavarotti poteva
essere un grande Arnoldo. Bonisolli fu un grandissimo Arnoldo,Gianni Raimondi,
Nicolai Gedda, e come non ricordare Gregory Kunde, e Salvatore Fisichella. Tutti
tenori in grado di cantare Verdi, Puccini, alcuni persino Leoncavallo e Mascagni.
Altri tipi di tenore. Ciò detto, per onestà di giudizio, aggiungerò che Florez ha offerto, a
mio avviso, la miglior prova possibile oggi, sebbene sia arrivato stanco alla fine della
cabaletta, con un do purtroppo calante e appesantito dagli sforzi precedenti.
La Rebeka come Mathilde ha prodotto una bellissima voce, di raro velluto, ma mi è
parsa molto impaurita dalle agilità e dalle difficili cadenze della seconda aria, e incerta
nell'intonazione in varie circostanze.
Marina Rebeka
Tra i bassi, il migliore è stato a mio avviso Alberghini.Autorevole e con personalità da
grande interprete.
Jemmy bene fino all'aria...dove purtroppo gli acuti risuonavano “indietro”. Brava la
Simeoni e troppo impetuoso Celso Albelo come Pescatore, parte che gli consiglierei di
non accettare più: il primo do sembrava quello d'un Manrico stanco, tant'è che una
stecchina dispettosa è arrivata alla fine della nota. Ormai Celso Albelo è un conclamato
primo tenore, apprezzato in tutto il mondo: basta ruoli piccoli. Kraus non cantava
Pescatore e Puritani.
Buona la prova dell'orchestra di Bologna ma non in tutte le sezioni, magnifici i legni
scrocchianti i corni, archi bassi a volte poco presenti, timpano in eccessiva evidenza.
Coro maschile ottimo, coro femminile evidentemente sotto organico, con alcuni poco
gradevoli spunti "solistici".
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