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ALLA FENICE TORNA L'AFRICAINE di MEYERBEER
Domenica 24 Novembre 2013 22:05

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Torna l'Africaine di Meyerbeer e per la prima volta in francese alla Fenice di Venezia,

opera mitica nel suo giusto alveo e con un cast che fa onore a un teatro che oggi si

colloca tra i migliori d'Italia, assieme al Regio di Torino e all'altalenante Scala (forte, però,

di ben altre sovvenzioni e con un deficit che Venezia ignora).

 

                  africaine__due__donne

                                          Jessica Pratt  e  Veronica  Simeoni

 

Opera mitica , si diceva, poiché appannaggio di tutti i grandi vocalisti dalla metà

dell'Ottocento al primo Novecento, con almeno un'aria “O Paradis” che è diventata un

“must” per ogni tenore che voglia definirsi tale.

 

                                       africaine_locandina

 

Opera quanto mai densa di musica e di spunti belcantistici, che La Fenice restituisce in

una forma giustamente abbreviata (impossibile oggi costringere il pubblico a 6 ore di

spettacolo) ma senza nulla togliere alla coerenza dell'impianto drammaturgico, che vede

5 atti di cui i primi due un po' zoppicanti e poi un netto crescendo, fino al finale mesto che

riecheggia un po' la “Gioconda “ di Ponchielli, con Selika la ragazza “abbronzata” (come

recita l'orrido libretto italiano) che muore abbandonata da Vasco de Gama (o DA Gama) il

tenore e dall'amata Inés , annusando alcuni fiori di manzanillo velenosi, gli stessi esaltati

invece da Carmen nella Seguidille.

 

L'Africaine, che Meyerbeer si portò dietro per tutta la vita non riuscendo a completarla né

a vederla eseguita, è una sorta di summa del Belcanto , con evidenti riferimenti a Rossini,

Donizetti, Verdi e Wagner, ed è un Grand-Opéra che mette a dura prova tutti, dal tenore

ai due soprani,al baritono Nelusko (leggendarie le interpretazioni di Titta Ruffo e Aldo

Protti), ai bassi (soprattutto Don Pedro, il Presidente del Consiglio della Corona) ,

impegnati nei concertati.

 

                   africaine_1__bozzetti

 

A Venezia un trionfo assoluto per i tre protagonisti : Veronica Simeoni come Selika,

Gregory Kunde come Vasco de Gama e la Inés di Jessica Pratt, con una nota di

particolare merito per il basso Luca Dall'Amico nella parte di Don Pedro. La Simeoni,

sulla carta mezzosoprano acuto, dopo un inizio un po' incerto (la tremenda Aria del

Sonno era a rischio intonazione e con qualche acuto un po' troppo “duro”) è andata

crescendo, fino a un magnifico duetto con Vasco de Gama nel IV atto e a uno struggente

finale. E' una cantante con notevolissime doti, che già si era distinta nel Trovatore come

Azucena, sempre a Venezia: uno studio costante e una maggior tranquillità nell'emissione

dovrebbero garantirle una ottima carriera, come di fatto sta dimostrando. Certo, le voci

“anfibie” sono le più delicate e rare da trovarsi, non dimentichiamo che nel 1971 a Firenze

con Muti la parte di Selika venne interpretata da Jessye Norman, un contralto con acuti ,

e nel 1988 da Shirley Verrett, altra voce estesissima (assai meglio della Norman nel

registro alto e decisamente più avvenente).

 

                         africaine__kunde

                                              Gregory   Kunde 

 

Gregory Kunde giunge a Vasco de Gama dopo un percorso strepitoso che da Rossini ,

Bellini, Donizetti lo ha man mano condotto a Verdi, compreso il ruolo topico di Otello.

Contrariamente a quanto ho sentito dire durante la diretta radiofonica, Vasco de Gama

non è esattamente un tenore 'drammatico' , non è cioé Sansone o Otello, bensì un

classico tenore alla Meyerbeer, un lirico belcantista, se così vogliamo classificarlo: voce

duttile, estesa certamente , capace di emissioni morbide con ampio uso della mezzavoce

(si pensi al terribile attacco sul fa diesis di “O Paradis”) . Una tipologìa che con Nicolai

Gedda ha trovato il suo storico punto di riferimento. Kunde riesce a superare ogni

difficoltà e per di più ad aggiungerne altre, con frequenti puntature al do e al si naturale

acuto (esattamente ciò che Domingo, con i suoi soliti abili trucchi ometteva). Si capisce

con quanta devozione e attenzione abbia studiato questa partitura, centrando l'aspetto

eroico e romantico del personaggio, e puntando non tanto sull'aria famosa quanto sui

recitativi, sui duetti e sui grandi concertati.

 

                                africaine__pratt

                                                   Jessica  Pratt

 

 

Primadonna di classe e scalpitante, Jessica Pratt non si è accontentata di infiorettare da

par suo la grande aria d'esordio, ma si è divertita a piazzare un gran mi bemolle nel bel

mezzo d'una frase innocua...facendo capire che la sua presenza non era assolutamente

formale.Straordinariamente  funambolica e delicatissima la cadenza, con cui ha posto il

suo  sigillo belcantistico.

 

In teatro sarà stato sicuramente efficace, data la tonitruanza e lo squillo della voce, ma in

radio il Nelusko di Angelo Veccia è parso duro e monocorde, con troppe emissioni

nasaleggianti. Tuttavia l'aria di Adamastor è stata eseguita con ogni nota al suo posto,

risatazze comprese.

 

Molto bene, autorevole e di bel colore Luca Dall'Amico, basso che ormai è una certezza,

con una ottima dizione francese.

 

Coro e Orchestra diretti con forza e ottimo stacco di tempi dal maestro Villaume, sebbene

qualche piccolo pasticcio nei concertati abbia denunciato forse la necessità di prove in

più.

 

Comunque un plauso alla Fenice per questa non facile proposta.

 


 
INTERVISTE\ A TU PER TU con MAURO MELI
Giovedì 14 Novembre 2013 18:14

                                              

                                                    Meli1


L'attualità teatrale italiana, come tutti sanno, offre quasi esclusivamente notizie nefaste,

relative soprattutto alla carenza di fondi per sovvenzionare spettacoli e persino per

pagare gli stipendi del personale. Il deficit in bilancio regna sovrano in quasi tutte le

Fondazioni lirico-sinfoniche e i Teatri di tradizione; un male atavico che però la “crisi” ha

portato a estremi drammatici. Pensiamo al Teatro Carlo Felice di Genova, al Teatro Regio

di Parma, ai teatri siciliani, al Comunale di Bologna, al Maggio Musicale Fiorentino. La

stessa Opera di Roma e la Scala, nonostante il profluvio di milioni, accusano un passivo

pesante. Di stretta attualità il Teatro di Cagliari, la cui Sovrintendente , Crivellenti,

è oggetto di una  durissima sentenza del Tar che ne ha di fatto inficiato la nomina.

Insomma, un caos che pare non avere mai fine .

 

Ne parliamo con uno dei protagonisti, forse il più discusso: il maestro Mauro Meli, già

direttore artistico del Regio di Parma, della Scala tra il 2003 e il 2005 e per quasi un

decennio del Teatro Lirico di Cagliari. Una buona occasione per far chiarezza su tante

questioni circondate da chiacchiere, notizie scomposte e versioni tra loro molto

contrastanti.

 

 

  • Maestro Meli, intanto grazie per la Sua disponibilità.Perchè tanto astio nei Suoi confronti a Cagliari,a cosa si deve la scìa di polemiche che L'ha vista coinvolta?
  •  

Il mestiere di Sovrintendente, mi creda, è molto difficile e vive di scelte delicate. Quando

arrivai a Cagliari il Teatro era in condizioni disperate,a dir poco. Non si trattava di operare

solo scelte importanti ma una vera e propria ristrutturazione aziendale: abbiamo finito la

costruzione dell'edificio, acquistati i magazzini e i laboratori, completato il palcoscenico .

Dopodiché sono state create delle stagioni importanti, di alto livello artistico e culturale,

tali da creare un immediato , enorme interesse mediatico. Voglio ricordare, oltre agli

spettacoli in teatro anche l'apertura dell'anfiteatro estivo, con una eccezionale messa in

scena della Nona di Beethoven con Lorin Maazel (mio carissimo amico) sul podio e la

regìa della Fura dels Baus. Ovviamente, e qui rispondo alla Sua domanda, tutto ciò crea

una certa invidìa, anche se, devo dire, la vera ondata negativa che mi ha coinvolto deriva

dal periodo successivo, quello trascorso alla Scala.”

 

 

-In quell'occasione Lei fu oggetto di strali lanciati soprattutto da un noto

personaggio,  molto appassionato d'Opera , che raccolse un

dossier contro di Lei e lo distribuì a tutti i dipendenti del Teatro, è vero?-

 

 

 Sì, ho saputo di questo fatto e per me resta un mistero il perchè di tutto ciò... 

 non sapevo nemmeno chi fosse, poi un giorno, un noto direttore d'orchestra di

cui preferisco non fare il nome, mi disse “Scusa Mauro, fammi la cortesìa di dire a quel

signore di non riprendermi con il video mentre sono in mutande in camerino”, io andai da

quel  tale  e fu allora che conobbi il famoso personaggio , il quale aveva l'hobby di

registrare in video ogni cosa accadesse all'interno della Scala, forte di una autorizzazione

ufficiale ottenuta illo tempore. Dopodiché uscì fuori la storia del dossier e altre trame ai

miei danni, con l'esito che tutti conosciamo. Misteri che forse resteranno tali o che un

giorno verranno chiariti, ci saranno altre occasioni per parlarne. Comunque le infamie sul

mio conto sono state tante, evidentemente il mio arrivo in Scala ha rotto degli equilibri e

infastidito chi aveva interessi a me sconosciuti. In ogni caso tanti degli articoli contenuti

nel     “dossier ” sono stati oggetto di querela da parte mia e successivamente vinti

in sede di giudizio. Soldi che sono andati alla Fondazione di Cagliari, come parte lesa.”

 

 

 

-Tra gli epiteti più ricorrenti quello di “Mister Deficit”. Vogliamo chiarire bene la

questione del pesante bilancio in rosso che ha caratterizzato la Sua gestione

cagliaritana?

 

Facciamo un po' di chiarezza su queste cifre, perchè davvero sono volati numeri in

maniera molto disinvolta . Intanto quando io sono arrivato a Cagliari vi erano 10 milioni di

Euro di budget, quando sono andato via dopo nove anni il budget era arrivato a 35 milioni

di Euro. Non solo: da 2000 abbonati si passò a 12000 abbonati , cioé 3 volte gli abbonati

della Scala! Lei capisce che per una città con 160.000 abitanti avere qualcosa come

250.000 biglietti venduti!? Non è cosa da poco. Il successo era addirittura clamoroso.”

 

 

-Ma il deficit?-

 

Parliamo di queste famose perdite. In realtà sono stati 4 milioni di Euro, a fine mandato

e, ci tengo a dirlo, non per motivi gestionali. La causa principale fu dovuta ai ritardi dei

contributi da parte dei soci e degli sponsors: per prima la Regione, che dava qualcosa

come quasi 12 milioni di Euro ma con un anno e mezzo di ritardo, producendo la

necessità di richiedere prestiti alle banche con interessi passivi spaventosi. La stessa

identica cosa è accaduta a Parma e consideri che il Teatro di Cagliari è messo molto

meglio rispetto al Regio, con una struttura organizzativa solida e molto ben funzionante.

Ma cosa si può fare se i progetti non possono decollare?

 

  • Il Suo rapporto con i lavoratori del Teatro com'è stato?-

 

Sempre ottimo, ho sempre avuto le cosiddette 'masse artistiche' in mio favore. Consideri

che abbiamo fatto un lavoro stupendo, sottolineato dalla critica mondiale: spettacoli come

“Gli stivaletti” di Ciaikovsky, Lucia di Lammermoor, Le Martyr de Saint Sébastien con

Prètre sul podio e la Fura dels Baus, sono stati spettacoli indimenticabili.”

 

 

  •  

  • Lei vanta un'amicizia personale con Claudio Abbado e con Carlos Kleiber,

  • purtroppo scomparso. A Cagliari organizzò l'ultimo concerto in assoluto di Kleiber, considerato un evento storico. Che può dirmi di queste due personalità?

 

  Parliamo di due titani, davvero. Abbado lo conobbi a Ferrara, fu lui a chiamarmi a  

  Ferrara Musica, io avevo lavorato a Como per due anni come direttore artistico. Con lui

lavorai fianco a fianco per 9 anni consecutivi, un'esperienza esaltante. Abbado è un

vulcano , un musicista assolutamente unico sia per il suo modo di lavorare che di

studiare. Le sue prove sono un esempio preclaro della eccezionale preparazione: due

parole all'orchestra, tutto a memoria e poi si sprigiona la magìa che tutti

conosciamo.Kleiber aveva un carattere e una personalità molto diversa e con lui,

naturalmente , non avevo la confidenza e la consuetudine che ho con Abbado.”

 

 

  •  

  • Kleiber e Abbado erano tutti e due del segno del Cancro, indice di profonda

  • sensibilità e fantasia interpretativa...”

 

  Ah...non lo sapevo....Kleiber era come il Dalai Lama, ha presente? Un carisma e una  

  capacità quasi ipnotica sull'orchestra e sul pubblico. Un gesto piccolo, dolcissimo, un

repertorio limitato ma...guardi...ascoltare con lui per l'ennesima volta la Settima di

Beethoven o l'ouverture del Fledermaus  era un'esperienza che portava alla commozione

di tutti, sempre.”

 

 

                        

 

 

  •  

  • Come riuscì a convincere Kleiber per i suoi ultimi concerti a Cagliari?-

 

  Non creda che sia stata una questione di pochi giorni....Lo corteggiavo da almeno 10  

  anni! Non so quante volte lo avrò invitato, ma lui con molta discrezione ed educatamente

trovava sempre pretesti e schivava queste richieste.Fu grazie a Lorin Maazel e al

comune ingaggio con l'orchestra della Radio Bavarese che riuscimmo a trovare uno

stratagemma: detto in sintesi, in cambio della scrittura a Monaco (cui Kleiber teneva

moltissimo) riuscimmo a ottenere in cambio due concerti a Cagliari. Lo incontrai alle

Canarie, dov'era appunto con l'orchestra di Monaco per due concerti, e lo seguii

praticamente come un'ombra. Alla fine, un giorno mi fece cenno con la mano di

avvicinarmi e sorridendo mi disse ' Beh, allora li facciamo questi due concerti a Cagliari?'

. Può immaginare come mi sono sentito in quel momento...”

 

 

  •  

  • Vi furono particolari condizioni?-

 

   Certo e abbastanza particolari. Non voleva foto e curriculum sul programma di sala.

Né l'annuncio del programma dei concerti....nemmeno sui manifesti. In pratica i

biglietti furono venduti a scatola chiusa. Ovviamente fu l'incasso storico di Cagliari: i posti

andavano dalle 20.000Lire ( 10 Euro) a 400.000Lire (200E) per le poltronissime: tutto

esaurito, manco a dirlo.

 

 

  •  

  • E quanto costò l'operazione Kleiber? Anche qui sono volate cifre impressionanti...

 

  Quei concerti costarono in tutto 800 milioni di Lire (400.000E). Tenga conto che  

  qualsiasi grande orchestra costa lo stesso. Fu una grande emozione per tutti .

Ancora oggi questo evento viene ricordato in Cina, in Oman, in Russia, in America...C'è

solo un altro direttore d'orchestra, a mia memoria, capace di creare straordinarie magìe,

ed è Juri Temirkanov...”

 

                                            

  •  

  • Ho l'impressione, dialogando con Lei, che ha più piacere di ricordare Cagliari che il

  • Teatro Regio di Parma, dove pure è rimasto a capo tanti anni...come mai?-

 

  No, mi dispiace  darLe questa impressione. A Parma ho re-inventato il Festival Verdi  

  arrivando a una qualità eccelsa. In 7 anni ho portato 23 volte il Teatro in tournée: 16

all'estero. Spedizioni pagate da chi ci ospitava, specifico. Ho lanciato l'integrale in DVD

delle opere verdiane da parte della Unitel, giungendo a 23 opere realizzate dal Teatro

Regio. Poi, scaduto il mio mandato, non hanno voluto completare il ciclo....peccato. Nel

giugno del 2011, dopo 250 anni ho riaperto all'opera il meraviglioso Teatro Farnese, con

Claudio Abbado ancora una volta al mio fianco. Insomma, grandissimi eventi....”

 

 

  •  

  • Come spiega la dura polemica attuale con il Sindaco Pizzarotti e la questione

  • dell'orchestra del Regio, licenziata così...di punto in bianco?-

 

  L'orchestra è stata licenziata 3 anni prima della scadenza del suo mandato.

Rimpiazzata da un'orchestra, la Toscanini, che era nata per essere un'orchestra

regionale....mah....mi chiedo perchè? Sembra un dispetto....Poi anche questa polemica

con il Sindaco non la capisco: Lui continua dire che io ero costosissimo e che la nuova

gestione è meno onerosa....Ma se io prendevo 200.000Euro lordi l'anno e gli attuali

costano 280.000Euro ???! Dov'è il risparmio? Inoltre io facevo tutto da solo, mentre a

Parma ora sono in due quindi: doppi viaggi, doppie macchine, doppi alberghi, doppi

pasti....mah.... A me non piace criticare i colleghi ma ci sono cose che gridano vendetta:

la questione dell'orchestra licenziata, per esempio. Ma anche il Festival Verdi, che per

Parma dovrebbe essere un fiore all'occhiello, un fatto attrattivo. Ora sono tornati a un

finto Festival, con due titoli, uno a settembre e uno a ottobre. Io credo che ogni format

festivaliero debba avere una formula che assicuri al pubblico una continuità, una serie di

eventi a ciclo quasi continuo. Insomma, diciamolo chiaramente: chi compra un pacchetto

attraverso i tour operators in America, in Giappone , in Finlandia per venire a Parma,

quindi chi affronta un viaggio che finirà con il costargli 2\3000 Euro vuole vedere almeno

4 o 5 cose!! Mi pare logico. Il mio Festival Verdi produceva 12 milioni di Euro di indotto a

fronte di 3 milioni di costi. Queste sono le cifre ufficiali, tutte verificabili.”

 

 

  •  

  • Ma allora a cosa si deve il perenne e oggi accentuato stato di crisi dei teatri? -

 

   La crisi, se non vogliamo prenderci in giro, non ha fatto bene a nessuno...avrebbe  

dovuto stimolare nuove idee, nuovi progetti. E invece? Nulla. Se guardiamo bene ,

nonostante la crisi, alcuni teatri funzionano e anche molto bene: a Torino, per esempio, il

teatro viaggia bene perchè il Sovrintendente è bravo. Lo stesso a Venezia. Il segreto è

trovare un equilibrio tra la qualità artistica e le risorse realmente disponibili, e ottenibili.

Purtroppo esistono teatri che hanno un costo pauroso , strutturale, da fermi, cioé ogni

giorno che non producono: vedi Firenze. Costi altissimi a fronte di pochissimi introiti.”

 

 

  •  

  • Sì ma allora vi sono precise mancanze in ordine agli uffici marketing, che in tutta evidenza non funzionano...-

 

Bravo! Esattamente! Guardi, vuole un elenco delle ragioni della crisi dei teatri? 1. La

crisi in sé; 2. Gli uomini; 3. Lo Stato, che se vuole ridurre i finanziamenti DEVE trovare il

sistema di incentivare l'arrivo di nuovi soldi.Insomma: se un Jumbo ha bisogno di 30

persone che lavorano in aereo, e 70 a terra, le cose sono due...o lo trasformi in un

ristorante o in una luna park....o devi sovvenzionarlo. A Firenze, per esempio, ci sono le

basi : la città è una delle città d'arte più famose al mondo, la tradizione è enorme, l'Opera

è nata a Firenze....ma lo Stato cosa fa per aiutare chi eventualmente volesse investire su

Firenze? Dove sono le necessarie leggi per la defiscalizzaxione o la detassazione? Un

ministro bravo deve trovare il sistema, poiché ogni teatro ha comunque un costo che

volenti o nolenti non può essere abbasato oltre un certo limite, ne va della qualità. Le

racconto un episodio significativo. Tre anni fa invitai un giovane direttore d'orchestra e

nell'occasione ospitai in teatro il direttore del Metropolitan di New York con la moglie, che

era in visita in Italia. Vide lo spettacolo, ne rimase molto soddisfatto e tornato a New York

mi fece pervenire un assegno di 10.000Euro , come donazione per il Teatro Regio. Io

rimasi molto colpito e chiesi al CDA di formalizzare un ringraziamento speciale per questo

atto di inconsueta generosità. Dopo tre giorni mi chiamò la segretaria del donatore, da

New York, chiedendomi -anche con una certa premura- se avessi posto l'assegno

all'incasso...sa perchè? …..Perchè se lo scaricava dalle tasse americane!!! ….Aiutare un

teatro è facile, proviamoci!”.

 

 

  •  

  • C'è il recente decreto del Ministro Bray, che ne pensa?-

 

“ C'è la defiscalizzazione per 5000Euro di investimento....Troppo poco! Perchè non si fa

per qualsiasi cifra?? Perchè precludersi un investimento molto più sostanzioso? Perchè

allora non fare una prova: se in 5 anni non si sono trovate risorse...allora fate pure quello

che volete. Ma se non ci si prova nemmeno...”

 

 

 

 

  • Cosa ne pensa del crowdfunding, che si sta sperimentando a Como per finanziare una Cavalleria rusticana?-

 

No....bisogna guardare agli americani, che sono più bravi di noi in questa materia. In

Usa si organizza un grande Galà operistico con annessa Cena: se vuoi cenare con gli

artisti paghi 300Euro. Alla fine vengono incassati 300.000Euro. Chiaramente gli artisti

sono Domingo, Bocelli, il livello deve essere quello. Inutile incassare 5Euro o 10Euro a

destra e a sinistra...bisogna puntare a un target di pubblico diverso.”

 

 

  •  

  • Dopo la fine dell'esperienza a Parma come guarda al Suo futuro?-

 

Sto vivendo quella che si definisce una serena pausa di riflessione. Insegno a Ferrara,

presso la Facoltà di Economia, ho una bellissima famiglia cui dedico le mie attenzioni e

ho una serie di progetti molto interessanti perchè amo il mio lavoro e voglio continuare a

farlo. E' un periodo che mi aiuta, tra l'altro, a capire tante cose che in 30 di attività non ho

avuto il tempo di approfondire.”

 

 

  • Grazie per la lunga conversazione,a presto!-

 

“Grazie a Lei, buon lavoro!.”

 

 

                                            meli2

 

 
VERDI, ROMA e...il "nuovo" MUTI
Domenica 10 Novembre 2013 16:55

                                              Muti_1

 

Sorprese notevoli tra le opere verdiane in CD che il Corriere della Sera distribuisce da

alcune settimane, protagonista assoluto il Maestro Riccardo Muti e le compagini

dell'Opera di Roma. Io credo che i complimenti generati da un rapporto 'critico' siano

decisamente più sinceri e apprezzati dei plausi e degli inni levati al Cielo dai laudatores.

Chi mi conosce e mi segue sa che nei confronti del Maestro Muti (da me simpaticamente

chiamato “il Maeschhhtr' “) ho sempre applicato una regola ferrea e a volte dura:

conoscere per giudicare, senza lasciarsi influenzare dallo scampanìo festoso dei

cortigiani o della stampa asservita.

 

Di Muti non mi è mai piaciuta la spocchia e il tono cattedratico esibiti pubblicamente,

quando invece nel privato propone un atteggiamento diametralmente opposto, più incline

alla facezia e al battutismo. Il guaio di Muti è stata l'ombra gigante di Toscanini,

manifestatasi ai tempi dei suoi studi giovanili con Antonino Votto, che di Toscanini fu

assistente e seguace. Il baritono Valdengo, con il quale ho studiato per un certo periodo,

soleva ricordare che tutti coloro che avevano avuto a che fare con Toscanini erano come

“marchiati a fuoco” . In effetti la cosa si è tramandata ma non come logica ammirazione,

bensì come imposizione di un para-toscaninismo superato e pesante,a volte persino

grottesco. Ed ecco quindi le deprecate cabalette alla Speedy Gonzalez, il bataclàn delle

strette, gli ottoni spinti al parossismo, l'Aida di Monaco, il filologismo ottuso e prepotente, i

cantanti portati allo stremo, i fiaschi (puntualmente trasformati in trionfi dai solerti cronisti-

cortigiani). Insomma: tutto ciò che ho sempre rimproverato a Riccardo Muti, con onestà

critica e contro ogni interesse personale.

 

                         Muti__Roma

 

Ora c'è un netto cambio di rotta, che credo di poter individuare nel periodo che segue lo

stressante ventennio scaligero e le conseguenti polemiche che portarono alla

defenestrazione di Muti. Roma è una città lenta e pigra, mollemente adagiata sui suoi

allori e sorretta dalla politica di regime: il Teatro Costanzi è uno dei tanti 'palazzi',

assimilabile a Palazzo Chigi o a qualsiasi luogo in cui dimora il cosiddetto “Potere”.

All'interno di questa culla, in tutta evidenza, il Maestro Muti si sente accolto come Egli

reputa opportuno: come un uomo di potere al pari, se non addirittura di più, rispetto al

musicista, all'artista. Respinto da una Milano che vede nei suoi confronti 'ingrata' e

'spietata' , Muti trova a Roma il suo grande riscatto e si produce in nuova veste: da Raìs

(definizione di Zeffirelli) passa al grado più solenne di Senatore , dalla Madunina si arriva

al placido Cupolone. Sta di fatto che lasciati da parte gli antichi clangori, le strette

vorticose e le corse sfrenate , Muti si abbandona a inusitati slanci poetici nel  Simon

Boccanegra, trovando il culmine nella scena dell'agnizione tra  il Doge  e

Amelia, proprio in quella scena che sembrava appannaggio assoluto dell'eterno rivale,

Claudio Abbado. L'attacco degli archi sul tema dell'amore tra padre e figlia (uno dei

grandi voli d'angelo verdiani) rivela un Muti che davvero non mi sarei mai aspettato: non

più ansioso e teso, ma finalmente umano e vibrante d'una passionalità libera da

qualsivoglia pregiudizio.

 

                                          

 

In questa nuova ottica, più meditata e tranquilla, è il Nabucco a mostrarsi come la perfetta

antitesi con il primo Muti: lente e massicce le cabalette, in cui vengono concesse in taluni

casi persino le variazioni nel da capo (significativa la cabaletta di Zaccaria “Come notte”) ;

delicati gli accompagnamenti delle arie, con una meticolosa attenzione nel seguire il

cantante e senza sovrastarlo con sonorità troppo impetuose; persino gli squilli di trombe e

tromboni, un tempo inclini alla petulanza , oggi assumono un colore più denso e uniforme

(vedi Simon Boccanegra, il finale del Prologo o l'apertura della scena del Senato; vedi

Attila, vedi Macbeth).

Peccato  che nella  serie  di opere  live  proposte dal Corriere della  Sera  non vi sia

l'Otello, con cui si inaugurò  il  rapporto  con il teatro della  Capitale. Il  primo  atto

resterà,a  mio parere,  tra  gli eventi musicali più  straordinari  cui  abbia  finora 

assistito, per la forza  tellurica  , la tenuta  e  la  qualità generale  dell'esecuzione, con

Coro e Orchestra  dell'Opera  in stato  di  grazia.

 

                      

 

Insomma un Muti che ripensa sé stesso e soprattutto abbandona l'antico modello

toscaniniano, finalmente  libero da un giogo “pericoloso”.

 

Il reparto cantanti vede schierate le eccellenze attuali, con alti e bassi, luci e ombre.

Duole constatare che i nomi siano omessi dalle copertine dei dischi, come se non

contassero nulla. E probabilmente per i responsabili del Corriere della Sera è così.

Vogliamo però sottolineare che alcune prove sono eccellenti: il baritono Luca Salsi, per

esempio, è uno dei pochi a saper modulare a mezzavoce momenti importanti come

“Tremin gli insani” o “S'appressan gli istanti” in Nabucco; il tenore Francesco Meli,

approdato a ruoli che gli calzano a pennello, regala emozionanti momenti come Gabriele

Adorno e nella non facile parte di Ismaele;il basso Abdrazakov è un fantastico Attila, per

tempra e baldanza eroica; il baritono Nicola Alaimo è un Ezio imponente, anch'egli

perfetto nello scandire le frasi seguendo l'arco verdiano e certamente le indicazioni volute

da Muti, che -com'è noto- fa un grande lavoro di sala con i cantanti. Il basso Zanellato

canta l'impervia parte di Zaccaria e riesce a venirne a capo con onore e così il suo

collega, Beloselsky, che come Fiesco rappresenta un ottimo carattere, forse un po'

debole nelle note gravi rispetto all'efficace registro acuto. Magnifiche le parti di fianco, con

due elementi di spicco, come il basso Luca dall'Amico (Papa Leone in Attila) e il tenore

Antonello Ceron , Uldino squillante e vigoroso.

                                      Muti__Attila

                                                                  I.Abdrazakov (Attila), G.Gipali (Foresto)

 

Nel reparto femminile  , in Simon Boccanegra  brilla la Amelia  lirica  e  limpida  di

Maria Agresta, un soprano che oltre a saper cantare splendidamente, ha avuto in dono

un colore di voce raro a trovarsi. Tatiana Serjan come Abigaille , Lady Macbeth e

Odabella riesce a scavalcare le onde perigliose delle tre parti, a volte con straordinaria

forza ed efficacia, ma il colore non è dei più affascinanti (non si può avere tutto). Già è

tanto che arrivi a cantare tutte le note scritte da Verdi e senza risparmio alcuno: in teatro,

tra l'altro, offre una figura molto adatta e una recitazione sempre avvincente.

 

                                Muti_Macbeth_Serjan

                                             T.Serjan  (Lady Macbeth)

 

Insomma, ci voleva l'Opera di Roma e il bicentenario verdiano per farci rivalutare Muti,

una piacevole sorpresa che mi fa dire , come James Bond: nella vita o nel

melodramma...”mai dire mai”.

 


 
OTELLO on line!
Sabato 02 Novembre 2013 11:25

 

                                    OTELLO_GOZO__CREDO__BELLA

 

 

 

Otello  Badri  Maisuradze
Jago    Alessandro  Paliaga
Desdemona  Miriam Cauchi
Cassio  Cliff  Zammit Stevens
Emilia  Olga  Sliepnova
Roderigo   Bernard Busuttil
  Lodovico  Franco De  Grandis 
 
Montano  Ken  Scicluna
 
Orch. Filarmonica  di Malta,   dir.  Joseph  Vella
 
Coro, Coro  bambini      Maestra del  Coro:  Maria  Frendo
 
Regìa  e  scene:  E. Stinchelli
Realizzazione  scenica: Joseph  "Genius"  Cauchi
Costumi:  Arrigo, Milano
Assistente  alla regìa: Ulduz  Ashraf  Gandomi
Video maker: Alex  Magri
Luci:  George  Zammit
Attrezzeria:  Rancati
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Teodora Kaciaros Sojat "Nel mondo delle fiabe. E' quello che le persone desiderano.
Qui c'è buon gusto, fantasia, amore per il proprio lavoro, rispetto e venerazione per l'Autore, desiderio di piacere al pubblico, ma anche, e soprattutto, di mostrare che modernizzare non significa sconvolgere e imbruttire, ma alzare l'ingegno, inventare, capovolgere, mettere in moto quella parte di cervello che sovrintende alla creatività, realizzare quello che è nei sogni, non spacciare per stravaganza quello che è solo pigrizia mentale, banalità e piattezza".


Laura de Cesare Con gli obbrobri che circolano, gli allestimenti di Enrico sono come una ventata d'aria fresca perchè-pur avendo uno spunto innovativo,usando anche le moderne tecnologie- ti fanno capire benissimo che opera stai vedendo/ascoltando!... il risultato è bellissimo e,come ho già detto,non sembra vero di vedere Otello nei tempi di Otello!! I cappottoni neri,i frigor, i ferri da stiro ecc. sono tutte cavolate di gente che non ha idee e non conosce l'opera, che secondo me è anche fiaba e deve trasportarci indietro ai tempi della trama...le altre cose le vediamo tutti i giorni!! Grande Enrico!!!!


Paola Labarile Ho appena finito di guardarlo tutto. Semplicemente bellissimo, i ballabili sono un misto di eleganza, raffinatezza, delicatezza.... Una regia certamente non attuabile da tutti i registi in quanto tu sei critico musicale, musicologo e regista, sai bene cosa stai facendo. Bellissimo l'uso delle luci, come sempre. predomina il blù! I cambi scena avvengono molto rapidamente e senza che qualcuno se ne accorga o se ne accorga vistosamente. Ho capito cos'era quel rumore che avvertivo all'inizio: il vento! Pazzesco! Sei riuscito perfettamente a riprodurre anche quello! Ogni tanto cercavo di captare i vostri commenti durante lo svolgimento dell'opera! belli anche i costumi e un cast incredibilmente bravo, specialmente il baritono: un vero diavolo! Sapeva, anche solo attraverso la voce, interpretare al meglio il personaggio e riusciva ad assumere toni diversi. Desdemona veramente molto brava, sempre delicata e presente al personaggio. Il tenore ha un bellissimo timbro, scuro e vellutato, solo che purtroppo la dizione non è chiara. Enrico, hai veramente superato te stesso, regia da manuale. La dovrebbero trasmettere Rai Cinque, Rai Uno, Sky.. Non sto scherzando, è bellissima! Incredibilmente bella.

Alberto Sacchi Odobez · 
.... Quello che si riesce a fare quando si crede in un progetto , si ha la capacità di coinvolgimento e coordinamento di tutti.... Con l'orgoglio di creare, senza superbia, un affresco verdiano...! LODI...!

Angela Maria Brambilla 
Bravo un regista con buon senso coniugato con il gusto

Valerio Paperi Anche questo modo di partecipare ad una tale impresa, dimostra che potremmo vivere ed utilizzare diversamente il nostro grande patrimonio musicale . la musica non deve produrre solo godimento , ma godimento responsabile.

Luciana Serra Complimenti Enrico, spettacolare!


Fabio Armiliato Bellissimo Enrico: Complimenti per il successo a te e a tutti gli amici del Teatro ASTRA di Gozo!!!!

Lucia Grieco La curiosità e donna, ma è anche "cantante", ed essendo io ora alle prese finalmente con le mie prime vere audizioni e debutti, ho spulciato tutte tutte le foto di questo meraviglioso Otello, comprese le prove: regia caratterizzata da eleganza, compostezza, sobrietà abbracciata da scene a tratti caravaggesche...che dire, COMPLIMENTI!

Giorgio Gromit Pandini come sempre quando si tratta di Enrico, una regia coerente stilisticamente e non fine a sè stessa, ma al servizio dell'opera e dalla quale traspare il lavoro meticoloso, la cura del particolare ma soprattutto l'amore per la lirica. Bravo Enrico!

Vittoria Salvadori L'ho seguita tutta. Bellissima!
Regia, scenografia,luci, colori perfetti, innovativi, degni di un regista a 360°, affiancato da un cast eccezionale che ha permesso di realizzare un'opera eccezionale.
Bravissimo e bravissimi tutti!!!

Carlo Giuseppe Galbiati Bellissima l'idea del Bucintoro, belli i colori, credibili gli interpreti (anche se non sempre atleticissimi). Ti prego: vai nei licei di Roma a parlare d'opera! Io dove sono faccio la mia parte.

 
 


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