SCALA: TRAVIATA A CASA CUPIELLO
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Lunedì 09 Dicembre 2013 16:59

                                traviata_scala_zampieri        

 

Stavolta non mi sono lasciato travolgere dalla smania di scrivere subito qualcosa, dalla

frenesìa della recensione che spesso colpisce chi ha appena assistito a qualcosa di

straordinario, ma  ho  voluto meditare  più  a lungo: in fondo, di “straordinario” questa

Traviata scaligera non aveva assolutamente NULLA.

 Del  russo Tcherniakov si conoscevano benissimo le gesta, i  piani-regìa, le  "idee"

e dove sarebbe andato a parare: direi , anzi, che rispetto a taluni suoi recenti orrori (vedi

per esempio il verdiano Macbeth o l'Eugenio Onieghin di Ciaikovsky....sempre bene

specificare l'autore) , questa Traviata si è presentata come un classico, diciamo una regìa

di tradizione andata a male, corrosa dalla muffa e da quintali di polvere. Case da

appuntamento, mignottoni colorati, qualche trans di passaggio, carnevalate nelle scene di

festa...ne abbiamo viste a iosa negli ultimi trent'anni. Si parlava di presunte lavatrici come

di oggetto scandaloso: e perchè mai, se questo simpatico elettrodomestico già fece la

sua trionfale comparsa nel Mefistofele di Ken Russell,a Genova, nei lontani anni 80? Una

regìa vecchia , quindi, e quindi ingiustamente contestata. Per rispetto alla sua vetustà i

dispettosi loggionisti (e non solo, poiché abbiamo assistito a un dissenso corale)

avrebbero dovuto mantenere, forse, un atteggiamento più discreto, più sommesso, come

si fa quando una anziana signora scivola per strada . Cosa c'è di moderno in

Tcherniakov? Nulla. Zero assoluto. Una Traviata come si è abituati a vederla da decenni

in Germania, in Russia, nei teatri di tutto il mondo che quando non hanno idee

scimmiottano quelle, muffite, degli altri.La  scena, solita, tra  quattro  mura  stantìe, il

secondo atto  nell'angolo cucina di   casa  Cupiello Sarebbe più moderna ,a questo punto,

la Traviata di Visconti, ma quella viene considerata “vecchia” dai cretini, che non

conoscono né l'una né l'altra ma cavalcano le mode e i filoni perversi del teatro lirico, che

langue tra falso modernismo e pressochè completa assenza di idee esibite dai cosiddetti

registi alla page.

 

                          traviata_beczala__affetta

                                        Alfredo affetta  furiosamente l'insalata

 

Tcherniakov è un regista che vorrebbe far ridere dove ci sarebbe da piangere e piangere

dove vi sarebbe da ridere. L'intento gli riesce, quasi ma non del tutto, in questa Traviata,

sicuramente la peggiore che si sia mai vista alla Scala.

                        traviata__damrau_grassa

Violetta, Diana Damrau, a metà tra Frau Kitty e Minnie Minoprio, è un personaggio

perennemente isterico e incattivito, conciato come peggio non si poteva. Una cantante di

quel rango dovrebbe, prima di entrare in scena guardarsi bene allo specchio: se le

braccia paiono braciole e la faccia infarinata la avvicina a sua zia....allora è il caso di

chiedere al regista qualche lieve ma determinante modifica, ai costumi e al trucco. Il

regista non vuole? Bene, allora te ne vai: a meno che l'auri sacra fames non abbia il

sopravvento sulla tua dignità.

                      

          traviata_zampieri        traviata_giusi_ferre

             Mara Zampieri                                                                      Giusi Ferré

 

Colossale e determinante la VERA protagonista della Traviata scaligera: la grande Mara

Zampieri, che truccata anche lei a mezza via tra Giusi Ferré e Vanna Marchi, ha dominato

la scena dal principio alla fine. Si potrà discutere su qualche nota un po' fatiscente, ma lì

la colpa è del maestro Gatti, che ha preteso in tutta evidenza degli inopinati pianissimi.

Mara Zampieri, grandiosa artista, si è pappata in un sol boccone tutta la compagnìa e

complice Tcherniakov (che ne ha colto la valenza) ha rappresentato una magnifica

maitresse, cinica e guardona, presente in scena dall'inizio alla fine  come  una  tragica

e incombente  Lady  Macbeth.

 

Abbiamo   visto in scena, nel II atto, Diego Della Valle che in molti hanno scambiato per

Giuseppe, anche lui presenzialista di lusso.

                     diego-della-valle-fiorentina

 

Sempre in omaggio alla Tv italiana, Tcherniakov ha voluto per Piotr Beczala ispirarsi a

Teo Mammuccari, e lo ha trasformato in un abile e un po' nervoso cuoco, che affettava,

trinciava, disossava, e infine serviva con l'aplomb di un perfetto omino di casa. Non

capisco perchè sia stato fischiato: forse perchè ha cantato male? Ma su...conta forse

qualcosa il “CANTO” in occasioni del genere? Allora il baritono, Lucic, andava ucciso!!!

 

      traviata__becazal_mammuccari        mammuccari

         Teo Mammuccari                                                                Piotr Beczala


Siamo obiettivi: una prima alla Scala, OGGI, organizzata dal signor Lissner che non ha

meglio da dichiarare che i loggionisti milanesi sono brutti e cattivi , che è a causa loro

se  i grandi cantanti non vengono....Ma dai , Lissner, vengono...vengono...tranquillo che

vengono. Sei TU che te ne devi andare e al più presto! Bon débaras, dicono dalle tue

parti.

Vorrei spezzare una lancia per due artisti: la più bella, Giuseppina Piunti, e il più bravo di

tutti, Ernesto Panariello.

 

Resta Daniele Gatti,che coadiuvato da una malefica revisione di Fabrizio della Seta, ha

approntato una Traviata assurda, con inserimenti strani, tempi a fisarmonica (ora lenti ora

frenetici),dinamiche scombinate e un pessimo “assieme” con clamorosi squilibri tra buca

e palcoscenico. Qualcosa di buono c'era? Senz'altro: la tenuta straordinaria di quel

vecchio signore di 200 anni che ha nome Verdi, il quale resiste a ogni violenza o a ogni

schifezza. Non so come faccia.

 

Dulcis in fundo, la vergogna suprema: alla Scala di Milano, il 7 dicembre, Violetta NON

ENTRA nella scena della festa in casa di Flora e l'orchestra va avanti da sola, in puro

stile karaoke. Cosa accadde? Un ascensore difettoso, un direttore di scena

dimentichìno, la Damrau incastrata tra due ante? Qualcuno ce lo dirà. Un fatto

simile è tipico di quelle recite disperate en plein air: Roccasecca, Sgurgola Marsicana,

Canicattì.

 

Intanto Napolitano stava con Barroso nel palco: hanno avuto probabilmente la Traviata

che si meritano.

 

                                    scala_napolitano

 

 


 
ERNANI : SI RIDESTI IL LEON DI MOLFETTA
Recensioni
Giovedì 28 Novembre 2013 09:54

 

                                                                 ernani_locandina

 

Ernani di Verdi trionfa all'Opera di Roma nel pieno di una bufera che coinvolge il teatro della capitale, le cui casse presentano un controverso bilancio in rosso e la difficoltà latente di sopperire regolarmente ai 480 stipendi mensili da corrispondere ai lavoratori . Che la gestione De Martino-Vlad non sia un modello di oculatezza è evidente a chiunque e che i costi assorbiti dalla presenza prestigiosa ma onerosa del Direttore Emerito, Riccardo Muti, vadano oltre l'accuso è altrettanto evidente. Vedremo come finirà questa storia, probabilmente come sempre: trattandosi del teatro che rappresenta la capitale di questo paese giungeranno soccorsi speciali, appunto “all'italiana” uniti a un vassoio di tarallucci innaffiati dal buon vino dei Castelli. “Lo vogliamo salvare questo Teatro?” urla Muti durante gli applausi finali al pubblico delle impellicciate signore e degli anziani signori che rappresentano il cosiddetto “generone romano” , e la risposta corale è ovviamente “sìììììììì”.....che suona un po' ridicola e molto ipocrita, poiché la domanda che sorge spontanea è :” Maestro....perchè non inizia Lei , riducendosi il cospicuo cachet? “ .

 

                               ernani_1_de_ana

Lo spettacolo è di quelli che si ricordano, grazie all'apporto straordinario del più grande regista oggi in attività assieme al veterano Zeffirelli, e cioé Hugo De Ana. La scena rappresenta la facciata e il bugnato esterno di un palazzo nobiliare, le cui pareti si alzano e si abbassano o appaiono scorrevoli, a seconda delle varie scene. Un palazzo solenne e grigio, opprimente come il melodrammone cappa e spada che Ernani in fondo è, illuminato con tagli e bellissimi effetti di controluce, in maniera semplice ed efficacissima. I costumi sono un autentico capolavoro, qui De Ana esprime il meglio del suo gusto sopraffino e ricco, con un risultato affascinante nel III atto, quando Carlo viene incoronato Imperatore. Stupende le Dame di Compagnìa di Elvira, ognuna curata nei minimi dettagli e così le guardie, i dignitari del Re, persino i banditi di Ernani erano dei protagonisti e così la scena brillava come non mai, mettendo al tappeto tutta quella massa di sistematici massacratori di opere che ritroviamo nei teatri del mondo, soprattutto in Germania, i quali ritengono che l'opera italiana sia la palestra dei loro delirii.

                             ernani_meli1

                                  Francesco  Meli  (Ernani)  e  Tatiana Serjan (Elvira)


Con De Ana i trionfatori sono stati i cantanti e soprattutto il trio costituito dal debuttante Francesco Meli, giovane e baldanzoso interprete d'un ruolo che fu pensato da Verdi NON per un tenore drammatico bensì per un belcantista di classe, capace cioé di cantare all'occorrenza piano e pianissimo, con gusto ed eleganza; il baritono Luca Salsi, finalmente un Don Carlo giovane e vibrante d'amore (troppe volte, anche da parte di conclamati interpreti abbiamo ammirato un totem, assai poco incline ad accarezzare Elvira ma piuttosto impegnato a emettere suoni), con straordinarie mezzevoci distribuite nelle frasi topiche “Vieni meco, sol di rose”, “O de' verd'anni miei” e accenti sempre autorevoli e scanditi nei meravigliosi recitativi; e last but not least il nobilissimo Ildar Abdrazakov, dalla magistrale linea di canto morbida e legata, truccato più da fascinoso Don Giovanni che da anziano Silva. A queste tre voci superbe si sono unite le prestazioni perfette di Gianfranco Montresor come Jago, lo scudiero di Silva, e del sempre tonante Antonello Ceron, Don Riccardo.

                                   ernani_salsi

                                             Luca  Salsi (Carlo V) 


Debole invece il reparto femminile, soprattutto per una stanca e fioca Tatiana Serjan nella difficile parte di Elvira, al che mi chiedo : perchè non mettere nel primo cast la bravissima Anna Pirozzi? I misteri dei teatri. Una prestazione davvero sotto il livello minimo quello della Serjan, con acuti indietro e strillacchiati, note in pianissimo prive del necessario sostegno, frasi spezzate e intonazione periclitante. Meglio la Giovanna di Simge Buyukedes, anche se limitata a pochi sparuti interventini.

Buona la prova del Coro e dell'Orchestra dell'Opera di Roma, guidati da quello che ho già definito come il “Muti umano” degli ultimi anni: misurato, prudente, con sonorità attenuate, attentissimo negli accompagnamenti, prodigo di colori e di pianissimi. Ai cantanti vengono ormai concesse le variazioni nel da capo, le strette non sono più folli e vorticose come alla Scala, insomma....un Verdi più meditato, riflessivo, nobile. Se ne giova il suono nei momenti più delicati, come il finale, splendido nel tremolo degli archi sulle frasi del morente Ernani. Peccato lo stacco troppo rapido del finale III, 'O sommo Carlo', unico neo della serata.

Note di colore: al termine dell'inno nazionale si udì un isolato “Viva il Presidente” , rivolto al Napolitano collocato nel palco reale. Risposero pochi non convinti applausi e un sonoro fischio.

Dopo il Coro “Si ridesti il Leon di Castiglia” ...Muti si gira e dice: “Ma si ridesterà davvero sto' Leone di Castiglia?”....applausi, risate....bis del Coro.....

Un clima tra la Vedova allegra e il Marchese del Grillo.

 
ALLA FENICE TORNA L'AFRICAINE di MEYERBEER
News
Domenica 24 Novembre 2013 22:05

                               l-africaine-teatro-la-fenice-766x297

 

Torna l'Africaine di Meyerbeer e per la prima volta in francese alla Fenice di Venezia,

opera mitica nel suo giusto alveo e con un cast che fa onore a un teatro che oggi si

colloca tra i migliori d'Italia, assieme al Regio di Torino e all'altalenante Scala (forte, però,

di ben altre sovvenzioni e con un deficit che Venezia ignora).

 

                  africaine__due__donne

                                          Jessica Pratt  e  Veronica  Simeoni

 

Opera mitica , si diceva, poiché appannaggio di tutti i grandi vocalisti dalla metà

dell'Ottocento al primo Novecento, con almeno un'aria “O Paradis” che è diventata un

“must” per ogni tenore che voglia definirsi tale.

 

                                       africaine_locandina

 

Opera quanto mai densa di musica e di spunti belcantistici, che La Fenice restituisce in

una forma giustamente abbreviata (impossibile oggi costringere il pubblico a 6 ore di

spettacolo) ma senza nulla togliere alla coerenza dell'impianto drammaturgico, che vede

5 atti di cui i primi due un po' zoppicanti e poi un netto crescendo, fino al finale mesto che

riecheggia un po' la “Gioconda “ di Ponchielli, con Selika la ragazza “abbronzata” (come

recita l'orrido libretto italiano) che muore abbandonata da Vasco de Gama (o DA Gama) il

tenore e dall'amata Inés , annusando alcuni fiori di manzanillo velenosi, gli stessi esaltati

invece da Carmen nella Seguidille.

 

L'Africaine, che Meyerbeer si portò dietro per tutta la vita non riuscendo a completarla né

a vederla eseguita, è una sorta di summa del Belcanto , con evidenti riferimenti a Rossini,

Donizetti, Verdi e Wagner, ed è un Grand-Opéra che mette a dura prova tutti, dal tenore

ai due soprani,al baritono Nelusko (leggendarie le interpretazioni di Titta Ruffo e Aldo

Protti), ai bassi (soprattutto Don Pedro, il Presidente del Consiglio della Corona) ,

impegnati nei concertati.

 

                   africaine_1__bozzetti

 

A Venezia un trionfo assoluto per i tre protagonisti : Veronica Simeoni come Selika,

Gregory Kunde come Vasco de Gama e la Inés di Jessica Pratt, con una nota di

particolare merito per il basso Luca Dall'Amico nella parte di Don Pedro. La Simeoni,

sulla carta mezzosoprano acuto, dopo un inizio un po' incerto (la tremenda Aria del

Sonno era a rischio intonazione e con qualche acuto un po' troppo “duro”) è andata

crescendo, fino a un magnifico duetto con Vasco de Gama nel IV atto e a uno struggente

finale. E' una cantante con notevolissime doti, che già si era distinta nel Trovatore come

Azucena, sempre a Venezia: uno studio costante e una maggior tranquillità nell'emissione

dovrebbero garantirle una ottima carriera, come di fatto sta dimostrando. Certo, le voci

“anfibie” sono le più delicate e rare da trovarsi, non dimentichiamo che nel 1971 a Firenze

con Muti la parte di Selika venne interpretata da Jessye Norman, un contralto con acuti ,

e nel 1988 da Shirley Verrett, altra voce estesissima (assai meglio della Norman nel

registro alto e decisamente più avvenente).

 

                         africaine__kunde

                                              Gregory   Kunde 

 

Gregory Kunde giunge a Vasco de Gama dopo un percorso strepitoso che da Rossini ,

Bellini, Donizetti lo ha man mano condotto a Verdi, compreso il ruolo topico di Otello.

Contrariamente a quanto ho sentito dire durante la diretta radiofonica, Vasco de Gama

non è esattamente un tenore 'drammatico' , non è cioé Sansone o Otello, bensì un

classico tenore alla Meyerbeer, un lirico belcantista, se così vogliamo classificarlo: voce

duttile, estesa certamente , capace di emissioni morbide con ampio uso della mezzavoce

(si pensi al terribile attacco sul fa diesis di “O Paradis”) . Una tipologìa che con Nicolai

Gedda ha trovato il suo storico punto di riferimento. Kunde riesce a superare ogni

difficoltà e per di più ad aggiungerne altre, con frequenti puntature al do e al si naturale

acuto (esattamente ciò che Domingo, con i suoi soliti abili trucchi ometteva). Si capisce

con quanta devozione e attenzione abbia studiato questa partitura, centrando l'aspetto

eroico e romantico del personaggio, e puntando non tanto sull'aria famosa quanto sui

recitativi, sui duetti e sui grandi concertati.

 

                                africaine__pratt

                                                   Jessica  Pratt

 

 

Primadonna di classe e scalpitante, Jessica Pratt non si è accontentata di infiorettare da

par suo la grande aria d'esordio, ma si è divertita a piazzare un gran mi bemolle nel bel

mezzo d'una frase innocua...facendo capire che la sua presenza non era assolutamente

formale.Straordinariamente  funambolica e delicatissima la cadenza, con cui ha posto il

suo  sigillo belcantistico.

 

In teatro sarà stato sicuramente efficace, data la tonitruanza e lo squillo della voce, ma in

radio il Nelusko di Angelo Veccia è parso duro e monocorde, con troppe emissioni

nasaleggianti. Tuttavia l'aria di Adamastor è stata eseguita con ogni nota al suo posto,

risatazze comprese.

 

Molto bene, autorevole e di bel colore Luca Dall'Amico, basso che ormai è una certezza,

con una ottima dizione francese.

 

Coro e Orchestra diretti con forza e ottimo stacco di tempi dal maestro Villaume, sebbene

qualche piccolo pasticcio nei concertati abbia denunciato forse la necessità di prove in

più.

 

Comunque un plauso alla Fenice per questa non facile proposta.

 


 
INTERVISTE\ A TU PER TU con MAURO MELI
News
Giovedì 14 Novembre 2013 18:14

                                              

                                                    Meli1


L'attualità teatrale italiana, come tutti sanno, offre quasi esclusivamente notizie nefaste,

relative soprattutto alla carenza di fondi per sovvenzionare spettacoli e persino per

pagare gli stipendi del personale. Il deficit in bilancio regna sovrano in quasi tutte le

Fondazioni lirico-sinfoniche e i Teatri di tradizione; un male atavico che però la “crisi” ha

portato a estremi drammatici. Pensiamo al Teatro Carlo Felice di Genova, al Teatro Regio

di Parma, ai teatri siciliani, al Comunale di Bologna, al Maggio Musicale Fiorentino. La

stessa Opera di Roma e la Scala, nonostante il profluvio di milioni, accusano un passivo

pesante. Di stretta attualità il Teatro di Cagliari, la cui Sovrintendente , Crivellenti,

è oggetto di una  durissima sentenza del Tar che ne ha di fatto inficiato la nomina.

Insomma, un caos che pare non avere mai fine .

 

Ne parliamo con uno dei protagonisti, forse il più discusso: il maestro Mauro Meli, già

direttore artistico del Regio di Parma, della Scala tra il 2003 e il 2005 e per quasi un

decennio del Teatro Lirico di Cagliari. Una buona occasione per far chiarezza su tante

questioni circondate da chiacchiere, notizie scomposte e versioni tra loro molto

contrastanti.

 

 

  • Maestro Meli, intanto grazie per la Sua disponibilità.Perchè tanto astio nei Suoi confronti a Cagliari,a cosa si deve la scìa di polemiche che L'ha vista coinvolta?
  •  

Il mestiere di Sovrintendente, mi creda, è molto difficile e vive di scelte delicate. Quando

arrivai a Cagliari il Teatro era in condizioni disperate,a dir poco. Non si trattava di operare

solo scelte importanti ma una vera e propria ristrutturazione aziendale: abbiamo finito la

costruzione dell'edificio, acquistati i magazzini e i laboratori, completato il palcoscenico .

Dopodiché sono state create delle stagioni importanti, di alto livello artistico e culturale,

tali da creare un immediato , enorme interesse mediatico. Voglio ricordare, oltre agli

spettacoli in teatro anche l'apertura dell'anfiteatro estivo, con una eccezionale messa in

scena della Nona di Beethoven con Lorin Maazel (mio carissimo amico) sul podio e la

regìa della Fura dels Baus. Ovviamente, e qui rispondo alla Sua domanda, tutto ciò crea

una certa invidìa, anche se, devo dire, la vera ondata negativa che mi ha coinvolto deriva

dal periodo successivo, quello trascorso alla Scala.”

 

 

-In quell'occasione Lei fu oggetto di strali lanciati soprattutto da un noto

personaggio,  molto appassionato d'Opera , che raccolse un

dossier contro di Lei e lo distribuì a tutti i dipendenti del Teatro, è vero?-

 

 

 Sì, ho saputo di questo fatto e per me resta un mistero il perchè di tutto ciò... 

 non sapevo nemmeno chi fosse, poi un giorno, un noto direttore d'orchestra di

cui preferisco non fare il nome, mi disse “Scusa Mauro, fammi la cortesìa di dire a quel

signore di non riprendermi con il video mentre sono in mutande in camerino”, io andai da

quel  tale  e fu allora che conobbi il famoso personaggio , il quale aveva l'hobby di

registrare in video ogni cosa accadesse all'interno della Scala, forte di una autorizzazione

ufficiale ottenuta illo tempore. Dopodiché uscì fuori la storia del dossier e altre trame ai

miei danni, con l'esito che tutti conosciamo. Misteri che forse resteranno tali o che un

giorno verranno chiariti, ci saranno altre occasioni per parlarne. Comunque le infamie sul

mio conto sono state tante, evidentemente il mio arrivo in Scala ha rotto degli equilibri e

infastidito chi aveva interessi a me sconosciuti. In ogni caso tanti degli articoli contenuti

nel     “dossier ” sono stati oggetto di querela da parte mia e successivamente vinti

in sede di giudizio. Soldi che sono andati alla Fondazione di Cagliari, come parte lesa.”

 

 

 

-Tra gli epiteti più ricorrenti quello di “Mister Deficit”. Vogliamo chiarire bene la

questione del pesante bilancio in rosso che ha caratterizzato la Sua gestione

cagliaritana?

 

Facciamo un po' di chiarezza su queste cifre, perchè davvero sono volati numeri in

maniera molto disinvolta . Intanto quando io sono arrivato a Cagliari vi erano 10 milioni di

Euro di budget, quando sono andato via dopo nove anni il budget era arrivato a 35 milioni

di Euro. Non solo: da 2000 abbonati si passò a 12000 abbonati , cioé 3 volte gli abbonati

della Scala! Lei capisce che per una città con 160.000 abitanti avere qualcosa come

250.000 biglietti venduti!? Non è cosa da poco. Il successo era addirittura clamoroso.”

 

 

-Ma il deficit?-

 

Parliamo di queste famose perdite. In realtà sono stati 4 milioni di Euro, a fine mandato

e, ci tengo a dirlo, non per motivi gestionali. La causa principale fu dovuta ai ritardi dei

contributi da parte dei soci e degli sponsors: per prima la Regione, che dava qualcosa

come quasi 12 milioni di Euro ma con un anno e mezzo di ritardo, producendo la

necessità di richiedere prestiti alle banche con interessi passivi spaventosi. La stessa

identica cosa è accaduta a Parma e consideri che il Teatro di Cagliari è messo molto

meglio rispetto al Regio, con una struttura organizzativa solida e molto ben funzionante.

Ma cosa si può fare se i progetti non possono decollare?

 

  • Il Suo rapporto con i lavoratori del Teatro com'è stato?-

 

Sempre ottimo, ho sempre avuto le cosiddette 'masse artistiche' in mio favore. Consideri

che abbiamo fatto un lavoro stupendo, sottolineato dalla critica mondiale: spettacoli come

“Gli stivaletti” di Ciaikovsky, Lucia di Lammermoor, Le Martyr de Saint Sébastien con

Prètre sul podio e la Fura dels Baus, sono stati spettacoli indimenticabili.”

 

 

  •  

  • Lei vanta un'amicizia personale con Claudio Abbado e con Carlos Kleiber,

  • purtroppo scomparso. A Cagliari organizzò l'ultimo concerto in assoluto di Kleiber, considerato un evento storico. Che può dirmi di queste due personalità?

 

  Parliamo di due titani, davvero. Abbado lo conobbi a Ferrara, fu lui a chiamarmi a  

  Ferrara Musica, io avevo lavorato a Como per due anni come direttore artistico. Con lui

lavorai fianco a fianco per 9 anni consecutivi, un'esperienza esaltante. Abbado è un

vulcano , un musicista assolutamente unico sia per il suo modo di lavorare che di

studiare. Le sue prove sono un esempio preclaro della eccezionale preparazione: due

parole all'orchestra, tutto a memoria e poi si sprigiona la magìa che tutti

conosciamo.Kleiber aveva un carattere e una personalità molto diversa e con lui,

naturalmente , non avevo la confidenza e la consuetudine che ho con Abbado.”

 

 

  •  

  • Kleiber e Abbado erano tutti e due del segno del Cancro, indice di profonda

  • sensibilità e fantasia interpretativa...”

 

  Ah...non lo sapevo....Kleiber era come il Dalai Lama, ha presente? Un carisma e una  

  capacità quasi ipnotica sull'orchestra e sul pubblico. Un gesto piccolo, dolcissimo, un

repertorio limitato ma...guardi...ascoltare con lui per l'ennesima volta la Settima di

Beethoven o l'ouverture del Fledermaus  era un'esperienza che portava alla commozione

di tutti, sempre.”

 

 

                        

 

 

  •  

  • Come riuscì a convincere Kleiber per i suoi ultimi concerti a Cagliari?-

 

  Non creda che sia stata una questione di pochi giorni....Lo corteggiavo da almeno 10  

  anni! Non so quante volte lo avrò invitato, ma lui con molta discrezione ed educatamente

trovava sempre pretesti e schivava queste richieste.Fu grazie a Lorin Maazel e al

comune ingaggio con l'orchestra della Radio Bavarese che riuscimmo a trovare uno

stratagemma: detto in sintesi, in cambio della scrittura a Monaco (cui Kleiber teneva

moltissimo) riuscimmo a ottenere in cambio due concerti a Cagliari. Lo incontrai alle

Canarie, dov'era appunto con l'orchestra di Monaco per due concerti, e lo seguii

praticamente come un'ombra. Alla fine, un giorno mi fece cenno con la mano di

avvicinarmi e sorridendo mi disse ' Beh, allora li facciamo questi due concerti a Cagliari?'

. Può immaginare come mi sono sentito in quel momento...”

 

 

  •  

  • Vi furono particolari condizioni?-

 

   Certo e abbastanza particolari. Non voleva foto e curriculum sul programma di sala.

Né l'annuncio del programma dei concerti....nemmeno sui manifesti. In pratica i

biglietti furono venduti a scatola chiusa. Ovviamente fu l'incasso storico di Cagliari: i posti

andavano dalle 20.000Lire ( 10 Euro) a 400.000Lire (200E) per le poltronissime: tutto

esaurito, manco a dirlo.

 

 

  •  

  • E quanto costò l'operazione Kleiber? Anche qui sono volate cifre impressionanti...

 

  Quei concerti costarono in tutto 800 milioni di Lire (400.000E). Tenga conto che  

  qualsiasi grande orchestra costa lo stesso. Fu una grande emozione per tutti .

Ancora oggi questo evento viene ricordato in Cina, in Oman, in Russia, in America...C'è

solo un altro direttore d'orchestra, a mia memoria, capace di creare straordinarie magìe,

ed è Juri Temirkanov...”

 

                                            

  •  

  • Ho l'impressione, dialogando con Lei, che ha più piacere di ricordare Cagliari che il

  • Teatro Regio di Parma, dove pure è rimasto a capo tanti anni...come mai?-

 

  No, mi dispiace  darLe questa impressione. A Parma ho re-inventato il Festival Verdi  

  arrivando a una qualità eccelsa. In 7 anni ho portato 23 volte il Teatro in tournée: 16

all'estero. Spedizioni pagate da chi ci ospitava, specifico. Ho lanciato l'integrale in DVD

delle opere verdiane da parte della Unitel, giungendo a 23 opere realizzate dal Teatro

Regio. Poi, scaduto il mio mandato, non hanno voluto completare il ciclo....peccato. Nel

giugno del 2011, dopo 250 anni ho riaperto all'opera il meraviglioso Teatro Farnese, con

Claudio Abbado ancora una volta al mio fianco. Insomma, grandissimi eventi....”

 

 

  •  

  • Come spiega la dura polemica attuale con il Sindaco Pizzarotti e la questione

  • dell'orchestra del Regio, licenziata così...di punto in bianco?-

 

  L'orchestra è stata licenziata 3 anni prima della scadenza del suo mandato.

Rimpiazzata da un'orchestra, la Toscanini, che era nata per essere un'orchestra

regionale....mah....mi chiedo perchè? Sembra un dispetto....Poi anche questa polemica

con il Sindaco non la capisco: Lui continua dire che io ero costosissimo e che la nuova

gestione è meno onerosa....Ma se io prendevo 200.000Euro lordi l'anno e gli attuali

costano 280.000Euro ???! Dov'è il risparmio? Inoltre io facevo tutto da solo, mentre a

Parma ora sono in due quindi: doppi viaggi, doppie macchine, doppi alberghi, doppi

pasti....mah.... A me non piace criticare i colleghi ma ci sono cose che gridano vendetta:

la questione dell'orchestra licenziata, per esempio. Ma anche il Festival Verdi, che per

Parma dovrebbe essere un fiore all'occhiello, un fatto attrattivo. Ora sono tornati a un

finto Festival, con due titoli, uno a settembre e uno a ottobre. Io credo che ogni format

festivaliero debba avere una formula che assicuri al pubblico una continuità, una serie di

eventi a ciclo quasi continuo. Insomma, diciamolo chiaramente: chi compra un pacchetto

attraverso i tour operators in America, in Giappone , in Finlandia per venire a Parma,

quindi chi affronta un viaggio che finirà con il costargli 2\3000 Euro vuole vedere almeno

4 o 5 cose!! Mi pare logico. Il mio Festival Verdi produceva 12 milioni di Euro di indotto a

fronte di 3 milioni di costi. Queste sono le cifre ufficiali, tutte verificabili.”

 

 

  •  

  • Ma allora a cosa si deve il perenne e oggi accentuato stato di crisi dei teatri? -

 

   La crisi, se non vogliamo prenderci in giro, non ha fatto bene a nessuno...avrebbe  

dovuto stimolare nuove idee, nuovi progetti. E invece? Nulla. Se guardiamo bene ,

nonostante la crisi, alcuni teatri funzionano e anche molto bene: a Torino, per esempio, il

teatro viaggia bene perchè il Sovrintendente è bravo. Lo stesso a Venezia. Il segreto è

trovare un equilibrio tra la qualità artistica e le risorse realmente disponibili, e ottenibili.

Purtroppo esistono teatri che hanno un costo pauroso , strutturale, da fermi, cioé ogni

giorno che non producono: vedi Firenze. Costi altissimi a fronte di pochissimi introiti.”

 

 

  •  

  • Sì ma allora vi sono precise mancanze in ordine agli uffici marketing, che in tutta evidenza non funzionano...-

 

Bravo! Esattamente! Guardi, vuole un elenco delle ragioni della crisi dei teatri? 1. La

crisi in sé; 2. Gli uomini; 3. Lo Stato, che se vuole ridurre i finanziamenti DEVE trovare il

sistema di incentivare l'arrivo di nuovi soldi.Insomma: se un Jumbo ha bisogno di 30

persone che lavorano in aereo, e 70 a terra, le cose sono due...o lo trasformi in un

ristorante o in una luna park....o devi sovvenzionarlo. A Firenze, per esempio, ci sono le

basi : la città è una delle città d'arte più famose al mondo, la tradizione è enorme, l'Opera

è nata a Firenze....ma lo Stato cosa fa per aiutare chi eventualmente volesse investire su

Firenze? Dove sono le necessarie leggi per la defiscalizzaxione o la detassazione? Un

ministro bravo deve trovare il sistema, poiché ogni teatro ha comunque un costo che

volenti o nolenti non può essere abbasato oltre un certo limite, ne va della qualità. Le

racconto un episodio significativo. Tre anni fa invitai un giovane direttore d'orchestra e

nell'occasione ospitai in teatro il direttore del Metropolitan di New York con la moglie, che

era in visita in Italia. Vide lo spettacolo, ne rimase molto soddisfatto e tornato a New York

mi fece pervenire un assegno di 10.000Euro , come donazione per il Teatro Regio. Io

rimasi molto colpito e chiesi al CDA di formalizzare un ringraziamento speciale per questo

atto di inconsueta generosità. Dopo tre giorni mi chiamò la segretaria del donatore, da

New York, chiedendomi -anche con una certa premura- se avessi posto l'assegno

all'incasso...sa perchè? …..Perchè se lo scaricava dalle tasse americane!!! ….Aiutare un

teatro è facile, proviamoci!”.

 

 

  •  

  • C'è il recente decreto del Ministro Bray, che ne pensa?-

 

“ C'è la defiscalizzazione per 5000Euro di investimento....Troppo poco! Perchè non si fa

per qualsiasi cifra?? Perchè precludersi un investimento molto più sostanzioso? Perchè

allora non fare una prova: se in 5 anni non si sono trovate risorse...allora fate pure quello

che volete. Ma se non ci si prova nemmeno...”

 

 

 

 

  • Cosa ne pensa del crowdfunding, che si sta sperimentando a Como per finanziare una Cavalleria rusticana?-

 

No....bisogna guardare agli americani, che sono più bravi di noi in questa materia. In

Usa si organizza un grande Galà operistico con annessa Cena: se vuoi cenare con gli

artisti paghi 300Euro. Alla fine vengono incassati 300.000Euro. Chiaramente gli artisti

sono Domingo, Bocelli, il livello deve essere quello. Inutile incassare 5Euro o 10Euro a

destra e a sinistra...bisogna puntare a un target di pubblico diverso.”

 

 

  •  

  • Dopo la fine dell'esperienza a Parma come guarda al Suo futuro?-

 

Sto vivendo quella che si definisce una serena pausa di riflessione. Insegno a Ferrara,

presso la Facoltà di Economia, ho una bellissima famiglia cui dedico le mie attenzioni e

ho una serie di progetti molto interessanti perchè amo il mio lavoro e voglio continuare a

farlo. E' un periodo che mi aiuta, tra l'altro, a capire tante cose che in 30 di attività non ho

avuto il tempo di approfondire.”

 

 

  • Grazie per la lunga conversazione,a presto!-

 

“Grazie a Lei, buon lavoro!.”

 

 

                                            meli2

 

 


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