CHE IL MAGGIO TORNI A CASA e BASTA RETORICA!
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Martedì 15 Marzo 2011 08:05

                                                    giappone

 

 

                                              giappone_3

 

 

 

Assieme allo tsunami, alle  radiazioni

nucleari, al terremoto  e  alle  altre

sciagure  che hanno  colpito il Giappone ,

si abbatte un fiume  gigantesco  di

retorica:  "la  musica che  unisce",  "la 

musica  che  sana  le  ferite",  "la  Forza

del  destino"  di  Verdi  vince sulla

forza  della  Natura" ,  e  altre  belle

parole.  Parole, appunto.

Che  gli artisti  del  Maggio  Musicale

fiorentino  TORNINO  al  più  presto  a 

casa  e  senza   se ma!

Date  le  incredibili  condizioni  che  si

sono create, trovo insensato che i complessi

fiorentini, impegnati  in  tournée, non

siano  rientrati ben  prima  che

esplodessero  gli ultimi reattori  nucleari,

posti a  200  Km   dalla  capitale.

Una  tournée  musicale non  è  una  missione

di pace  o  di guerra, i simboli e  gli

slogans  servono ai politici  in campagna

elettorale: vi sono  concretezze, esigenze

organizzative, necessità psicologiche legate

alla  concentrazione  artistica, alla 

serenità  di  300  persone  e delle  loro

famiglie. C'è  sempre  tempo  per

dichiarazioni retoriche  e  magnifici 

esercizi  di  stile: ma  prima  di tutto

viene  la  dignità e il rispetto  delle

vite  umane. La  vita  non è  uno  show,

anche  se  spesso ne assume  tutte le

caratteristiche  peggiori.

Meno retorica  Sindaco  Renzi  e  signora

Colombo, meno  frasi  di circostanza, meno

chiacchiere!!!!

    giappone6 F.Colombo, Sovrintendente


Le dichiarazioni  del  Sindaco  Renzi

e della  sovrintendente  Colombo,

hanno  determinato  una  ulteriore 

confusione, del  tutto  inutile  e  dannosa.

A  CASA, E  AL  PIU'  PRESTO!

 
E MUTI BRANDI' LA SCIABOLA
News
Domenica 13 Marzo 2011 14:15

                                                         nabucco_muti

 

 

                                                                           opera_di__roma

 

           NABUCCO  A  ROMA : IL MAESTRO CON LA SCIABOLA

 

Ho sempre avuto la sensazione che Nabucco sia l'opera attorno alla quale ruota l'intero universo interpretativo di Riccardo Muti. Dirò di più: Nabucco è l'opera più “mutiana” che esista, per svariate ragioni non soltanto affettive. E' l'opera con cui Muti si fece conoscere nel lontano 1977 , quando era direttore stabile a Firenze: la diretta televisiva incollò al video milioni di telespettatori. E' l'opera scelta per l'esordio scaligero, nel 1986, pietra miliare di un percorso di quasi vent'anni. E' l'opera scelta da Muti per festeggiare all'Opera di Roma il 150mo dell'Unità d'Italia. Un lungo matrimonio, quindi. Ma Nabucco è anche l'opera in cui si ritrovano assieme tutte le caratteristiche che sono proprie del Muti direttore d' Opera: ritmi sfrenati e garibaldini, marce, Cori magniloquenti, stacchi decisi , strette vorticose, effetti.

               nabucco__roma__muti

E' stato bello e anche commovente ritrovare Muti nel pieno delle sue forze , come ai vecchi tempi: Sinopoli lo chiamava “il maresciallo” , e in effetti la bacchetta di Muti è stata brandita come una sciabola , come il bastone del maresciallo. Un maresciallo d'Italia, vista la particolare occasione di questo Nabucco romano.

Fin dalla Sinfonia, ma direi soprattutto nel finale del I atto, nelle cabalette del basso, di Abigaille, di Nabucco nel IV atto, per concertati e strette finali, abbiamo udito trillare gioiosamente l'ottavino , rombare i timpani, barrire i tromboni, esplodere festosi i piatti, fino a rasentare il parossismo, a  un  passo  dalle  esecuzioni bandistiche  che  giustamente  il  Maestro  apprezza, perché  appartengono all'humus  profondo  del  primo  Verdi. Per il Coro dei babilonesi che apre il III atto e all'inizio del celebre “Va pensiero” abbiamo deprecato il fastidioso tintinnìo dei telefonini , incautamente tenuti accesi da qualche orchestrale: ma ci sbagliavamo....era il triangolo, che con Muti diventa del tutto identico a un sonoro squillo telefonico. Di quei vecchi telefoni che hanno preceduto l'era del cellulare. Una festa, una baldoria in un clima che si annunciava tutt'altro che allegro.

La serata si è aperta infatti con una calda perorazione del sindaco Alemanno, che a gran voce ha deprecato i tagli ministeriali . Un grande applauso ma anche il laconico commento di un signore da un palco:”Troppo tardi!”. Muti, subito dopo afferra un microfono e ricorda che l'Opera è un inalienabile patrimonio italiano, da difendere e salvare.Applauso.

                 verdi1

 

Sul palcoscenico agiva un cast molto equilibrato, che ha visto punte di eccellenza nel giovane basso Dimitry Beloselsky , di solido fraseggio e bel colore vocale , che è uscito indenne dai mille pericoli proposti dalla parte di Zaccaria: il registro acuto è stata la sua arma vincente (ottimo il fa diesis che chiude il III atto), meno efficaci le note gravi.

Stesso discorso per la spavalda Abigaille del soprano ungherese Csilla Boross, squillante e sicura negli acuti, autorevole e a posto tecnicamente, con un'ottima pronuncia italiana.In scena una magnifica  figura  , dallo sguardo  tagliente:

               csilla_boross

                                       C.Boross


Il tenore Antonio Poli era Ismaele: una voce molto bella di colore, nitida, ma sicuramente non adatta- almeno per ora- a ruoli troppo drammatici; fin dal suo ingresso Ismaele si presenta con una tempra e un piglio eroici, non a caso è stato un ruolo tradizionalmente affidato a tenori di grana spessa. Poli, non appena l'orchestra aumentava di decibel, veniva invariabilmente sommerso, fino a scomparire nel finale della scena della maledizione (“ Il maledetto non ha fratelli”) e nei concertati. Lo vedrei bene, piuttosto, come Nemorino e Don Ottavio: sarebbe salutare per lui e per non forzare inutilmente la sua preziosa vocalità.

         nabucco_nucci L.Nucci (Nabucco,Verona)

Protagonista Leo Nucci, un veterano. Molto bene vocalmente, appena appena opacizzato il timbro ma sempre solidissimo nel registro alto. Una tendenza a nasaleggiare non appena è richiesta una mezzavoce (“Tremin gli insani”, “S'appressan gli istanti”) ma soprattutto, e questo spiace, la caratterizzazione troppo marcata di Nabucco “demente” , dopo la folgorazione divina che avviene alla fine del II atto. Nucci si abbandona, quando vuole simulare la sorpresa o lo spavento, a facce e movenze che sarebbero più consone a un Don Bartolo o a un senescente Don Pasquale. Nabucco è prostrato, abbattuto, ma non è un babbeo né un clown: complice anche la non-regìa , Nucci ha caricato il personaggio rendendolo comico.

             nabucco_nucci2 L.Nucci (Rigoletto)

Brava Anna Malavasi come Fenena, fino al la naturale dell'aria, “Oh dischiuso è il firmamento”, una nota davvero disagevole per come è scritta: purtroppo alla Malavasi è venuta un po' spinta, dura, si vede che ha avuto un po' di lecita paura. Molto bene invece il terzetto del I atto e gli altri interventi.

 

Tra i comprimari: molto bene la Anna di Erika Grimaldi, dagli acuti penetranti (ricordiamo che raddoppia Abigaille nei concertati), l'Abdallo di Saverio Fiore, inappuntabile, mentre troppo ingolato è risultato il basso Goràn Juric come Sacerdote di Belo.

 

La prova del Coro è stata ottima, anche se non si è ripetuto il miracolo di compattezza e omogeneità dell'Otello , prima tappa dell'Era Muti a Roma.

Molto precisa l'orchestra, messa a dura prova dai tempi spesso forsennati del concertatore: solo la cadenza del flauto nel primo “Va pensiero” non era intonatissima, per il resto una bella compattezza e una qualità complessiva di alto livello.

                     nabucco__scarpitta

 

La regìa di Jean Paul Scarpitta e le sue scene non meritano un gran commento, semplicemente perché non c'era nulla: una scatola grigia, un po' di detriti che cadevano dall'alto all'inizio e alla fine dell'opera, quattro luci di taglio, un tulle....il Coro immobile , schierato in faccia al pubblico, i solisti assolutamente lasciati soli a sé stessi o con movimenti scontatissimi. Spero solo che sia costata poco e, come sempre capita per allestimenti “minimalisti”, questa speranza è del tutto vana.

 

Muti ha bissato il “Va pensiero” invitando il pubblico a cantarlo. Deja vu: Daniel Oren inaugurò a suo tempo questa simpatica usanza, che non vogliamo definire “ruffianata” per rispetto alla celebrazione del 150mo. Certo è che alla commozione del tutto si anteponeva, purtroppo, la pessima esecuzione degli spettatori romani, moltissimi dei quali ignoravano le parole del testo. Cosa che ormai non deve stupire più nessuno, purtroppo.

 

 
RUMORS: a CAGLIARI SVOLAZZANO GLI AVVOLTOI...
News
Lunedì 28 Febbraio 2011 23:55

                                                             rumors



 

La  nomina  del Sovrintendente  per  il  più disastrato teatro  d'Italia, salassato  da  quasi vent'anni  di  furti e  malaffari, si  sta  per  risolvere...e  non certo  in modo  positivo.

 

La  storia  del  Teatro  Lirico  di  Cagliari  è  ormai  nota. Gettato nel  baratro  del deficit  da  gestioni  scellerate e  immorali, prima  da  Mauro  Meli  poi  dall'inconsistente   Maurizio Pietrantonio, cacciato  come  Mubarak  a  furor  di  popolo  , con le  proteste  dei dipendenti esasperati  giunti a  truccarsi  da  zombie  e a  occupare  gli  uffici  dell'Ente, questo  emblematico  Teatro  vive adesso  l'ennesima  beffa: una tenzone  tra  alcuni  "papabili"  , definiti  da  un  abbonato  fedele  "unu  peus  de s'atturu" che  tradotto  vuol  dire  "uno peggio dell'altro".

E  chi sono  i  magnifici contendenti?

                     avvoltoio

Quattro  nomi in corsa : Giampaolo Vianello, che in passato ha guidato La Fenice di Venezia, l'ex sovrintendente del Comunale di Bologna Stefano Mazzonis, quello dell'Opera di Genova Gennaro Di Benedetto e  , dulcis  in fundo,  Marco Tutino.

Stasera, dopo un tentativo- blitz  da  parte di  due membri del CDA  di far  passare  Di Benedetto....fumata  nera. Tutto  è  rimandato  a  giovedì.

Che  dire  su  questi  4  moschettieri? Vianello  ci  pare  senz'altro il più  serio  e  il  più  preparato,a  fronte  di un Mazzonis  cui pesa  sulle spalle  la  non felice   gestione  del Comunale  di  Bologna  , che ha  contribuito a  squalificare prima  del  colpo di  grazia  inferto  da  Tutino (anch'egli quasi linciato   dai  dipendenti esasperati) e  Gennaro Di Benedetto , che  a  Genova  ha  lasciato una  scìa  di  lacrime  e  deficit, tra  cui  lo sperpero del   famigerato fondo pensioni  che  ha  messo in ginocchio  il Carlo Felice. Di Benedetto, celebre  per  i suoi sperperi, riuscì a  inimicarsi  un  quantitativo industriale  di  sindacalisti  e quasi tutti i musicisti, eccettuato un grande  amico: Daniel  Oren,  cui  concedette  tutto  ciò  che  era  possibile  concedere.

 

Insomma: 

per  un teatro  che  non ha  i soldi  per

pagare  gli stipendi, messo in ginocchio

dai debiti, bisognoso  di  respirare  aria

nuova  e  pulita...non c'è  male!!

 

              tomba

 
SCALA: I CONTESTATORI....CONTESTATI!
News
Sabato 26 Febbraio 2011 10:46

                                              scala1

 


                              

Il Corriere della Grisi è un blog di

appassionati d'Opera, assidui  e  giovani

frequentatori(finalmente!E' un pregio )

di molti teatri italiani e in particolare

della Scala.Non si  tratta  di  esagitati

melomani oltranzisti, bensì  di persone

preparate, in molti casi  molto  colte,

professionisti  in carriera, lontani  dal

cliché  del  tipico  loggionista ignorante,

rozzo  e  ineducato.


In occasione della quarta recita di “Tosca”

martedì  scorso , all'uscita del teatro ,

alcuni membri di questo gruppo, rei di aver

contestato i protagonisti dello spettacolo

(il tenore Kaufmann, il soprano Dyka

soprattutto), sono stati circondati e

insultati da un secondo gruppo di

loggionisti, i  tipici  " anziani

"(nonnismo?),arrivando quasi   alle mani.


Il fattaccio, decisamente riprovevole , mi spinge ad alcune considerazioni e ad alcune notazioni di carattere “storico” sulle intemperanze dei loggioni.

               loggione4 

E' in atto, almeno dal 1990, un progetto abbastanza preciso: quello di eliminare ogni forma di dissenso dal teatro d'Opera. Perché 1990? Fu allora che alla Scala , allestendosi per la prima volta “Traviata” dopo la mitica esecuzione affidata al trio Callas-Visconti-Giulini  e dopo  il  flop  Karajan-Freni, la direzione decise di chiudere il loggione e consentire l'ingresso ai soli turisti e ad innocue vecchiette, un pubblico selezionato che non avrebbe mai contestato la stonata Fabbricini, il fracassone Muti e l'insipida Cavani.

Così fu ed iniziò l'Era del consenso organizzato.

Tuttavia, anche analizzando i furori loggionistici  delle fronde milanesi e parmigiane, possiamo affermare tranquillamente che il melomane di oggi è assai meno violento ed esarcebato rispetto ai suoi colleghi del passato. In Teatro può volare qualche fischio e qualche improperio, ma nulla in confronto a ciò che accadeva nel Settecento, quando le diverse fazioni di appassionati giungevano a sfidarsi a duello per questo o quel cantante, non necessariamente un soprano: per il basso Claude Chassé, attivo tra il 1720 e il 1750, giunsero a duellare addirittura due donne!

Tanto amore, tanta infuocata passione portarono ad eccessi incredibili, in tutte le epoche: il soprano Adelina Patti, a San Pietroburgo, ebbe l’onore di essere trainata dai propri fans, dopo che questi le staccarono i cavalli dalla carrozza; a Lillian Nordica, altra celebre Diva del primo Novecento, venne dedicata una nave da guerra, la U.S.S.Nordica; Géraldine Farrar, stella del Met, fu sempre seguita dalle cosiddette “Gerryflappers” , uno stuolo di ragazzette pazze per lei , pronte a portarla in trionfo per tutta Broadway nel 1922, quando si ritirò a soli 40 anni dalle scene. Scene di autentico fanatismo hanno accompagnato le vicende artistiche di Caruso, Gigli, Schipa, della Callas, della Tebaldi, di Di Stefano, Del Monaco, Corelli, fino ad arrivare agli strapopolarissimi “Tre Tenori” (Pavarotti, Carreras, Domingo), quasi un marchio, una griffe. Dei tre moschettieri Domingo è certamente il più amato, soprattutto dal pubblico femminile che ha saputo negli anni ingraziarsi, con una ammirevole e sapiente captatio benevolentiae, facendosi perdonare le numerose stecche e le note omesse in “Otello” e “Sansone”.

Sarà bene ricordare che il melomane non va confuso con il claqueur. Il primo è tale a titolo gratuito e, anzi, sta continuamente sulle spese, il secondo fa parte di un gruppo organizzato e pagato, dal Teatro o da singoli artisti bisognosi di un sostegno di applausi . La claque nasce, come si sa, con l’imperatore Nerone, baritono di voce ma tenore di cervello, il quale stabilì che le sue eccezionali doti canore meritassero un’adeguata presenza di plauditores entusiasti. Scritturò così qualcosa come cinquemila schiavi egizi, pagati profumatamente, che lo acclamassero ripetutamente al termine di ogni esibizione. L’imponente plotone era diviso in: bombi, che applaudivano all’unisono, imbrices, che imitavano il suono della grandine, e testae che riuscivano ad applaudire producendo effetti simili alle stoviglie che vanno in frantumi. Svetonio narra che il cavallo di battaglia di Nerone fu una cantata dal titolo “La Niobe” , della durata di quasi quattro ore! Più o meno quanto due concerti di fila di Bocelli!

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Nell’Opera la claque ha avuto alti e bassi ma di fatto ha resistito allo scorrere del tempo. Bérlioz scrisse pagine memorabili e molto divertenti sulla claque attiva presso l’Opéra di Parigi. Un secolo più tardi, nel 1911 , il soprano Meta Reddish, debuttante al San Carlo di Napoli, venne contestata duramente dai loggionisti perché aveva pagato una cifra non adeguata al rappresentante della camorra (alias= il capoclaque!) , insomma quasi un “pizzo” ; nel 1992 , ancora a Napoli, l’Adriana Lecouvreur con Raina Kabaivanska e Nunzio Todisco vede lo scontro violento tra due diverse claques, quella del soprano e quella locale del tenore, stavolta senza pizzo ma con tanti coloritissimi epiteti. Episodi legati alle intemperanze della claque si trascinano fino ai nostri giorni, né mai cesseranno di esistere: nel 2001 a Parma, città celebre per i suoi focosi loggionisti, una piccola ma rumorosissima claque milanese del soprano Fabbricini contestò violentemente il soprano Denia Mazzola, giunta a sostituire l’indisposta collega nell’impervio ruolo verdiano di Lady Macbeth; alla Scala di Milano, durante l’Era Muti (1986-2005) , si può dire che quasi ogni spettacolo diretto dal Maestro non sia passato indenne da contestazioni, con la presenza di una piccola claque pro e un’altra fazione, non meno agguerrita, contro (si ricordano spettacoli molto vivaci, loggionisticamente parlando, come Traviata, Vespri siciliani, Pagliacci, Forza del destino, Guglielmo Tell, Don Carlos,Rigoletto, Trovatore, Attila…).

                    loggione

In tempi più recenti possiamo constatare che il pubblico (vuoi per il progressivo misconoscimento dell’Opera, vuoi per l’aumento dei prezzi del biglietto, vuoi per un certo qual buonismo imperante) si sia rabbonito, fino agli eccessi imbarazzanti del Metropolitan di New York, dove ogni recita è comunque un trionfo, a prescindere dalla qualità dell’esecuzione. Per una orrenda Madama Butterfly nel glorioso tempio americano si dovette vedere la nonagenaria Licia Albanese, mitica Violetta di Toscanini, sola e unica a “buare” sonoramente lo spettacolo che invece veniva osannato dal resto del pubblico. In Germania, nonostante gli orribili allestimenti che spesso scempiano le opere liriche, il pubblico educatamente applaude senza dissentire, limitandosi ogni tanto a contestare le uscite degli improvvidi registi. In Italia, si è detto, frange di contestatori permangono nelle capitali “calde” come Milano, Parma, Firenze; ma il genere non è più di moda. Vi sono poi le istituzioni intoccabili, laddove tutto è perfetto “a prescindere” (come chioserebbe Totò): impossibile che vi siano contestazioni a Santa Cecilia in Roma, per esempio, in cui il pubblico pare sia un tutt’uno con la poltrona (gonfiabile e smontabile alla bisogna, con complicati meccanismi che scatenano l’applauso entusiastico e l’ovazione a comando).

 

Arriviamo dunque al fattaccio di “Tosca”.

Riportiamo qui quanto esposto nel blog “Il Corriere della Grisi” dai diretti interessati:

                loggione1

 Da “Il Corriere della Grisi” \24.2.2011

 

 

EXORDIUM

Aggressore: Voi ascoltate solo dischi, dovete smettere ed ascoltare in teatro.

Donzelli: Ad arrivare alle estreme conseguenze del vostro pensare chiudiamo Brera e diamo fuoco al museo di fresco aperto del Novecento, che raccolgono opere cui si può compare un disco di Fleta o della Callas. Non solo, ma chiedete al commendatore Bergonzi a che può servire un disco di Aureliano Pertile e chiedeteVi a che può servire un disco di Jonas Kaufmann.

Aggressore: Andate ad insultare i cantanti in Via Filodrammatici!

Donzelli: Spiacente, la prestazione professionale e le approvazioni e riprovazioni connesse si svolgono sul palcoscenico non nelle vie adiacenti il teatro. Nelle via adiacenti, forse fate dell’autobiografia, circolano persone, che abusano di interessata piaggeria e adulazione. Noi non siamo quelli.

Aggressore: Chi vi paga?

Donzelli: Anche qui siete straordinariamente autobiografici nell’insulto. Ci paga la cultura, la curiosità ed il desiderio di imparare ed apprendere. Si impara assai più da un disco di Ernestine Schumann-Heink, che canta una canzoncina folk americana, che dalle orde che qui vogliono imporre la loro opinione, autoproclamatisi difensori di un teatro che ha, o avrebbe, altri argomenti per difendersi, se volesse.

Aggressore: Le do un cartone che l’addormento!"

Donzelli: Faccia pure così anziché un sordo per strada ne avremo uno al due (NdD: per chi non lo sapesse il "due" è San Vittore, il carcere mandamentale di Milano, situato in piazza Filangieri 2).


NARRATIO

E’ quanto sopra riportato lo stralcio, una porzione dei concitati dialoghi di martedì ore 23.30 circa in largo Ghiringhelli, innanzi quella che, ai tempi delle mie prime serate, era la biglietteria del teatro. Aggiungete grida, insulti e minacce di percosse e l’indecoroso spettacolo di persone anziane, docenti universitari, credo, difensori strenui di supposte esautorate bacchette, signore, che da ieri prontamente avranno già adito salotti e amiche a la page per dolersi di quattro ignoranti scalmanati, che sono state costrette anziché a parlare a fischiare e buare per insegnare ai detrattori della Scala educazione e cultura.
Quale eduzione ci chiediamo perchè fischiare e buare le persone, che non sono artisti, è spettacolo inammissibile, incivile ed indecoroso fuori di un teatro, dove è, piaccia o no, prassi accettata. Siffatto comportamento denota un pericoloso percorso inverso all’evoluzionismo. Sino a quando i nostri aggressori saranno in posizione eretta e riusciranno, come i primati, a congiungere pollice con mignolo? La parola di fatto l’hanno già persa.
Quale cultura se abiurano, per dire a sé stessi di avere sentito spettacoli encomiabili, il recente passato e cadono in palesi contraddizioni come quelle di uno dei miei aggressori, che mi invitava –novello fra’ Girolamo- ad un rogo delle vanità.
Quale cultura ed insegnamento, che sarebbe di pertinenza dei majores, compiacersi di avere tenuto i comportamenti sopra descritti, vantarsene nel mondo virtuale e sulla carta stampata. Personalmente se lo ritengo prassi all’interno del teatro lo reputo vergognoso ed incivile fuori.
Tutto ciò mi addolora e quel che è peggio diseduca ed allontana i giovani dal teatro e della cultura.
Era, lo ricordo, se il titolo non fosse stato sufficiente la fine della quarta recita di Tosca, seconda del tenore Jonas Kaufmann. Brevemente lo svolgimento della serata: sotto il più assoluto silenzio le celeberrime romanze di Cavaradossi ed il duetto d’amore nella chiesa – quella di Centocelle, che sarebbe, nel libretto, Sant’Andrea della Valle, alla fine del “Vissi d’arte” vi erano state contestazioni sostanziose per la protagonista, qualcuno, apostrofati i contestatori con “imbecilli”, è stato prontamente rimbeccato con un “cretino”. Alla fine della serata graziato Lucic, Scarpia da teatro di Satu Mare (Bulgaria), riprovato, assai meno di domenica Herr Kaufmann, buata pesantemente Oksana Dyka.
Non debbo nella narratio aggiungere quel che è successo fuori del teatro perché i protagonisti ne hanno menato vanto ovunque potessero e del fatto se ne occupata, con opinioni piuttosto differente dal manipolo di Vestali e Flamini della sera precedente persino la trasmissione radiofonica più ascoltata in Italia.
Del vanto del comportamento aggressivo, che è confessione dei fatti, altrove impone la nostra dignità ed onestà dovrà occuparsi chi a ciò deputato. Me ne dolgo, ma non si può agire differentemente.
Non si può – ripeto- agire differentemente perché gli incriminati buatori hanno, more solito dimostrato comportamento civile e consono al luogo.
Chi ci ha aggrediti ha dimostrato solo di volersi arrogare il diritto, che non può e deve avere, di dire ciò che è bene e ciò che è male, ha dimostrato solo di voler imporre la propria opinione quale opinione del loggione. Questo può anche essere gradito a cantanti e loro agenti, che con questo aiuto, possono continuare a piazzare i loro prodotti, ma non sembra ufficialmente condiviso dal teatro. Mi domando il senso di questo comportamento autarchico. Credo sia il retaggio del passato recente e non (insomma degli ultimi quarant’anni) e della presunzione tutta scaligera di quelli ( ed erano in scena l’altra sera fuori dal teatro) che rispondevano al ventenne reduce, magari dal Tancredi veneziano “ se la Horne e la Cuberli non cantano in Scala non sono da Scala”. Il tutto nell’intervallo di Anacreonte con Elisabeth Connell !!!

                 loggione2


Chiosa  finale (Enrico  Stinchelli):

Fino a  che si  vorrà  considerare  viva  e 

vegeta  l'Opera  in Italia si  dovrà  anche

consentire al  pubblico  di esprimersi 

liberamente , sia  per applaudire    sia 

per  contestare  uno spettacolo. Il  prezzo 

di un biglietto  autorizza  questa  libertà.

Ciò  vale a  maggior  ragione quando sul

palcoscenico  si  assiste  a  una "Tosca" 

risibile  , vocalmente e  scenicamente,

come  quella  proposta  dalla  Scala.

Fischiare  diventa  il minimo.

 


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