Tra i tanti doni fatui che riempiono in questi giorni le nostre case varrà la pena di porre in
evidenza una strenna natalizia con cui ognuno farà bellissima figura: “Altri canti di Marte”
della Marsilio, il nuovo libro di Paolo Isotta.
Si tratta di una fondamentale prosecuzione e integrazione al tempo stesso de “La virtù
dell'elefante” , in cui Isotta -come avevamo scritto e detto- si era confermato il colto e
sagace cronista di una Napoli a pochi riservata e da pochissimi conosciuta, ma anche
fine musicologo ,attento a descrivere una genìa varia e variopinta, popolata da miti
assoluti e da invereconde schiappe, le seconde- spesso e volentieri- più acclamate e più
popolari.
Isotta racconta, svela e rivela, descrive, smaschera in taluni casi, si indigna e si
commuove e lo fa con tale profonda competenza da trascinarci con sé in un sorprendente
vortice, di fatto costringendoci a scoprire assieme a lui fatti , persone e musiche di cui
non si sospettava nemmeno l'esistenza o sulle quali non ci eravamo mai soffermati con
attenzione.
Il libro non annoia mai perchè dal nucleo infuocato costituito dalla materia prediletta, la
Grande Musica (non uso il termine Musica Seria per non avviare inutili polemiche su cosa
sia “serio” e cosa “faceto”) l'Autore riesce a diramare una fitta rete di aneddoti, postille,
riferimenti, intuizioni, ampliando la gamma degli argomenti e non escludendone nessuno,
compresa l'attualità più spiccia. E' un libro, come già scrissi, che va letto e riletto,
esattamente come il Parsifal di Wagner, che va ascoltato e riascoltato prima di poter
essere, non dico capito, ma almeno “intuito”. Ed è poprio al Parsifal che Isotta dedica una
formidabile disamina, l'opera con la quale Wagner si congedò dal mondo e fece pace con
il mondo. E' un percorso davvero straordinario quello offerto dalle pagine che Isotta
dedica a questo monumentum musicale e da sole valgono tutto il volume. Isotta aiuta a
capire le origini del dramma ma soprattutto la fitta trama musicale collegata alla trama: è
come se un maestro concertatore, invece di limitarsi a molinare le braccia e dare gli
attacchi all'orchestra, parlasse ad alta voce raccontando la partitura via via a un pubblico
avvertito ma non necessariamente competente:ed ecco che molti dettagli tecnici si
svelano da soli. Una guida essenziale e preziosa, tra le migliori mai offerte dalla
musicologìa.
Negli ”Altri canti di Marte” troviamo tante gemme inusitate e moltissime rivalutazioni che
invitano tutti noi a riflettere seriamente sul concetto di “Popolare” e di autenticamente
“Grande”, che sono -come si sa- cose totalmente diverse tra loro. Isotta è un provocatore
sì, ma di ALTI sentimenti: si può benissimo non concordare su alcuni giudizi e su alcune
sperticate lodi, ma non si può non scorgere la luce in ogni palinodìa anche la più inattesa.
Così riscoprire un grandissimo maestro concertatore come Gino Marinuzzi, le musiche di
Casella, la grande scuola russa dell'Ottocento e del Novecento, Karl Boehm, Franco
Alfano e Ottorino Respighi, conoscere giovani pianisti come Francesco Libetta e capire
che sono meravigliosi musicisti ben superiori a tanti incredibili bluff (pensiamo a Lang
Lang, definito giustamente “pagliaccesco” da Isotta) , inflitti a noi dal sistema
pubblicitario....tutto ciò non può che ascriversi tra i meriti più alti dei libri di Isotta, destinati
a essere venduti e letti da un grande pubblico e non soltanto dai monomaniaci.
Franco Alfano con i suoi cani
Da pag.103 a pag.107 il capitolo più sorprendente , dal significativo titolo “Il tradimento
di Muti”. Ognun sa che Paolo Isotta fu di Muti amico e sostenitore fin dagli esordi,
condividendo entrambi la grande scuola pianistica del Maestro Vincenzo Vitale a Napoli.
Isotta fu anche una sorta di confidente, per non dire “fratello spirituale” di Muti:
innumerevoli saranno stati i consigli prima di un impegno molto sentito, prima di una
scelta artistica o immediatamente dopo un evento, tra i mille a Firenze, alla Scala, a
Roma, a Chicago. Ricordo personalmente Paolo Isotta sporgersi dal palco di proscenio
della direzione artistica all'Opera di Roma, fissando il maestro Muti per tutta la durata
dell'opera, seguendo amorevolmente ogni gesto, come si fa con chi si ammira in tutta
sincerità e senza alcun dubbio in merito. Cosa è avvenuto ? Perchè questa amicizia si è
interrotta ?
Lo spiega in tre fitte pagine: dopo la rottura con l'Opera di Roma, Muti
non interpella né Alessio Vlad (direttore artistico) né Paolo Isotta....” Il non aver Muti
pensato di avvisarci (io ne avevo titolo nella mia qualità si a di, m'illudevo, amico del
cuore sia in quella dell'unico critico musicale che a Muti desse atto del lavoro al Teatro
dell'Opera svolto) significa che per lui io e Alessio siamo pula di grano, niente.” E
prosegue inesorabile: “ A Roma la presenza di Alessio Vlad impediva alla signora Cristina
(n.d.r. moglie del celebre direttore d'orchestra) di spadroneggiare in teatro come faceva
alla Scala, ove addirittura interloquiva cogli orchestrali dettando loro norme di
comportamento, decideva la composizione di compagnìe di canto e partecipava alle
prove al pianoforte dando direttive ai cantanti. Il più grande direttore vivente è stato per
me uno dei più cari fra gli amici del cuore : certe cose non possono cancellarsi; ma lo è
stato. Egli dirige Opere con le regìe della moglie e della figlia ( la quale ha tuttavia
talento) . La figlia fa la voce recitante in cose da lui dirette. Accompagna in
concerto sinfonico il genero pianista: i due figli maschi gestiscono la sua attività e
la sua immagine artistica in un modo che suscita la gioia dei nemici e l'ilarità di
tutti...”. Parole nette, dure, pesanti cui si aggiungono aspri rimproveri per non aver
minimamente considerato la musica di Marinuzzi per i suoi programmi concertistici, per
non aver mai incluso Alfano, per non aver mai invitato a Chicago alcuni grandi interpreti
italiani , tra cui Libetta, Nicolosi, Caramiello, Carusi, Bresciani...ma come?? : “Si riempie
la bocca della parola Italianità : a differenza di quel che non facesse Abbado, le tasse le
paga in Italia: e poi?”.
|